Clement Greenberg,
Partsian review, 1939 Una stessa civiltà produce contemporaneamente due cose del tutto diverse come una poesia di T.S.Eliot e una canzoncina Tin Pan Alley, oppure un dipinto di Braque e la copertina del "Sunday Evening Post". Si tratta in tutti e quattro i casi di fenomeni culturali che fanno parte della medesima cultura e sono prodotti dalla medesima società. Ogni legame tra di loro pare tuttavia finire qui. Una poesia di Eliot e una poesia di Eddie Guest: quale prospettiva culturale è ampia abbastanza da consentire di collocarle entrambe in un chiaro rapporto reciproco? Il fatto che esistano simili differenze entro la cornice di una stessa tradizione culturale, che è ed è stata riconosciuta come tale, indica forse che le differenze fanno parte dell'ordine naturale delle cose? Oppure che sono qualcosa di totalmente nuovo, e di specifico della nostra epoca? La risposta implica qualcosa di più che una ricerca nel campo dell'estetica. Mi pare sia necessario esaminare più da vicino, e in maniera nuova, il rapporto esistente tra l'esperienza estetica individuale specifica, e non generalizzata, e il contesto storico e sociale in cui tale esperienza si compie. Ciò che ne verrà fuori risponderà, assieme alla domanda posta in precedenza, ad altre domande forse più importanti. Man mano che una società, nel corso del suo sviluppo, perde la capacità di giustificare l'inevitabilità della sua forma peculiare, quelle nozioni universalmente accettate, delle quali artisti e scrittori devono in gran parte dipendere per comunicare con il loro pubblico, vengono distrutte. Diventa difficile accettare qualsiasi cosa. , e lo scrittore, o l'artista, non è più in grado di valutare la reazione del suo pubblico ai simboli. Tutte le verità che hanno a che vedere con la religione, l'autorità, la tradizione, lo stile e le allusioni sui quali egli lavora vengono messe in discussione. In passato una situazione del genere si è normalmente risolta in un alessandrinismo immobile, in un accademismo in cui le questioni realmente importanti non si toccano poiché implicano il dibattito, e l'attività si riduce a virtuosismo esercitato sui piccoli dettagli formali, mentre tutte le questioni più rilevanti si decidono in base al precedente dei grandi maestri. Gli stessi temi sono meccanicamente sottoposti a variazioni in centinaia di opere diverse, eppure non si produce nulla di nuovo, abbiamo così Stazio, la lirica mandarina, la scultura romana, la pittura accademica, l'architettura neo-repubblicana. Fra i segni di speranza che si intravedono tra le brume della decadenza della nostra società attuale c'è il fatto che noi -o alcuni di noi- ci siamo rifiutati di accettare, per la nostra cultura, quest'ultima fase. Nel tentativo di superare l'alessandrinismo, una parte della cultura borghese occidentale ha prodotto qualcosa di mai visto prima d'ora: la cultura dell'avanguardia. Essa è stata resa possibile da una superiore consapevolezza della storia, e più precisamente dalla comparsa di un nuovo genere di critica della società: la critica storica. Questa critica non ha messo a confronto la società attuale con utopie fuori dal tempo, ma ha ragionevolmente esaminato in termini di storia e di causa ed effetto gli antecedenti, le giustificazioni e le funzioni delle forme che stanno al centro di ogni società. Così si è visto che il nostro attuale ordine sociale borghese non è una condizione perenne, "naturale" della vita, ma è semplicemente l'ultimo termine di una successione di società diversamente ordinate. Nuove prospettive di questo genere divenute parte della coscienza intellettuale più alta nel quinto e nel sesto decennio dell'Ottocento, vennero presto assorbite dagli artisti e dai poeti, anche se, per lo più inconsciamente. Non fu dunque accidentale che il sorgere dell'avanguardia coincidesse cronologicamente, e anche geograficamente, con il primo sicuro sviluppo di un pensiero scientifico rivoluzionario in Europa. È vero che i pionieri della bohème, che allora si identificava con l'avanguardia, dimostrarono ben presto apertamente di non avere nessun interesse per la politica. Cionondimeno, se attorno a loro non fossero circolate delle idee rivoluzionarie, essi non sarebbero mai stati capaci di isolare il loro concetto di "borghese" al fine di definire ciò che essi stessi non erano. E neppure, senza il sostegno morale degli atteggiamenti politici rivoluzionari, avrebbero avuto il coraggio di far valere con tanta aggressività i loro diritti contro i modelli sociali prevalenti. E in realtà di coraggio ne occorreva, poichè l'emigrazione dell'avanguardia dal seno della società borghese alla bohème voleva anche dire l'abbandono dei mercati del capitalismo, in balia del quale erano rimasti artisti e scrittori dopo la scomparsa del mecenatismo aristocratico. (Apparentemente, almeno, volle dire ciò, volle dire morir di fame in una soffitta, anche se, come si vedrà più tardi, l'avanguardia rimase attaccata alla società borghese proprio perché aveva bisogno del suo denaro). Eppure è vero che l'avanguardia, dopo essere riuscita a "distaccarsi" dalla società, seguitò a girare in tondo ripudiando, oltre che la politica della borghesia, anche quella rivoluzionaria. La rivoluzione fu confinata all'interno della società, come parte della confusione di quella lotta ideologica che arte e poesia trovano così poco propizia non appena inizi a coinvolgere quei preziosi "credo" assiomatici sui quali la cultura aveva dovuto fondarsi fino ad allora. Di qui emerse a poco a poco che l'autentica e più importante funzione dell'avanguardia non era la "sperimentazione" ma il trovare un percorso lungo il quale fosse possibile mantenere "in movimento" la cultura fra le nebbie della confusione ideologica e della violenza. Allontanandosi completamente dal pubblico, il poeta o l'artista d'avanguardia cercava di mantenere alto il livello della propria arte vuoi restringendola, vuoi elevandola all'espressione di un assoluto in cui si risolvesse o cui fosse estraneo ogni relativismo e contraddizione. Compaiono sulla scena "l'arte per l'arte" e la "poesia pura" e il soggetto o contenuto, diventa qualcosa da evitare come la peste. È nella ricerca dell'assoluto che l'avanguardia è pervenuta all'arte, e anche alla poesia, "astratta" o "non oggettiva". Il poeta o artista d'avanguardia cerca in effetti di imitare Dio nel creare qualcosa di valido unicamente entro i propri termini, nel modo in cui è valida la natura stessa, nel modo in cui un paesaggio -e non la sua rappresentazione- è esteticamente valido; qualcosa di "dato", di increato, di sciolto da significati di somiglianza o da significati originali. Il contenuto deve dissolversi a tal punto nella forma che l'opera d'arte o di letteratura non può ridursi, nella sua totalità o in una sua parte, ad altro che a se stessa. Ma l'assoluto è assoluto, e il poeta o l'artista, essendo ciò che egli è, predilige alcuni valori relativi piuttosto che altri. Ma questi valori in nome dei quali egli invoca l'assoluto sono valori relativi, sono valori estetici. E così egli si ritrova a imitare non Dio, e qui uso il verbo "imitare" in senso aristotelico, ma le discipline e i processi dell'arte e della letteratura stesse. È questa la genesi dell' "astrattismo". Distogliendo l'attenzione da ciò che è oggetto dell'esperienza comune, il poeta o l'artista la dedica al mezzo proprio del suo mestiere. Il non figurativo o "astratto" , se deve avere una propria validità estetica, non può essere arbitrario o accidentale, ma deve scaturire dall'obbedienza a una limitazione o modello adeguato. Dove esiste un'avanguardia, generalmente troviamo anche una retroguardia. È abbastanza vero: contemporaneamente alla comparsa in scena dell' avanguardia, nell' Occidente industriale spuntò un altro fenomeno culturale, quella cosa a cui i tedeschi hanno dato lo stupendo nome di Kitsch: l'arte e la letteratura popolari e commerciali, con i loro rotocalchi, le copertine delle riviste, le illustrazioni, gli annunci pubblicitari, i romanzi su carta patinata o su carta scadente, i fumetti, la musica Tin Pan Alley, il tip tap, i film di Hollywood ecc. Per qualche ragione questo gigantesco fenomeno è sempre stato dato per scontato. Sarebbe ora di indagare sui suoi come e i suoi perché. Il kitsch è un prodotto della rivoluzione industriale, che nell'Europa occidentale e in America ha urbanizzato le masse e ha instaurato quello che si chiama l'alfabetismo universale. Prima l'unico mercato della cultura ufficiale, distinta dalla cultura popolare, avveniva dentro la ristretta cerchia di coloro che, oltre a saper leggere e scrivere, potevano disporre del tempo libero e degli agi che si accompagnano sempre a ogni genere di raffinatezza culturale. Fino ad allora tutto ciò era inestricabilmente collegato col saper leggere e scrivere ma, con l' introduzione dell' alfabetismo universale, il saper leggere e scrivere divenne una specie di abilità di second'ordine, come guidare l'automobile, e non servì più a mettere in evidenza le inclinazioni culturali di una persona, visto che non corrispondeva più alla raffinatezza e al gusto. I contadini che si stabilivano in città sotto forma di proletariato e di piccola borghesia imparavano a leggere e scrivere per ragioni utilitaristiche senza riuscire a procurarsi la disponibilità di tempo libero e gli agi necessari per poter usufruire della cultura urbana tradizionale. Perdendo tuttavia il gusto per la cultura popolare, il cui retroterra erano le campagne, e scoprendo contemporaneamente una nuova dimensione, quella della noia, le nuove masse urbane esercitarono una pressione sulla società richiedendo un genere di cultura adatto al loro consumo. Per far fronte alla domanda del nuovo mercato, venne inventato un nuovo prodotto, la cultura "ersatz", il kitsch, destinato a coloro che, insensibili ai valori della vera cultura, sono tuttavia avidi di quelle distrazioni che soltanto la cultura, di qualsiasi genere essa sia, è in grado di fornire. Il kitsch, utilizzando come materia prima i simulacri degradati e accademizzati della vera cultura, gradisce e coltiva questa insensibilità che è la fonte stessa del suo profitto. Il kitsch è meccanico e opera secondo formule. Il kitsch è esperienza vicaria e false sensazioni. Il kitsch muta a seconda dello stile, ma resta sempre lo stesso. Il kitsch è la sintesi di tutto quanto c'è di spurio nella vita del nostro tempo. Il kitsch pretende di non volere nulla dai suoi clienti, tranne il loro denaro, non chiede neppure il loro tempo. La condizione preliminare del kitsch, la condizione senza la quale il kitsch non sarebbe possibile, è la completa disponibilità di una tradizione culturale matura delle cui scoperte, acquisizioni e piene consapevolezze il kitsch possa approfittare per i suoi propri scopi. Da essa il kitsch ricava dispositivi, artifici, stratagemmi, pratiche, temi, li converte in sistema e scarta il resto. Esso trae la propria linfa vitale, per così dire, da questa riserva di esperienze accumulate. È questo che si intende dire in realtà quando si afferma che l'arte e la letteratura popolari di oggi sono state l'arte e la letteratura audaci ed esoteriche di ieri. Naturalmente una cosa del genere non è vera. Ciò che si vuol dire è che, quando è trascorso abbastanza tempo, il nuovo viene saccheggiato per delle nuove bevande miste, dei "cocktails" che vengono poi annacquati e serviti come kitsch. Evidentemente tutto il kitsch è accademico e, per converso, tutto ciò che è accademico è kitsch. Infatti ciò che viene chiamato accademia, in quanto tale non ha più esistenza autonoma, ma è diventato il solino inamidato del kitsch. I metodi industriali soppiantano l'artigianato.Potendo venir prodotto meccanicamente, il kitsch è diventato parte integrante del nostro sistema produttivo, mentre la vera cultura non potrebbe mai esserlo, se non accidentalmente. Il kitsch è stato capitalizzato con enormi investimenti che devono dare profitti adeguati; è costretto a estendere, oltre che a mantenere, i propri mercati. Sebbene il kitsch sia praticamente il piazzista di se stesso, cionondimeno è stato creato un vasto apparato di vendita che esercita la sua pressione su ciascun membro della società. Vengono montate trappole anche in quelle zone che, per così dire, sono le riserve della cultura autentica. Oggi, in un paese come il nostro, non basta avere l'inclinazione per la cultura, ma è necessario essere posseduti da una vera passione per avere la forza di resistere agli articoli falsi che ci circondano e ci incalzano da quando siamo grandi abbastanza da guardare i giornalini. Il kitsch inganna. È di molti livelli diversi, ed alcuni di questi sono abbastanza alti per essere piuttosto pericolosi per l'ingenuo cercatore di veri lumi. Una rivista come il "New Yorker" che, fondamentalmente, è kitsch d'alta classe per un mercato di lusso, trasforma e diluisce una gran quantità di materiali dell'avanguardia a proprio uso e consumo. Né ogni singolo elemento del kitsch è completamente privo di valore. Ogni tanto il kitsch produce qualcosa di valido, qualcosa che ha un autentico sapore popolare; e questi casi accidentali e isolati hanno ingannato la gente, che peraltro dovrebbe avere più buon senso. Gli enormi profitti procurati dal kitsch sono fonte di tentazione per l'avanguardia stessa, e i suoi membri non hanno sempre saputo resistervi. Va a finire che alcuni scrittori e alcuni artisti ambiziosi modificano il loro lavoro sotto la pressione del kitsch, sempre che non vi soccombano completamente. E allora compaiono degli sconcertanti casi limite, dei romanzi di successo come Simenon in Francia e Steinbeck nel nostro paese. Il risultato netto è sempre, in ogni caso, a scapito della cultura autentica. Il kitsch non è rimasto confinato nelle città in cui è nato, ma si è allargato a tutto il paese, spazzando via il folclore. Né ha mostrato di rispettare i confini geografici o quelli delle varie culture nazionali. Come gli altri prodotti di massa dell'industria occidentale, ha fatto trionfalmente il giro del mondo, ponendo in disparte e deturpando le culture locali di una colonia dopo l'altra, cosicché ora sta per diventare una cultura universale, la prima cultura universale mai vista. Oggi i cinesi come gli indios del Sud America, gli indiani come i polinesiani, sono giunti a preferire le copertine delle riviste, le rubriche dei rotocalchi e le ragazze dei calendari ai prodotti della propria arte indigena. Come si spiega questa virulenza del kitsch, l'irresistibile attrattiva da esso esercitata? Naturalmente il kitsch fatto a macchina costa meno dell'articolo indigeno fatto a mano, e il prestigio dell'Occidente ha un suo peso; ma perchè il kitsch è un articolo d'esportazione tanto più redditizio di Rembrandt? Dopotutto l'uno può venir riprodotto altrettanto a buon mercato che l'altro. Nel suo ultimo articolo sul cinema sovietico comparso sulla "Partisan Review", Dwight MacDonald rileva che il kitsch è diventato, negli ultimi dieci anni, la forma di cultura predominante nella Russia sovietica. Egli dà la colpa di ciò al regime politico, non solo perchè il kitsch rappresenta la cultura ufficiale, ma anche perchè è effettivamente la cultura dominante, la più popolare, e cita il seguente passo da "The Seven Soviet Arts" di Kurt London: "L'atteggiamento delle masse nei confronti dell'arte vecchio stile, come quello nei confronti di quello nuovo, probabilmente dipende essenzialmente dal genere d'istruzione offerta loro dalle rispettive repubbliche". MacDonald prosegue affermando: "perchè dopo tutto, dei contadini ignoranti dovrebbero preferire Repin (un esponente del kitsch accademico russo in pittura) a Picasso, la cui tecnica astratta è almeno altrettanto poco pertinente alla loro arte primitiva popolare quanto lo stile realistico del primo? No, se le masse si affollano nel Tret'jakov (il museo moscovita d'arte contemporanea russa: kitsch), ciò è dovuto in gran parte al fatto che sono state condizionate a rifuggire dal "formalismo" e ad ammirare il "realismo socialista". In primo luogo non si tratta di una semplice questione di scelta fra il vecchio e il nuovo, come London sembra pensare, ma di una scelta fra il cattivo, il moderno vecchio e l'autenticamente nuovo. L'alternativa a Picasso non è Michelangelo, ma il kitsch. In secondo luogo né nella Russia arretrata né nell'Occidente avanzato le masse preferiscono il kitsch semplicemente perchè i loro governi le condizionano in quel senso. Dove i sistemi scolastici si prendono il disturbo di dire qualcosa sull'arte, ci dicono di rispettare gli antichi maestri, non il kitsch; eppure alle pareti di casa nostra attacchiamo Maxfield Parrish o i suoi equivalenti anzichè Rembrandt e Michelangelo. E inoltre, come rileva lo stesso MacDonald, quando attorno al 1925 il regime sovietico incoraggiava il cinema d'avanguardia, le masse russe continuavano a preferire i film di Hollywood. No, il "condizionamento" non spiega la potenza del kitsch. Tutti i valori sono valori umani, e anche in campo artistico, come negli altri campi, essi sono relativi. Eppure pare che sia sempre esistito, attraverso i tempi, una specie di accordo generale entro la parte colta dell'umanità circa ciò che è arte e ciò che è scadente. I gusti sono mutati, ma non oltre certi limiti; gli esperti contemporanei concordano con quelli giapponesi del diciottesimo secolo nell'affermare che Hokusai fu uno dei più grandi artisti del suo tempo; conveniamo persino con gli antichi egizi sul fatto che l'arte della terza e quarta dinastia fosse quella più degna di essere presa a modello dagli artisti successivi. Può darsi che siamo giunti a preferire Giotto a Raffaello, eppure non neghiamo che Raffaello sia uno dei più grandi pittori del suo tempo. È dunque sempre esistito un accordo generale, e ritengo che questo accordo sussista tutt'ora, sulla distinzione esistente fra i valori che si possono ritrovare soltanto nell'arte e quelli che si possono trovare altrove. Il kitsch, grazie a una tecnica razionalmente organizzata che ricorre alla scienza e all'industria, ha in pratica cancellato questa distinzione. Vediamo per esempio che cosa accade quando un contadino russo incolto sta, con ipotetica libertà di scelta, di fronte a due dipinti, uno di Picasso e uno di Repin. Nel primo egli vede, diciamo, un gioco di linee, di colori e di spazi che rappresenta una donna. La tecnica astratta, per accettare l'ipotesi di MacDonald, che peraltro mi lascia abbastanza perplesso, gli ricorda un po' le icone che ha lasciato nel suo villaggio, e si sente attratto da qualcosa che gli è familiare. Possiam persino supporre che egli intuisca confusamente qualcuno dei grandi valori artistici che i raffinati colgono in Picasso. Poi guarda il dipinto di Repin e vede una scena di battaglia. La tecnica in se non gli è familiare, ma ciò ha scarso peso per il contadino poichè, nel quadro di Repin, egli scopre improvvisamente dei valori che gli sembrano molto superiori a quelli che è abituato a vedere nell'arte dell'icona; ed è in parte dalla novità stessa della cosa che scaturiscono questi valori: che sono quelli dell' immediata riconoscibilità, del miracoloso e del congeniale. Nel dipinto di Repin il contadino riconosce e vede le cose nello stesso modo in cui le vede e le riconosce fuori dalla tela, non esiste soluzione di continuità fra l'arte e la vita, nessun bisogno di accettare una convenzione e dire a se stesso che l'icona rappresenta Gesù, anche se non ricorda poi molto la figura di un uomo. Che Repin sappia dipingere in maniera talmente realistica che l'identificazione è immediata, senza sforzo alcuno da parte dello spettatore, questo si ha del miracoloso. Il contadino si compiace anche della ricchezza di significati di per sé chiari che rinviene nel dipinto: il dipinto "racconta una storia". In confronto, Picasso e le icone sono talmente austeri e privi di interesse. Per di più Repin innalza la realtà e la rende drammatica: il tramonto, lo scoppio delle granate, uomini che corrono, uomini che cadono. Non è più questione di icone o di Picasso. Repin è quello che il contadino vuole, e non vuole nient'altro che Repin. (Oggi potremmo dire: Hollywood è tutto ciò che la gente vuole e la gente non vuole nient‘ altro che Hollywood n.d.Eleo) È una fortuna, d'altronde, per Repin, che il contadino russo sia protetto contro i prodotti del capitalismo americano, perché in caso contrario, avrebbe scarsa possibilità di successo in confronto a una copertina del "Saturday Evening Post" disegnata da Norman Rockwell. Infine possiamo dire che lo spettatore colto colga in Picasso gli stessi significati che il contadino coglie in Repin, dal momento che ciò che al contadino piace di Repin è pur sempre, in un certo qual modo, arte, sia pure di livello un po' più basso, ed egli è spinto a guardare i quadri dal medesimo istinto che spinge lo spettatore colto. Ma i valori fondamentali che lo spettatore colto ricava in seconda istanza, come risultato della riflessione sull'impressione immediata lasciata dai valori plastici. È solo a questo punto che entrano in gioco elementi come il riconoscibile, il miracoloso, il congeniale. Essi non sono immediatamente o esteriormente presenti nel dipinto di Picasso, ma vi devono venir proiettati dallo spettatore, abbastanza sensibile da saper regire di fronte alle qualità plastiche. Queste appartengono all'effetto "riflesso": In Repin, d'altra parte, l'effetto "riflesso" è già stato incluso nel dipinto, pronto per il godimento immediato da parte dello spettatore. Mentre Picasso dipinge la causa, Repin dipinge l'effetto. Repin opera una semplificazione dell'arte in favore dello spettatore e gli risparmia la fatica, gli fornisce, per il godimento dell'arte, una scorciatoia che evita ciò che è necessariamente difficile nella vera arte. Repin, ovvero il kitsch, è arte sintetica. Si può sostenere la stessa tesi per ciò che riguarda la letteratura kitsch: a chi è insensibile essa fornisce delle esperienze sostitutive con immediatezza e di gran lunga superiore a quanto non sappia fare la letteratura seria. Eddie Guest e le "liriche d'amore indiane" sono più poetici di T.S.Eliot e di Shakespeare. Se l'avanguardia imita i procedimenti dell'arte, il kitsch come abbiamo visto, ne imita gli effetti. La nitidezza di questa antitesi corrisponde all'enorme distanza (e nel contempo la definisce) che separa l'uno dall'altro due fenomeni culturali contemporanei come l'avanguardia e il kitsch. Questa distanza, troppo grande per essere colmata da tutte le infinite gradazioni del "moderno" e del kitsch "moderno", corrisponde a sua volta a una distanza sociale che nella cultura formale, come in altri campi della società civile, è sempre esistita, e i cui due termini convergono e divergono in rapporto fisso con la crescente o decrescente stabilità di una società. Sono sempre esistite da un lato la minoranza di quelli che detengono il potere, e dunque dei colti, e dall'altra la grande massa degli sfruttati e dei poveri, e dunque degli ignoranti. La cultura raffinata è sempre appartenuta ai primi, mentre i secondi hanno sempre dovuto accontentarsi di una cultura popolare o elementare oppure del kitsch. In una società stabile che funzioni abbastanza bene da mantenere fluide le contraddizioni fra le classi, questa dicotomia culturale diventa in qualche modo più sfumata. Le verità assiomatiche dei pochi sono condivise dai molti; questi hanno una fede superstiziosa in ciò in cui i primi credono con un certo distacco. E in questi momenti della storia le masse riescono a provare meraviglia e ammirazione per la cultura dei loro signori , non importa quale alto livello essa tocchi. Ciò si applica, se non altro, alla cultura plastica, che è accessibile a tutti. Nel Medioevo le arti plastiche aderivano, per lo meno in maniera puramente formale, al minimo comun denominatore dell'esperienza. Ciò rimase in certo qual modo una constante fino al Seicento. Era disponibile, per essere imitata, una realtà concettuale universalmente valida, con l'ordine della quale l'artista non poteva interferire. Il contenuto dell'arte era stabilito da coloro che commissionavano le opere d'arte, che non erano prodotte, come nella società borghese, a scopo di speculazione economica. E grazie al fatto stesso che i contenuti fossero predeterminati, l'artista era libero di concentrarsi nel mezzo. Non era necessario che fosse un filosofo o un visionario, bastava che fosse un abile artigiano. Fino a che esistette il consenso generale su ciò che era il soggetto più degno nell'arte, l'artista fu dispensato dalla necessità di essere originale e creativo circa l' "argomento" da trattare, e poté dedicare tutte le sue energie ai problemi formali. Per lui il mezzo diventava, a livello privato e professionale, il contenuto stesso della sua arte, esattamente come oggi il mezzo è il contenuto pubblico dell'arte del pittore astrattista, con la differenza, però, che l'artista medievale doveva nascondere al pubblico i suoi problemi professionali, era sempre costretto a sopprimere l'elemento personale e professionale e a subordinarlo alla riuscita dell'opera d'arte rifinita e ufficiale. Se, come membro normale della comunità cristiana, egli provava delle emozioni personali sul soggetto astratto, ciò contribuiva soltanto all'arricchimento del significato che l'opera d'arte assumeva agli occhi del pubblico. Soltanto con il Rinascimento le riflessioni personali vennero accettate come legittime, sempre che fossero mantenute, beninteso, entro i limiti di ciò che era semplicemente e universalmente riconoscibile. E soltanto con Rembrandt incominciò a comparire la figura dell'artista "solo", isolato cioè nella sua arte. Ma anche nel corso del Rinascimento, e fino a che l'arte occidentale continuò a cercare di perfezionare le proprie tecniche, le vittorie dell'artista in questo campo potevano soltanto essere segnate dalla riuscita dell'imitazione realistica, poiché non c'era a disposizione alcun altro criterio oggettivo. Così le masse riuscivano ancora a trovare l'arte dei loro signori oggetto d'ammirazione e meraviglia. Persino l'uccellino che becchettava il frutto nel dipinto di Zeus era una forma di applauso. È un luogo comune quello per cui l'arte diventa come il caviale, per il grosso pubblico, quando la realtà da essa imitata non corrisponde più neanche grossolanamente, alla realtà che quello stesso pubblico riconosce. Anche allora, però, il rancore che l'uomo comune potrebbe sentire è soffocato dalla soggezione che egli prova nei confronti dei mecenati delle arti. Soltanto quando diventa insoddisfatto dell'ordine sociale che questi amministrano, egli comincia a criticare la loro cultura. Allora, per la prima volta, il plebeo trova il coraggio di dare apertamente voce alle proprie opinioni. Tutti, dal consigliere anziano dell Tammany Hall all'imbianchino austriaco, si sentono autorizzati a dire la propria sull'arte. Il più delle volte, questo rancore nei confronti della cultura si ritrova dove l'insoddisfazione sociale ha carattere reazionario e si esprime mediante i revival e il puritanesimo, e infine col fascismo. In questo caso s'incomincia a parlare contemporaneamente sia di revolver e di fiaccole sia di cultura. In nome della divinità o della sanità della razza, nel nome delle vite semplici e delle solide virtù, s'incominciano a fare a pezzi le statue. Ritorniamo per un momento al nostro contadino russo e supponiamo che, dopo che egli ha scelto Repin preferendolo a Picasso, l'apparato educativo statale venga a dirgli che ha sbagliato, che avrebbe dovuto sceglier Picasso, e che gli spieghi il perchè. È possibile, per lo Stato sovietico, farlo. Ma stando le cose come stanno in Russia (come in qualsiasi altro paese), il contadino scopre ben presto che, essendo costretto a lavorare duramente tutto il giorno per sopravvivere, e vivendo in un ambiente rozzo e privo di agi, non può disporre del tempo libero, delle energie e degli agi necessari per prepararsi a godere Picasso. Questo piacere implicherebbe, dopo tutto, un notevole "condizionamento". La cultura alta è una delle creazioni umane più artificiose e il contadino non sente in se nessuna "sollecitazione" spontanea che lo spinga verso Picasso a costo di tutte le difficoltà che incontrerebbe. Alla fine il contadino, quando ha voglia di guardare dei dipinti, ritorna al kitsch, poiché il kitsch lo può apprezzare senza nessuna fatica. L'apparato statale è impotente, in materia, e tale rimarrà fino a che i problemi della produzione non siano stati pienamente risolti in senso socialista. La stessa cosa vale, naturalmente, per i paesi capitalisti, e fa si che l'idea di arte per le masse venga considerata come pura demagogia. Oggi, quando un regime politico attua una politica culturale ufficiale, lo fa a fini demagogici. Se oggi il kitsch è la tendenza generale della cultura in Germania, in Italia e in Russia, non è perché i rispettivi governi sono sotto il controllo di forze reazionarie, ma perché il kitsch è la cultura delle masse di quei paesi, come lo è ovunque. L'incoraggiamento del kitsch è soltanto uno dei modi indolori mediante i quali i regimi totalitari cercano di ingraziarsi il popolo asservito. Dal momento che questi regimi, anche se volessero farlo, non potrebbero elevare il livello culturale delle masse se non mediante la capitolazione al socialismo internazionale, essi lusingano le masse abbassando la cultura al loro livello. È questa la ragione per cui l'avanguardia è stata messa fuori legge, e non tanto perchè é una cultura alta sia di per sé una cultura critica. (Che l'avanguardia possa o non possa fiorire sotto un regime totalitario non riguarda questa tesi). Nella realtà dei fatti, dal punto di vista degli stalinisti e dei fascisti la maggior seccatura dell'arte e della letteratura d'avanguardia non sta nel fatto che sono troppo critiche, ma che sono troppo "innocenti", che è troppo difficile caricarle di efficaci significati propagandistici, e che il kitsch è molto più duttile a questo scopo. Il kitsch tiene il dittatore in contatto più stretto con l'anima del popolo. Se la cultura ufficiale fosse di livello più alto di quello generale di massa, correrebbe il rischio di restare isolata. Cionondimeno, se fosse concepibile che le masse richiedessero arte e letteratura d'avanguardia, Hitler, Mussolini e Stalin non esiterebbero un istante a cercare di soddisfarle. Hitler è il peggior nemico dell'avanguardia, sia sul piano dottrinale sia su quello pratico, ma ciò non impedì a Goebbels, fra il 1932 e il 1933, di corteggiare assiduamente scrittori e artisti d'avanguardia. Quando il poeta espressionista Gottfried Benn aderì al nazismo, fu accolto con grande plauso e ostentazione, sebbene proprio allora Hitler denunciasse l'espressionismo come una forma di "kulturbolschewismus". Ciò accadeva in un momento in cui i nazisti pensavano di poter trarre vantaggio dal prestigio di cui godeva l'avanguardia presso il pubblico colto tedesco, e considerazioni pratiche di questo genere, grazie alla scaltrezza politica dei nazisti, hanno sempre avuto il sopravvento sulle inclinazioni personali di Hitler. Successivamente i nazisti compresero che in fatto di cultura era più pratico consentire ai desideri delle masse che a quelle dei padroni; questi ultimi, quando fu questione di conservare il potere, furono pronti a sacrificare la loro cultura, così come erano stati pronti a sacrificare i loro principi morali, mentre le masse, proprio in quanto veniva loro sottratto ogni potere, dovevano essere lusingate in ogni altro modo possibile. Fu necessario incrementare, secondo uno stile molto più grandioso che non nelle democrazie, l'illusione che in realtà fossero le masse a governare. La letteratura e l'arte che piacevano alle masse, e che erano da queste capite, erano destinate a venir proclamate le uniche vera arte e vera letteratura, e ogni altro tipo d'arte e letteratura doveva essere soppresso. In simili condizioni individui come Gottfried Benn, non importa con quanto ardore sostenessero Hitler, diventavano un ostacolo, e nella Germania nazista non se ne è più sentito parlare. Possiamo allora vedere che, sebbene da un certo punto di vista l'atteggiamento reazionario personale di Hitler e di Stalin non sia affatto un elemento secondario nel ruolo politico da essi sostenuto, in un'altra ottica esso rappresenta soltanto un fattore accidentale nella determinazione delle politiche culturali dei loro regimi. Il loro conformismo personale aggiunge semplicemente brutalità e tenebrosità a una politica culturale che sarebbero comunque costretti a perseguire, costretti dalla pressione di tutte le loro altre politiche, anche se personalmente fossero devoti alla cultura d'avanguardia. Ciò che l'accettazione dell'isolamento della rivoluzione russa costringe Stalin a fare, Hitler è costretto a farlo in seguito alla sua accettazione delle contraddizioni del capitalismo e al suo tentativo di bloccarle. Quanto a Mussolini, il suo caso è un esempio perfetto della piena disponibilità in merito di un personaggio dotato di realismo. Per anni egli ebbe un atteggiamento benevolo nei confronti dei futuristi e fece costruire stazioni ferroviarie e condomini d'avanguardia. Nella periferia di Roma alla fine degli anni trenta si vedeva un numero di condomini d'avanguardia maggiore che in ogni altra città del mondo. Forse il fascismo voleva esibire la propria modernità per nascondere il fatto che rappresentava invece il regresso; forse intendeva conformarsi ai gusti di quell'élite del denaro ai cui servizi si era posto. In ogni caso sembra che Mussolini abbia infine compreso che sarebbe stato più utile per lui adeguarsi ai gusti culturali delle masse italiane piuttosto che a quelli dei loro padroni. Alle masse si devono offrire oggetti d'ammirazione e stupore; i padroni possono farne a meno. Vediamo così che Mussolini annuncia un "nuovo stile imperiale". Marinetti, de Chirico e gli altri sono messi in ombra, e la nuova stazione ferroviaria di Roma non sarà d'avanguardia. Il fatto che Mussolini sia pervenuto a ciò in ritardo serve a meglio illustrare la relativa riluttanza con cui il fascismo italiano ha tratto le necessarie considerazioni del proprio ruolo. Il capitalismo in declino ritiene che tutto ciò che di qualità riesce ancora a produrre divenga quasi invariabilmente una minaccia alla sua stessa esistenza. I progressi della cultura, non meno dei progressi della scienza e della tecnica, corrodono la società stessa sotto la cui egida si sono resi possibili. In questo caso, come in ogni altra questione d'oggi, diventa necessario citare Marx alla lettera. Oggi non guardiamo più al socialismo come al portatore di una nuova cultura, dal momento che questa apparirà inevitabilmente unica una volta che il socialismo sia stato realizzato. Oggi guardiamo al socialismo "semplicemente" per la conservazione di ogni cultura viva esistente. P.S. Con costernazione ho appreso, anni dopo che questo mio scritto era stato dato alle stampe, che Repin non ha mai dipinto una scena di battaglia; avevo dunque attribuito a lui dipinti di qualcun altro. Ciò dimostra soltanto quale fosse il mio provincialismo nei confronti dell'arte russa del diciannovesimo secolo. inchiostro su tela (E. De Simoni 2013)
(da La Dinamica Dell‘ Inconscio, parte V, C. G. Jung 1937) Le principali determinanti del comportamento umano sono gli istinti (fame, sessualità, attività, riflessione, per citare i quattro più importanti), i fattori psichici para-istintuali (creatività, volontà), le modalità semifisiologiche (sesso, età, predisposizione ereditaria) e le modalità psicologiche (coscienza/incoscienza; introversione/estroversione; spiritualità/materialità). La suddivisione di tali concetti ha solo valore accademico, in realtà la psiche è un complicato insieme di tutti questi fattori, e molti altri ancora. La sua caratteristica struttura la rende suscettibile di un‘ infinita variazione individuale e di una grande trasmutabilità. Gli istinti La psiche umana vive in inscindibile unità con il corpo fisico, quindi la psicologia, pur rivendicando l' autonomia del suo campo di ricerca, attinge spesso alla sicurezza scientifica della biologia. I fattori psichici che determinano il comportamento umano sono gli istinti intesi come forze motivanti extra-psichiche, dinamiche, automatizzate ed universali dell' accadere psichico. Una caratteristica fondamentale dell‘ istinto è l‘ obbligatorietà, tale caratteristica è di origine extrapsichica ma produce, in relazione alle varie situazioni, delle immagini a livello psichico che determinano il comportamento umano. L‘ aspetto extra-psichico dell‘ istinto corrisponderebbe al puro stimolo, mentre l‘ aspetto psichco dell‘ istinto corrisponderebbe all‘ assimilazione dello stimolo ad una complessità psichica già esistente (psichificazione). Ciò che noi chiamiamo sinteticamente istinto è un dato extra-psichico già psichificato. Con psichificazione si intende quel processo che sottrae dall‘ applicazione biologica l‘ energia puramente istintuale rendendola utilizzabile per altri scopi. L‘ istinto, una volta psichificato, perde la sua univocità (e a volte la sua obbligatorietà) a causa dello scontro con il dato psichico. L‘ istinto è univoco ma la psiche è caratterizzata da una grande capacità di trasmutazione e variazione. Per esempio allo stato di stimolazione fisico univoco e fondamentale per la conservazione della specie che noi chiamiamo fame possono corrispondere molteplici conseguenze psichiche e lo stesso stimolo, combinandosi con altri dati, può assumere le forme più disparate (per esempio forme metaforiche: cupidigia, avidità, insaziabilità di fama e denaro...). Un altro istinto fondamentale è quello della sessualità. Col progredire della civilizzazione sono aumentate le restrizioni di natura morale e sociale, provocando una sopravvalutazione della sessualità. La voluttà che la natura ha associato al compito della riproduzione, è percepita come un impulso a sé stante. Anche la sessualità come la fame, è soggetta a psichificazione, la quale sottrae energia all‘ applicazione biologica puramente istintuale, rendendola utilizzabile per altri scopi. L‘ esistenza di tali scissioni indicano l‘ esistenza di altre forze istintuali sufficientemente forti da modificare l‘ istinto sessuale e deviarlo, almeno in parte, dal suo fine univoco. Esse sono: l‘ istinto di attività, l‘ istinto di riflessione, il fattore creativo. L‘ istinto di attività (che comprende l‘ istinto migratorio, il piacere di cambiare, l' irrequietezza e l‘ istinto del gioco) si desta (funziona) solo quando gli altri istinti sono soddisfatti. L‘ istinto di riflessione (dal latino Reflexio: ripiegamento) si manifesta quando il processo di riflesso convoglia lo stimolo nello scarico istintuale ma la psichificazione lo interrompe. Per esempio stimolo (fame)>il riflesso lo convoglia nello scarico istintuale (mangio)>la psichificazione lo interrompe (aspetto che tutti si siedano a tavola). L‘ istinto è stato trasformato in un'attività endopsichica (riflessione, ripensamento). La riflessione modella il processo di stimolazione e ne guida l‘ impulso in una serie di immagini che viene riprodotta laddove l‘ impulso sia sufficientemente intenso. Gli istinti non sono creativi in quanto organizzazioni stabili e quindi automatizzati. Il fattore creativo è un‘ organizzazione stabile, universalmente diffusa (come gli altri istinti) ma non sempre ereditata, quindi è un fattore psichico di natura simile all‘ istinto. Ai 5 gruppi di funzioni dinamiche sopraelencati (istinti di fame, sessualità, attività, riflessione e fattore creativo) si affiancano differenti modalità della funzione psichica. Esse si dividono in modalità semifisiologiche (età, sesso, fattore ereditario) e modalità psicologiche (coscienza/incoscienza; introversione/estroversione; spiritualità/materialità). Modalità semifisiologiche Sesso, predisposizione ereditaria ed età, pur essendo considerati principalmente dati fisiologici, sono in realtà anche psicologici in quanto soggetti, al pari degli istinti, a psichificazione. Per esempio l‘ età psicologica di un individuo non sempre coincide con quella fisiologica, cosí come la virilità anatomica non coincide con quella psichica. Per ciò che riguarda la predisposizione ereditaria, i fattori determinanti di razza o famiglia, possono essere rimossi da una sovrastruttura psicologica. Molto di ciò che viene considerato eredità è in realtà piuttosto una sorta di contagio psichico, un adeguamento della psiche del figlio all‘ inconscio dei genitori. Modalità psicologiche modalità coscienza/incoscienza Il comportamento di un individuo varia molto a seconda che la sua psiche funzioni in maniera prevalentemente conscia o inconscia. Un atteggiamento di incoscienza estrema è caratterizzato dalla predominanza di processi obbligatori istintivi a discapito della componente intellettuale, mentre un atteggiamento caratterizzato da coscienza estrema è caratterizzato da eccessiva vigilanza, volontà e razionalità a discapito della naturalezza. modalità introversione/estroversione Queste due modalità decidono la direzione degli eventi psichici, ovvero se i contenuti della coscienza saranno indirizzati a oggetti esterni (estroversione) o al soggetto stesso. modalità spirituale/materiale dall‘ esistenza di queste categorie dipendono i sistemi di valori etici, estetici, intellettuali, sociali e religiosi che decidono talvolta in maniera preponderante dell‘ impiego definitivo dei fattori dinamici (istinti, fattore creativo, volontà). I concetti appena descritti hanno puro valore accademico. In realtà la psiche è un complicato insieme di tutti questi fattori e di molti altri ancora. A causa della peculiarità della sua struttura, la psiche è suscettibile di un‘ infinita variazione individuale e di una grande trasmutabilità (caratteristiche in strettissima relazione tra loro dal punto di vista funzionale). La variazione individuale è dovuta al fatto che la psiche non ha una struttura omogenea ma è probabilmente formata di unità ereditarie legate tra loro in modo blando, divenendo così largamente scindibile. La trasmutabilità è dovuta all‘ intervento di influssi che provengono da dentro e da fuori. La scindibilità, fenomeno normale ma più evidente nella psicopatologia, consiste nel distacco di parti della psiche dalla coscienza. Tali frammenti psichici (complessi) appaiono estranei ed autonomi e devono la loro scissione a influssi traumatici o tendenze incompatibili. Analogamente ai complessi si comportano i nuovi contenuti non ancora integrati nella coscienza ma già attivi a livello inconscio (archetipi). L‘ azione istintuale fa parte dei processi inconsci e come tale, oltre ad essere caratterizzata da una certa inconsapevolezza, affiora alla coscienza solo attraverso i risultati ultimi del processo inconscio stesso. Non tutti i processi inconsci sono istintuali. Per esempio la paura dei serpenti è un processo utile, ereditario e collettivo, la paura dei polli (fobia) è una costrizione inconscia ma individuale e non funzionale (come i pensieri ossessivi, le manifestazioni affettive smisurate, la sensazione di angoscia, la depressione, le fantasie ...). Possiamo considerare istinti solo quei fenomeni che sono processi inconsci ereditari, universali, regolari e implicanti una costrizione necessitante ovvero una sorta di riflesso. L‘ istinto è l‘ impulso ad un‘ attività senza motivazione conscia proveniente da una costrizione interiore. L‘ ereditarietà dell‘ istinto non ci aiuta a comprenderne l‘ origine. La tesi dell‘ apprendimento e dell‘ esercizio non è convincente e spesso confutata dalla natura (vedi istinto riproduttivo della Pronuba Yuccasella). Una nuova via per spiegare l‘ istinto è quella dell‘ intuizione. L‘ intuizione è analoga all‘ istinto ma mentre l‘ istinto è un impulso finalistico diretto ad un‘ attività spesso molto complicata, l‘ intuizione è la comprensione finalistica inconscia di una situazione spesso molto complicata. Gli istinti e gli archetipi d‘ intuizione sono contenuti dell‘ inconscio collettivo. Sia gli istinti che gli archetipi, infatti, non hanno nessun riferimento alla storia individuale dell‘ individuo che li esperisce: si tratta quindi di fenomeni collettivi. Gli archetipi (o immagini originarie) sono forme tipiche della comprensione, ovvero forme dell‘ intuizione esistenti a priori (congenite). L‘ archetipo è simile ad un‘ intuizione che l‘ istinto ha di sé stesso, ovvero un‘ auto-raffigurazione dell‘ istinto. Gli istinti inducono l‘ uomo ad un comportamento specificamente umano, gli archetipi costringono la percezione e l‘ intuizione a formazioni specificamente umane. L‘ intuizione quindi causa l‘ attuazione dell‘ istinto. ‘‘La concezione a mezzo dell‘ archetipo è di una precisione incredibile ,, Ogni uomo possiede sia gli istinti che le immagini originarie. Difficile è decidere cosa sia il ‘‘prius,, tra percezione intuitiva e impulso ad agire, probabilmente rappresentano due parti di un‘ unità. da La Dinamica Dell‘ Inconscio C. G. Jung 1928
La coscienza si origina da una psiche inconscia che la precede e che continua a funzionare con o malgrado la cosicenza per tutta la vita. La coscienza è soggetta di continuo alle influenze inconsce, e non di rado queste si rivelano più sagge del pensiero cosciente ( si pensi a certe intuizioni o ‘‘presagi,, risolutivi in situazioni critiche ). L‘ intuizione si può definire come ‘‘percezione per via inconscia,, pag. 24 Normalmente l‘ inconscio collabora discretamente con la coscienza tanto da passare inosservato ma : ‘‘se un individuo o un gruppo sociale si scosta eccessivamente dal fondamento dell‘ istinto, sperimenta allora tutto l‘ impatto delle forze inconsce,, L‘ inconscio può in questi casi agire in aperto contrasto con la coscienza al fine di restaurare l‘ equilibrio perduto. Dell‘ inconscio fanno parte una serie di entità archetipiche autonome che hanno una relazione diretta con le rappresentazioni mitologiche. ‘‘Esse sembrano provviste di un‘ io cosciente. In realtà portano tutti i segni delle personalità frammentarie: sono simili a larve, senza problemi, senza auto-riflessione, senza conflitti, dubbi, dolori, quasi fossero dèi senza filosofia. Rimangono sempre estranee al mondo cosciente ma appestano l‘ atmosfera con sinistri presagi o con l‘ angosciosa idea del disturbo mentale. Esse vivono nei più profondi strati dell‘ inconscio, in particolare in quel profondo strato filogenetico denominato inconscio collettivo. Questa localizzazione spiega in parte la loro stranezza: al mondo effimero della nostra coscienza esse comunicano una vita psichica sconosciuta, appartenente ad un remoto passato; comunicano lo spirito dei nostri antenati, il loro modo di pensare e sentire, il loro modo di sperimentare la vita, il mondo, gli uomini e gli dèi. L‘ esistenza di questi strati arcaici costituisce probabilmente la fonte della credenza della reincarnazione e nel ‘‘ricordo di vite anteriori,,. Noi non abbiamo nessun motivo di supporre che la struttura specifica della psiche sia l‘ unica cosa al mondo a non avere storia al di là delle sue manifestazioni individuali. La nostra coscienza ha una storia (collettiva) che abbraccia circa 5000 anni. Solo l‘ io cosciente (individuale) comincia perpetuamente daccapo e trova rapida fine. La psiche inconscia, invece, non solo è infinitamente antica ma ha la possibilità di estendersi a un altrettanto lontano avvenitre. Essa forma la species humana di cui è un elemento costitutivo: come il corpo che, effimero nell‘ individuo, collettivamente è senza età.,, (pag 28-29) La coscienza -per definizione- non può assimilare l‘ inconscio. Gli yogin, convinti di dominare l‘ inconscio attraverso il raggiungimento della Samadhi, in realtà raggiungono uno stato di incoscienza: la coscienza dell‘ io è infatti in questo caso divorata dall‘ inconscio, essi infatti chiamano coscienza universale ciò che noi chiamiamo inconscio. Certo è possibile un‘ espansione della coscienza attraverso opportune tecniche yogiche, ma la coscienza guadagnando in ampiezza perde in chiarezza: ‘‘un numero infinito di cose sfuma in un tutto indistinto ai limiti di una totale identità tra dati oggettivi e soggettivi. Tutto ciò è molto bello ma poco raccomandabile per gli abitanti delle regioni situate più a nord del tropico del cancro (...) dobbiamo escogitare una soluzione diversa Le realtà di un clima nordico sono in qualche modo cosí persuasive che è sempre meglio tenerle presenti. Confrontarsi con la realtà ha dunque senso,,. La cosicenza dell‘ io europeo, fallendo nel tentativo di assorbire l‘ inconscio tende a reprimerlo, ma una vita inconscia repressa tende a ritorcersi contro di noi, proprio come accade nelle nevrosi. Per facilitare l‘ integrazione armonica tra coscienza e inconscio (processo di individuazione) è necessario che entrambe le parti abbiano possibilità di espressione senza che l‘ una danneggi o reprima l‘ altra. Questo è un processo vitale irrazionale non apprendibile attraverso la sola razionalità, fondamentale è la conoscenza dei simboli. 1 Vedi: Tipi Psicologici, Archetipi dell‘ inconscio collettivo L‘ individuazione è il processo che produce un individuo psicologico: un‘ unità indivisibile.
Si è portati a pensare che la coscienza, con l‘ io al suo centro, coincida con la totalità dell‘ individuo psicologico. In realtà anche i processi inconsci individuali e collettivi (che non hanno e non potranno mai avere nessuna relazione diretta con l‘ io e la coscienza) fanno parte della totalità dell‘ individuo. Siccome sono appunto inconsci, spesso, si è portati a negarne l‘ esistenza. Possiamo però riscontrare tracce della loro presenza nel comportamento umano sotto forma di sogni, visoni, intuizioni, affetti, emozioni, meccanismi di difesa, psicosi, nevrosi... La psiche contiene una parte inconscia che si riferisce alla storia personale dell‘ individuo detta inconscio personale. Essa è per certi versi sovrapponibile alla concezione freudiana di inconscio: si può cioè considerare come sede di contenuti rimossi, dimenticati o troppo deboli per affiorare alla coscienza, impulsi, istinti e desideri sconvenienti, tratti del carattere poco apprezzabili. Nell‘ inconscio personale o Ombra, tra le varie figure archetipiche, è racchiusa una personalità femminile per l‘ uomo (Anima) ed una personalità maschile per la donna (Animus) 1 le quali si manifestano proiettate su persone adeguate o variamente personificate nei sogni. Negli stati patologici e nelle manifestazioni affettive veementi (amore, odio, gioia, dipserazione...) avviene, seppure in diversa misura, uno scambio di ruoli tra l‘ io e l‘ inconscio. Quanto più la manifestazione affettiva è veemente, tanto più si avvicina al patologico: l‘ io è cioè messo in disparte da contenuti autonomi fino a quel momento inconsci. L‘ inconscio possiede contenuti completamente dissimili da quelli della coscienza, da qui l‘ assoluta incomprensibilità delle rappresentazioni patologiche di tipo psicotico da parte del paziente e del terapeuta. ‘‘Le emozioni sono reazioni istintive involontarie che interferiscono con irruzioni elementari l‘ ordine razionale della coscienza (...) gli affetti non sono fatti, semplicemente insorgono,, pag. 23 0:25: Genius loci/ Bollingen 3:26: La torre nell' ‘‘al di là‘‘ : incontro con Jung 26:00: sulle fiabe 29:26: immagine: psicologia / fisica: ‘‘l‘ ultimo diaframma,, 30:00: ‘‘Psychoide‘‘ archetipi manifesti nella materia attraverso la sincronicità (miracoli-divinazione) 33:00: immagine: ‘‘come le ciocche di una treccia,, 34:20: sogni e creatività 35:48: alchimia e movimenti femministi ‘‘Era femmina. Aveva un viso sfiorito, i lati della bocca ripiegati in due solchi di pelle cadente che colavano come rivoli d‘ ombra sul mento sfilacciato in lunghi peli bianchi. Le iridi plumbee, seppellite da palpebre stanche, non si fermavano mai nelle mie. I capelli erano raccolti in un panno scuro annodato sulla nuca che rivelava, qua e là, qualche ciocca dalle sfumature del peltro. Sedevo immobile davanti a lei, impietrita, in una piccola stanza di bitume annerito da decenni di fuliggine. Il soffitto basso e le pareti umide avevano l‘ odore acre della pece e della castagna cruda. Mi ungeva la gamba con del grasso di maiale e bisbigliava assorta qualcosa di incomprensibile. Mi perdevo nello scorcio del suo viso chino, incendiato dai riflessi aranciati del camino. Si stava prendendo cura di me e del mio immenso ego bambino. Entrambe eravamo lontane anni luce dall‘ euforia malinconica del menarca, dalla lotta femminea in equilibrio tra invidia-adulazione-stima, dalla scoperta del sesso e il dolore del parto, io per difetto, lei per eccesso. La stría, la schtróliga, lei che guarisce. Credo di non averle mai nemmeno rivolto la parola, ma quando morì piansi per due giorni di seguito. Era la mia prima morte. Tornò per dirmi qualcosa qualche tempo dopo, ma ero troppo piccola e il terrore prese il sopravvento.,, La strega, la baba Jaga, la saggia, la stría, la stròliga (...) può avere le sembianze di un‘ anziana saggia e solitaria, appassionata di erboristeria e depositaria di un certo carisma, vestire i panni di una Dabarni gitana in grado di leggere il futuro e provocare il malocchio oppure assumere i tratti caricaturali e spaventosi di una vecchia mostruosa e repellente dai poteri malefici e distruttivi. Le sue facoltà, il suo volto ed il suo corpo sono il calco negativo ed occulto del femmineo idealizzato: essa è tanto più feroce, orrenda ed immonda quanto più il relativo termine di paragone è mistico, attraente e puro. Secondo la psicologia del profondo, la strega rappresenta le pulsioni istintive e i desideri rimossi dall‘ inconscio in quanto incompatibili con l‘ Io (Aeppli). La sterga -secondo Jung- può essere considerata la proiezione personificata dell‘ aspetto femminile inconscio dell‘ uomo o, meglio, una segreta partecipazione alla sua femminilità (da ‘‘ Archetipi dell‘ inconscio collettivo,, C.G. Jung). Essa personifica l‘ archetipo della grande madre: nel suo corpo avvizzito ma straordinariamente vitale, racchiude nella forma più pura le pulsioni antagoniste-complementari che regolano l‘ intero cosmo: al contempo è cannibale e nutrice, crudele e caritatevole, è in grado di partorire o inghiottire, di attrarre o repellere, di creare o annientare, paradossalmente e coerentemente (caratteristiche splendidamente rappresentate nel mito di Demetra/Cecere). ‘‘La strega rappresenta la Madre divorante che dopo aver messo al mondo forze vitali le re-ingloba, utilizzandole quindi sempre allo stesso modo attraverso meccanismi di introiezione e proiezione, in un cerchio vizioso che torna costantemente allo stesso punto e perciò invecchia, incrudelisce, diviene sterile e negativo,, Anna Michelini Tocci, ‘‘Bipolarità dell‘ archetipo della strega nelle fiabe,,. Nelle fiabe, la strega è solita vivere isolata e nascosta nella profondità della foresta, del mare o della terra. Abita eccentriche casette irresistibilmente profumate di panpepato e frutta candita, grotte umide e oscure o spaventosi capanni muniti di occhi, bocca, uscio dentato, poggiati su zampe di gallina in grado di volteggiare! La sterga ha spesso un aspetto terribile: la sua pelle è raggrinzita, talvolta coperta di verruche come il dorso di un rospo; il naso è lungo e deforme, il mento prominente e barbuto; i seni ricadono stanchi su un ventre perennemente affamato di carne umana e assetato di sangue, nel cui fondo giace un utero sterile, anch‘ esso, pare, dall‘ accesso dentato; ha occhi di fuoco, ciechi e chiusi al mondo esteriore, ma spalancati sull‘ abisso interiore dell‘ ombra; le labbra sono sottili e taglienti come fili d‘ erba, le unghie curve e spesse come cortecce, i capelli arruffati, gli abiti fatti di lerci stracci scuri. Metamorfica e seducente ama accompagnarsi a volatili notturni, gufi, rospi, volpi, gatti ed ha al suo servizio le caotiche e selvagge entità non umanizzate dell‘ inconscio (spiriti, servitori invisibili, ombre, demoni...). È in grado di sfuggire alla forza di gravità terrena che tutto controlla e opprime: ora volando su una scopa, ora balzando in un grosso mortaio, ora tramutandosi in volatile.
Affrontare e vincere la strega, per i protagonisti delle fiabe, significa affrontare ed integrare le proprie parti in ombra attraverso l‘ espansione della coscienza oltre i limiti dell‘ Io. Spesso la strega entra in scena quando il protagonista si trova in una situazione di di evoluzione ostacolata caratterizzata da una regressione primitiva ad uno stato di passività, pigrizia, soggezione e dipendenza spesso relazionate alla sopportazione di angherie e crudeltà (pensiamo a Raperonzolo rinchiusa nella torre isolata dal mondo, a Vassilissa sottomessa ed obbediente nonostante le umiliazioni e gli inganni subiti dalla matrigna e dalle sorellastre, ad Hänsel e Gretel abbandonati per ben due volte e rassegnati alla morte nella foresta). La figura della strega si contrappone a quella della madre buona e amorevole che si tramuta in abbandonica in seguito alla morte o alla sparizione: evento che simbolizza la prima intuitiva realizzazione del Sé e l‘ inizio del processo di individuazione.La strega esaspera il protagonista sottoponendolo a difficili prove, incutendo grandi paure e costringendolo ad enormi fatiche ( Vassilissa per ottenere il fuoco sarà costretta a separare i semi di papavero da quelli del grano, Gretel dovrà servire la strega, Hänsel vivrà chiuso in una gabbia con la costante paura di essere mangiato, Rapoeronzolo sarà privata della sua splendida treccia e costretta a vagare nel deserto). Tali prove e fatiche simbolizzano le grandi difficoltà ed i conflitti che inevitabilmente si incontrano sul sentiero dell‘ individuazione: l‘ unico in grado di condurre l‘ eroe o l‘ eroina al ricongiungimento con le forze creative, feconde, positive della Grande Madre. Il solstizio d‘ inverno è da sempre un evento molto atteso e festeggiato nell‘ emisfero boreale: cade attorno al 22 dicembre e segna il momento a partire dal quale le ore di luce andranno gradualmente aumentando sino ad arrivare all‘ estate. In Egitto e in alcune zone dell‘ Arabia il ritorno della luce veniva identificato con la nascita del dio Aion o Eone (dio del tempo e dell‘ eterno ritorno) dal ventre dalla vergine Kore (lett. ''fanciulla''). Nel tardo Impero romano il tradizionale culto del Sol indiges venne sostituito, per opera dell‘ imperatore siriano Marco Aurelio Antonio, con il Deus Sol Invictus (Dio sole invitto: unificazione di tre divinità: Mitra, Sol ed Elio-Gabalo). Il Deus Sol Invictus si integrò nel sistema religioso romano fino a soppiantare per importanza il, fino ad allora,dominante culto di Giove. Nel 330 Costantino, in seguito alla conversione cristiana, sovrappose la festività pagana del sole invitto con la commemorazione della nascita di Cristo: il Natale. In epoca pre-cristiana, per i gelidi boschi della Russia, si aggira Morozko: uno spirito del folklore pagano in grado di congelare le persone. Morozko si unisce a Vesna (primavera) e nasce Sneguročka. Nei racconti popolari a un certo punto Sneguročka diventa nipote di Morozko che diventa meno ostile e prende il nome di Дед Мороз o Ded Moroz (Nonno Gelo) diffondendosi con nomi differenti negli altri Paesi dell‘ Est durante il periodo comunista. Ded Moroz e la splendida nipotina dalle guance rosa e le lunghe trecce bionde, come nella più edulcorata delle fiabe, vivono dei boschi innevati amando la natura e gli animali e la notte di capodanno distribuiscono regali ai bambini. È intressante notare come la figura di Sneguročka sia antitetica a quella della nemica numero uno di Ded Moroz: Baba Jaga e come quest‘ ultima possegga stupefacenti affinità con la figura della Befana. Ded Moroz indossa un meraviglioso e ornatissimo abito dai colori freddi dell‘ inverno: azzurro, bianco, verde-acqua. Durante la guerra fredda il suo abito improvvisamente si tinge dei colori della bandiera URSS a scopi propagandistici si, ma NON di una bibita americana! (a proposito) Ded Moroz nei paesi di lingua tedesca prenderà il nome di Väterchen Frost. Sempre in periodo pre-cristiano e sempre nel periodo del solstizio invernale, un altro personaggio si aggira per le foreste del centro-nord Europa in compagnia del cavallo volante detto Sleipnir per una tradizionale battuta di caccia: il dio Wotan (Odin per i popoli del nord). I bambini lasceranno fuori dalle loro case i calzari pieni di fieno per ritemprare Sleipnir e il mattino seguente troveranno un dono. Wotan e Morozko, per motivi di coerenza religiosa e forte tradizione pagana, si fonderanno nella figura storico-religiosa che tutti conosciamo: S. Nicola di Myra. ''Più intensa la luce più scura l‘ ombra''... el diis La luminosità ovvero le qualità estremamente positive comuni a tutte queste figure dispensatrici di doni e amore disinteressato, sono equilibrate da figure accessorie d‘ ombra dalle spiccate connotazioni negative (o, come nel caso di Morozko, da qualità negative intrinseche) il cui compito è quello di punire i bambini cattivi: in tempi più remoti con violente punizioni fisiche e rapimenti, in epoche più recenti sostituendo i doni con del carbone. Come abbiamo visto Ded Moroz è equilibrato dalla strega Baba Jaga; nei paesi alpini e germanici abbiamo il Kampus: un demone sottomesso che prima della conversione si dedicava a terrorizzare e picchiare i bambini scendendo dal camino o, secondo una leggenda tedesca, a chiuderli in un sacco per portarli nell‘ Andalusia dominata dai mori; In Svizzera abbiamo lo Schmutzli (sporco in svizzerduccio), nelle Fiandre e nei Paesi Bassi abbiamo Zwarte Piet , a Lussemburgo Houseker, in Austria e Baviera Klaubauf in Spagna lo troviamo nelle sontuose vesti Baldassarre dei Re Magi (in questo caso disepnastore di doni e non aiutante) , in Francia Père Fouettard , in Austria e Baviera il Klaubauf, Pelznickel e Knecht Ruperecht in Germania (…) Questi -talvolta inquietanti- assistenti hanno in comune il colore scuro ora dovuto a specifiche caratteristiche etniche, ora a maschere e travestimenti, ora ad attributi animali e fuliggine. Secondo alcune teorie, la figura ‘‘scura,, che scende dal camino (tecnica adottata dal moderno Babbo Natale) sarebbe riconducibile alla figura professionale dello spazzacamino. Secondo altre teorie, il colore scuro della pelle sarebbe da ricondurre ai contatti commerciali e politici con l‘ Andalusia dominata dai mori, mentre nel caso di Baldassarre, ad un tentativo da parte della chiesa cattolica di universalizzare il cristianesimo. Non credo sia da escludere completamente la derivazione dal demone Krampus del Julbock scandinavo. Gesù bambino dagli anni ‘60-‘70 è il tradizionale dispensatore di doni in Valtellina e, da molto tempo prima, nel sud della Germania. Interessante notare come nella tradizione tedesca venga rappresentato come una fanciulla con una corona di candele in testa e i lunghi capelli biondi: caratteristiche comuni a alla S. Lucia svedese (importata dall' Italia). Nella versione valtellinese viene solitamente accompagnato da un asino: caratteristica dell‘ antica S.Lucia Bergamasca e Siracusana, probabilmente si tratta di due differenti adattamenti cattolici di uno stesso rpersonaggio pre-cristiano.
Ecco le fonti da cui ho tratto le informazioni per questo articolo:
Dal punto di vista simbolico il sangue fresco, inscindibilmente legato al colore rosso, rappresenta per una facile associazione intuitiva, l‘ essenza della vita e, di conseguenza, la sua fuoriuscita e la sua visibilità si riferiscono indirettamente alla perdita di vitalità e alla morte (nel caso del sangue mestruale alla vita mancata).
‘‘La vita della carne è il sangue,, (Levitico, 17,11). L‘ irrorazione sanguigna dell‘ epidermide e la conseguente colorazione vermiglia, in molte specie animali sono associate alla disponibilità sessuale (da qui il costume tipicamente umano di tingere labbra e guance di colore rosso a scopo seduttivo). L‘ Homo neanderthalensis usava seppellire i morti dopo averli cosparsi di ocra rossa (un derivato dell‘ ematite utilizzato anche per le pitture parietali e la colorazione di feticci a fini magico-religiosi). È probabile che il pigmento rosso avesse un riferimento metaforico al sangue (i giacimenti di ocra rossa somigliano a ‘‘ferite della terra,,) ed è possibile che si distribuisse sul cadavere affinché potesse, in qualche modo, infondere colore e simbolicamente nuova vita (1). Nella tradizione runica dell‘ era vichinga i solchi dei segni grafici incisi su pietra erano riempiti con pigmenti rossi miscelati a piombo (2). Secondo una tesi comune il colore rosso alludeva al sangue che riempiendo le rune era in grado di conferire loro vitalità e potenza. Il sacrificio di animali con relativa effusione di sangue -in alcuni casi sostituto simbolico del sangue umano- è una costante della ritualità magico-religiosa fin dalla preistoria, come testimonia, tra gli altri, l‘ elemento decorativo delbucranio caratteristico dell‘ ordine Dòrico. In alcune regioni dell‘ antica Grecia, veniva praticato l‘ haimakouría ovvero il rituale della ‘‘libagione di sangue,, in onore dei defunti. Il rituale consisteva nel versare apposite fosse (bóthros) scavate accanto alla tomba, il sangue anche di numerosi animali al fine di nutrire l‘ anima del defunto (3). Nell‘ antico culto di Cibele, di origine frigia, gli iniziati, a scopo espiatorio e purificatorio, scendevano in apposite fosse scavate nel terreno, sovrastate da speciali griglie di legno, sulle quali veniva sgozzato un toro (o un ariete). Gli iniziati venivano così inondati dal sangue dell‘ animale sacrificato ottenendo la purificazione da ogni colpa e il risveglio spirituale.(4) Tale rituale era detto taurobolium. Nelle Metamorfosi di Ovidio, si narra che dal sangue colato in mare dalla testa tagliata di Medusa fosse nato il Corallum Rubrum: il corallo rosso. Presso gli Aztechi, come testimoniano i codici, il sangue versato durante i numerosi sacrifici umani era indispensabile per sfamare e ingraziarsi gli dei oltre che per contenerne le ire. Nella religione cristiana durante l‘ eucaristia il vino rappresenta il sangue di Cristo dal potere redentore e purificatore. Il frutto del Melograno è invece simbolo del sangue versato dai martiri. Il colore rosso nelle icone è il simbolo del sangue di Cristo versato in sacrificio. Con il sangue sono anche suggellati tradizionalmente patti col demonio o fratellanze tra esseri umani. Di sangue si nutrono le entità parassite distruttive mitologiche come vampiri, streghe, làmie. Secondo la concezione israelita (Levitico 17:11) il sangue è mezzo di espiazionenon con valore punitivo ma in senso salvifico per il peccatore e la comunità sulla quale le conseguenze del peccato sono destinate a ricadere. Il sangue mestruale era anticamente considerato -con il liquido seminale- una delle componenti essenziali alla nascita della vita, la sua fuoriuscita dal corpo e la sua manifestazione era quindi simbolo di vita mancata, di fallimento riproduttivo ma al contempo di maturità sessuale e potenziale capacità riproduttiva. I‘ artista Alejandro Jodorowsky (di cultura ebraica) consiglia un rituale di psico-magia per esorcizzare un eventuale senso di inferiorità femminile: dipingere un autoritratto utilizzando il sangue mestruale come inchiostro ed esporlo in una parte visibile della casa. Presso molte culture religiose il sangue mestruale era ritenuto impuro. ‘‘Levitico (15:19f) una donna in periodo mestruale rimane sporca per sette giorni: tutto ciò che tocca è sporco, così com’è sporco chiunque la tocchi, o tocchi qualcosa che lei ha toccato o che sia stato toccato da qualcuno che è stato in contatto con lei.,, Il sangue mestruale assunto per via orale è considerato dal tantrismo dotato di poteri miracolosi, mentre nella magia popolare, fatto assumere con la stessa modalità, è il principale ingrediente dei legami eterni d‘ amore. Fonti bibliografiche_________________________________________________________ (1) M. Eliade ‘‘Storia delle credenze e delle idee religiose,, rif.: ‘‘ Nel Paleolitico viene attestato un po‘ ovunque l‘ uso dell‘ ocra rossa, sostitutivo del rituale del sangue, simbolo di vita, come testimonianza della credenza di un‘ esistenza post-mortem. (2) Lars Våge Rickard Bindberg ‘‘Secondo le analisi realizzate dal National Heritage Board sono stati trovati ossido di ferro (Fe2O3), carbonio (C), carbonato digesso (CaCO3) e calcare (…) Bianco di piombo (PbO) e piombo rosso (Pb3O4) sono pigmenti a base di piombo, che possono assumere colori diversi durante l‘ ossidazione: bianco o rosso-arancio. La vernice al piombo è trasparente e il pigmento è molto pesante. è stato trovato anche un altro pigmento rosso: cinabro o vermiglio (HGS), un ossido di mercurio, che è stato un pigmento molto prezioso di cui abbiamo pochi resti nei dipinti della chiesa medievale. (3) Walter Burket, ‘‘La religione greca,, pag. 154-155. (4) Giovanni Maragoni Vicentino ‘‘Delle Memorie Sacre, E Profane Dell’ Anfiteatro Flavio Di Roma Volgarmente detto il Colosseo,, pag 87-88 Articoli correlati: ‘‘Le vere proporzioni di questo mondo si deducono guardando verso l‘ alto alle stelle e verso il basso alla superficie della terra. L‘ erba e la vegetazione devono crescere dove cadono la pioggia e la neve: negli spazi orizzontali. Il piano orizzontale è di dominio della natura e l‘ uomo non deve superare questi limiti né intromettersi (...) cuando, per dipingere, si sistema la carta o la tela su un piano orizzontale, si hanno le condizioni fondamentali perché le cose vadano bene. Però se si lavora con la carta o la tela appese in verticale si inizia fondamentalmente male perché si parte da un inganno. Quando si dipinge in orizzontale, si realizzano fatti, cose reali, ma quando si dipinge verticalmente, le condizioni sono inappropriate, e ciò che si farà non funzionerà, poiché si parte da una menzogna, da una distorsione della prospettiva. La prospettiva ha un carattere egoista e fa si che ciò che è più vicino appaia più importante e più grande di ciò che è più lontano.,,
F. Hundertwasser (intervista di Harry Rand) ‘‘Las verdaderas proporciones de este mundo se deducen mirando hacia arriba a las estrellas y hacia a bajo a la superficie de la tierra. La hierba y la vegetación deben crecer donde cae la lluvia y la nieve: en los espacios horizontales. El plano horizontal es el dominio de la naturaleza y el hombre no debe traspasar esos límites ni entrometerse. (...)Cuando un pintor extiende el lienzo sobre la mesa, tiene las condiciones básicas para hacer las cosas bien. Pero si trabaja con el lienzo puesto en vertical, sobre la pared, empieza básicamente mal porque parte de un engaño. Cuando pinta en horizontal, lo que hace son hechos, cosas reales; pero, cuando pinta verticalmente, las condiciones son inapropriadas y lo que hace estarà mal, porque parte de una mentira, de una distorsión de la perspectiva. La perspectiva tiene un carácter egoísta que hace que lo que está más cerca, parezca más importante y mas grande que lo que está más lejos, que parecerá menos importante.,, F. Hundertwasser ‘‘Les proportions réelles de ce monde peuvent être déduites en regardant vers le haut aux étoiles et vers le bas à la surface de la terre. L 'herbe et la végétation devraient croître où tombent de la pluie et de la neige: dans les espaces horizontaux. Le plan horizontal est le domaine de la nature et de l'homme ne doit pas dépasser ces limites (...) cuando le peinteur met le papier ou la toile sur un plan horizontal, on a les conditions de base pour que les choses aillent bien. Mais s‘ il travaille avec le papier ou la toile en verticale, il commence fondamentalement mal parce qu‘ il commence avec une tromperie. Lorsqu‘ il peint horizontalement, ce qu‘ il fait sont des choses réelles, mais quand il peint verticalement, les conditions ne sont pas appropriées, parce qu‘ il commence avec un mensonge, une distorsion de perspective. La perspective a un caractère égoïste qui fait apparaître ce qui est plus proche, plus importante et plus grand que ce qui est plus loin.,, F. Hundertwasser ‘‘The true proportions in this world are the views to the stars and the views down to the surface of the earth. Grass and vegetation in the city should grow on all horizontal spaces - that is to say, wherever rain and snow falls vegetation should grow, on the roads and on the roofs. The horizontal is the domain of nature and wherever vegetation grows on the horizontal level man is off limits; he should not interfere (...) Nome greco/nome romano
Dio dell‘ oltretomba: Ades/Plutone Dea dell‘ amore e della bellezza: Afrodite/Venere Dio della luce e della bellezza Apollo/Apollo Dio della guerra: Ares/Marte Dea della caccia: Artemide/Diana Dio della medicina: Asclepio/Esculapio Dea delle arti e della scienza: Atena, Pallade/Minerva Dea delle messi: Demetra/Cerere Dea della giustizia: Diche/Giustizia Dio del vino e dell‘ ebbrezza Dionisio/Bacco Dio del fuoco: Efesto/Vulcano Dio del sole: Elio/Sole Dea del giorno: Eos/Aurora Regina degli dèi: Era/Giunone Dio dei commerci, messaggero degli dei: Ermete/MErcurio Dea del focolare domestico: Estia/Vesta Dea della pace: Irene/ Pace Dee del destino degli uomini: Moire/ Parche Dea della vittoria: Nike/Vittoria Dea degli inferi: Core-Persefone/ Proserpina Dio del mare: Poseidone/Nettuno Dea della luna: Selene/Luna; Divinità suprema dell‘ olimpo: Zeus/Giove |
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Eleonora De Simoni Categorie
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Marzo 2024
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