"Das erste Mandala hatte ich 1916 gemalt [...]. Natürlich hatte ich es nicht verstanden. 1918/19 war ich in Château d'Oex Comandant de la Région Anglaise des Internés de Guerre. Dort skizzierte ich jeden Morgen in ein Carnet eine kleine Kreiszeichnung, ein Mandala, welches meiner jeweiligen inneren Situation zu entsprechen schien. Anhand der Bilder konnte ich die psychischen Wandlungen von Tag zu Tag beobachten. [...] Nur allmählich kam ich darauf, was das Mandala eigentlich ist: 'Gestaltung - Umgestaltung des ewigen Sinnes: ewige Unterhaltung'. Und das ist das Selbst, die Ganzheit der Persönlichkeit. Meine Mandalabilder waren Kryptogramme über den Zustand meines Selbst, die mir täglich zugestellt wurden. Ich sah, wie das Selbst, d.h. meine Ganzheit am Werke war. Das konnte ich allerdings zuerst nur andeutungsweise verstehen, [...] Ich hatte das deutliche Gefühl von etwas Zentralem, und mit der Zeit gewann ich eine deutliche Vorstellung vom Selbst. [...] Ich weiß nicht mehr wieviele Mandalas ich damals gezeichnet habe. Es waren viele. Während ich daran arbeitete tauchte immer wieder die Frage auf: 'Wohin führt der Prozeß, in dem ich stehe? Wo liegt sein Ziel?' [...] Ich wurde gezwungen, den Prozeß des Unbewußten selbst durchzumachen. Ich mußte mich zuerst von diesem Strom mitreißen lassen, ohne zu wissen, wohin er mich führen würde. Erst als ich die Mandalas zu malen begann, sah ich, daß alles, alle Wege die ich ging, und alle Schritte, die ich tat, wieder zu einem Punkt zurückführten, nämlich zur Mitte. Es wurde mir immer deutlicher: Das Mandala ist das Zentrum. Es ist der Ausdruck für alle Wege zur Mitte, zur Individuation. [...] Eine Bestätigung der Gedanken über das Zentrum und das Selbst erhielt ich Jahre später (1927) durch einen Traum. Seine Essenz habe ich in einem Mandala dargestellt, das ich 'Fenster in die Ewigkeit' bezeichnete. [...] Ein Jahr später malte ich ein zweites Bild, ebenfalls ein Mandala, welches im Zentrum ein goldenes Schloß darstellt. Als es fertig war, fragte ich mich: 'Warum ist das so chinesisch?' - Ich war beeindruckt von der Form und Farbenwahl, die mir chinesisch erschienen, obwohl äußerlich nichts chinesisches an dem Mandala war. Aber das Bild wirkte so auf mich. Es war ein seltsames Zusammentreffen, daß ich kurz darauf einen Brief von Richard Wilhelm erhielt. Er schickte mir das Manuskript eines chinesischen taoistisch-alchemistischen Traktates mit dem Titel 'Das Geheimnis der Goldenen Blüte' und bat mich, ihn zu kommentieren. Ich habe das Manuskript sofort verschlungen; denn der Text brachte mir eine ungeahnte Bestätigung meiner Gedanken über das Mandala und die Umkreisung der Mitte. Das war das erste Ereignis, das meine Einsamkeit durchbrach. Dort fühlte ich verwandtes, und dort konnte ich anknüpfen."
‘‘Lo spirito del profondo mi ha tolto la fede nella scienza, mi ha privato del piacere di spiegare le cose e di classificarle e ha fatto spegnere in me la dedizione agli ideali di questo tempo. Mi ha costretto a calarmi nelle cose ultime e più semplici.Lo spirito del profondo mi ha tolto la ragione e tutte le mie conoscenze per metterle al servizio del' inesplicabile e del paradossale. Mi ha privato del linguaggio e della scrittura per tutto ciò che non stava al servizio di quest' unica cosa, ossia del' intima fusione di senso e controsenso che produce il senso superiore.,,
Liber Novus, Liber Primus La foresta, spesso identificata con il bosco, costituisce lo scenario ideale per l ‘ esperienza iniziatica e la strettamente connessa rappresentazione fiabesca: è un luogo simbolico fortemente seducente e primigenio, contrapposto alla nostra terra edificata, coltivata e controllata, uno spazio in cui le nostre regole, subalterne a quelle ‘‘caotiche,, della natura spontanea, perdono improvvisamente ogni valore. La foresta è uno spazio intriso di contraddizioni: al contempo attrae ed inquieta, nutre e priva, conforta e minaccia, offre scorci di intimo raccoglimento e disorienta con l‘ idea della sua sterminata estensione. Essa, così come la terra, possiede caratteristiche creative, metamorfiche e cicliche tipicamente femminili: il suo ventre oscuro inghiotte carcasse, miceti, sterco, fogliame putrefatto e vecchi ceppi metabolizzandoli in umido e fecondo humus; un‘ infinità di invisibili spore e minuscoli semi vi si posano ansiosi di germogliare, i più adatti attecchiscono e penetrano con le loro radici le profondità della terra traendone forza e nutrimento per ergere, come piccoli Yggdrasil, il fiero tronco e il ventaglio verso l' alto. La foresta, luogo d'ombra e di immersione, rappresenta lo scenario ideale per la messa in scena delle fasi strutturali dell' individuazione: smarrimento, vagabondaggio, ricerca, incontro, azione eroica, ritorno a casa, o, più semplicemente: separazione, morte simbolica e aggregazione. ‘‘La foresta, come simbolo onirico, è ricca di molti elementi di natura anche contraddittoria, innocenti o minacciosi: vi si raccoglie cioè che forse un tempo potrà affiorare ai livelli consci della nostra esistenza civilizzata,, Ernst Aeppli. La foresta è un elemento ricorrente nella nostra cultura letteraria ufficiale, oltre che popolare: In una selva oscura Dante inizia il suo viaggio attraverso regni ultraterreni; attraversando la foresta Polífilo compirà il viaggio iniziatico verso l‘ amore platonico; nell' isolamento del bosco, mistici, eremiti ed asceti trovano il luogo ideale per accedere a stati superiori di coscienza; attraversando scenari silvestri disseminati di tranelli e pericoli, i protagonisti delle fiabe e gli eroi della letteratura cavallersca medievale superano le difficili prove che li condurranno all' affermazione personale, erotica e sociale. La foresta è stata per millenni teatro della nostra evoluzione. Scegliendo di attraversarla avremmo avuto la possibilità di conoscere nuovi sentieri, trovare nuovo nutrimento per noi e i nostri figli, raccogliere legna per scaldarci, cuocere il cibo, fondere il metallo, costruire la nostra casa, i nostri suppellettili e le nostre armi. Ma inoltrarsi nel bosco implicava, ed implica, inevitabilmente la possibilità di smarrirsi, di essere attaccati, di ferirsi, avvelenarsi, di non essere uditi o soccorsi in caso di bisogno: la foresta ha il potere di distruggere le nostre velleità di controllo mettendo in luce tutta la nostra vulnerabilità. Il bosco seleziona gli individui più forti e/o intelligenti e/o ''fortunati'' inghiottendo, senza possibilità di appello, tutti gli altri, rendendoli così immediatamente utili al ciclo biologico. Il folklore e la nostra risposta fantastica di fronte ai prodigi fenomenici naturali, hanno da sempre popolato la foresta di fantastiche entità duali, ibride tra uomo e fiera, tra razionale e selvaggio, tra sensibile e incomprensibile: divinità paniche, gnomi, elfi, fate, troll, streghe, nix, uomini selvatici, orsi e lupi parlanti: esseri in grado di possedere e controllare i poteri propri della natura: metamorfosi, moltiplicazione, distruzione. Personaggi ora benevoli e seducenti pronti a mettere alla prova e premiare la nostra moralità, ora ostili e spaventosi, suscitanti terror pánico personificazioni ‘‘ di componenti primitive pericolose del nostro essere, poiché, la nostra natura, come si sa, non è (grazie al cielo! n.d.t.) esclusivamente positiva,, (E. Aeppli) In molte culture antiche è simbolo di forza penetrante. Fra le pitture delle caverne cultali della prima età della pietra, raffigurazioni di grandi buoi selvatici, assieme a quelle di cavalli, rappresentano il motivo più frequente (winset e Ur); In origine il toro dovette essere un‘ impressionante incarnazione della forza vitale e della potenza virile, anche se dal punto di vista simbolico l‘ interpretazione resta discordante. Mentre da un lato colpiscono la sua forza e la sua natura selvaggia, l‘ ottusa brutalità dei suoi attacchi, così come sperimentata dall' uomo, incute paura.
Dal punto di vista storico-religioso il ruolo del toro è estermamente significativo: ha a che fare con innanzitutto con la capacità riproduttiva dell‘ animale; altrettanto significativo è il suo corno che ricorda la falce della luna. Vi sono innumerevoli riti simbolici che hanno a che fare con la vittoria sul toro (dominio) o con il suo sacrificio. I culti dell‘ antica Creta, presumibilmente noti in forma analoga anche in altree culture, fanno del toro il soggetto di danze a carattere atletico-artistico, mediante le quali l‘ uomo dimostra la sua superiorità sulla natura dell‘ animale, che egli avverte come ottusamente ferina (mi viene in mente il rapporto Atena-Ares). Anche l‘ aspirazione ad addomesticare la bestia deriva da ciò. Fertilità-morte-resurrezione sono spesso collegate al toro, come nel culto tardo-antico di Mitra. La corrida diffusa nell‘ Europa sud-occidentale può essere considerata, più che una competizione sportiva, una forma ritualizzata di ludi taurini tardo-mediterranei, culminanti con il sacrificio di questo rispettato e temuto rappresentante dell‘ incoercibilità delle forze naturali (!!!) Da ‘‘Coscienza inconscio e individuazione,, C.G. Jung
'' Studiando accuratamente le personalità archetipiche e la loro condotta, aiutandoci con i sogni, le fantasie, le idee deliranti dei pazienti, restiamo profondamente colpiti dal loro rapporto vasto e immediato con le rappresentazioni mitologiche. Esse formano una sorta di singolari entità cui volentieri attribuiremmo un io cosciente: ne sembrano infatti quasi capaci. Ma quest' idea non trova nessuna conferma nei fatti. Niente del loro comportamento parla a favore di un io cosciente quale noi lo intendiamo. Al contrario, esse portano tutti i segni delle personalità frammentarie: simili a maschere, a larve, senza problemi, senza autoriflessione, senza conflitti, dubbi, dolori, quasi fossero dèi sprovvisti di una qualunque filosofia: come gli dèi brahmanici della Samyutta-Nikaya, le cui erronee opinioni ebbero bisogno della rettificazione del Buddha. A differenza di altri contenuti, esse rimangono sempre estranee nel mondo cosciente. Sono perciò come degli intrusi, degli importuni che saturano l‘ atmosfera con la sensazione di sinistri presagi o con l‘ angosciosa idea del disturbo mentale. Se esploriamo il loro contenuto riscontriamo innumerevoli connessioni arcaiche e storiche, ossia immagini di natura archetipica. Questa particolarità consente di trarre conclusioni riguardo la ''localizzazione'' dell' Anima e dell' Animus all' interno della struttura psichica: essi evidentemente vivono e funzionano nei più profondi strati dell‘ inconscio, in particolare in quel profondo strato filogenetico da me denominato inconscio collettivo. Questa localizzazione spiega in gran parte la loro stranezza: al mondo effimero della nostra coscienza essi comunicano una vita psichica sconosciuta, appartenente a un lontano passato; comunicano con lo spirito dei nostri ignoti antenati, il loro modo di pensare e sentire, il loro modo di sperimentare la vita e il mondo, gli uomini e gli dèi. L‘ esistenza di questi strati arcaici costituisce presumibilmente la fonte della credenza nella reincarnazione e nel ricordo di vite anteriori. Come il corpo umano rappresenta una sorta di museo della sua storia filogenetica, lo stesso avviene per la psiche. Noi non abbiamo nessun motivo di supporre che la struttura specifica della psiche sia l‘ unica cosa al mondo a non avere storia al di là delle sue manifestazioni individuali. Perché negare che la nostra coscienza ha una storia che abbraccia circa 5000 anni? Soltanto l' io cosciente comincia perpetuamente daccapo e trova una rapida fine. La psiche inconscia, invece, non solo è infinitamente antica ma ha la possibilità di estendersi a un altrettanto lontano avvnire. Essa forma la species humana di cui è un elemento costitutivo: come il corpo che, effimero nell‘ individuo, collettivamente è senza etÀ.,,. Nella sua teoria dei colori Goethe lo definisce: ‘‘un colore allegro, vivace e delicato, che però scivola facilmente nello sgradevole, perché la più piccola mescolanza lo rende senza valore, sgraziato, sporco. In generale si tollera soltanto una punta di rosso per donargli un po' di vivacità.,, Secondo Kandinskij: ‘‘il giallo è dotato di una follia vitale, prorompente, di un'irrazionalità cieca; viene paragonato al suono di una tromba, di una fanfara. Il giallo indica anche eccitazione quindi può essere accostato spesso al rosso ma si differenzia da quest'ultimo. (...) “il giallo assume una sfumatura verde se si tenta di raffreddarlo. Diventa malato e assente, come un uomo pieno di ambizioni e di energie che viene inibito da circostanze esteriori” Nel simbolismo popolare dei colori è associato all' invidia e alla gelosia, probabilmente a causa dell' umore corporeo che gli antichi chiamavano ‘‘bile gialla‘‘ associato alla collera (vedi teoria dei quattro umori). Frequentemente il giallo è associato al sole. Secondo E. Aeppli il giallo ‘‘è il colore dell' istinto che si irrita molto facilmente, del presentimento e del sospetto, ma ravvivati da un' intrusione di una peculiare energia solare.,,. Il giallo oro (ocra gialla) simboleggia la luce divina e la fiamma della sagezza; il giallo pallido invece l‘ aggressione subdola come si può vedere nelle raffigurazioni dell‘ abito di Giuda. Secondo la tradizione alchemica il giallo (citrinitas) indica un grado della trasmutazione della materia in direzione della pietra filosofale nel suo passaggio dall‘ annerimento (nigredo) all‘ arrossamento (rubedo). Cennino Cennini sosteneva che: «è di color più vago giallo resimigliante, all'oro, che color che sia» A partire dal XIII secolo, con l’affermarsi deciso dell’oro come valore assoluto, il giallo assume un significato negativo, delineandosi come una degenerazione delle qualità materiali, luminose e morali dell’oro. La stessa araldica rispecchia fedelmente questa concezione attribuendo nobiltà assai maggiore all'oro rispetto al giallo che si usava, accostato al verde, per designare: “… stemmi immaginari attribuiti a personaggi che hanno perduto la ragione, momentaneamente (come Tristano) o definitivamente (come l’insensato del libro dei Salmi)”. La coppia cromatica giallo/verde distingueva anche i folli, i buffoni, e, quanto più il giallo tendeva al verde, tanto più era considerato negativo. Il giallo, specialmente nel suo più alto grado di saturazione e luminosità, può assumere però anche una valenza positiva o, quantomeno, neutra come dimostrano le vesti gialle comunemente attribuite ad alcuni santi come San Giuseppe o San Pietro. Di giallo o di giallo-verdastro sono connotati i traditori e, su tutti, il popolo ebraico deicida e Giuda. Fra le celebri raffigurazioni di Giuda avvolto nel suo mantello giallo ricordiamo quella di Giotto nella Cappella degli Scrovegni. Il giallo è il colore più prossimo alla luce (bianco); è centrifugo e irraggiante; rimanda ad un accumulo di energia che sfoga in sé stessa; possiede equilibrio, capacità di mediazione, gioia, apertura e vitalità se contaminato dal rosso; rigidità freddezza e malattia se contaminato dal blu; distacco dalla realtà, follia. Con gradazione rossa (arancione) è considerato il colore dell‘ illuminazione spirituale. Se il giallo fosse musica: ‘‘Queste opere sono spesso rudimentali ... esse sono caricate, forse in modo più forte rispetto alle opere di artisti celebrati, con tutto ciò che si chiede al lavoro dell‘ arte: bruciante tensione mentale, invenzioni senza freno, libertà totale. Folle? Sicuramente. Potete voi concepire un‘ arte che non sia folle?..
J. Dubuffet, 1976 ‘‘Noi riteniamo che queste opere, frutto della solitudine e di un puro e autentico impulso creativo (ove non interferiscono aneliti di competizione, di applauso e di promozione sociale), sono più preziose di ciò che producono gli artisti professionisti. Anzi, di fronte a queste opere noi proviamo il sentimento che l’arte culturale sia, nel suo complesso, il gioco di una società futile, una fallace parata.,, J. Dubuffet, 1967 Etimologicamente la parola rosso deriva dalla radice indoeuropea rudh- o reudh- (in sanscrito, se usata come sostantivo (rudh-iràm) significava sangue, se usata come aggettivo significava rosso ).
Sottoforma di ossido di ferro ha accompagnato il cammino dell' umanità a partire dalla preistoria ed è visibile nelle testimonianze rupestri dell' era glaciale. L‘ Homo neanderthalensis usava seppellire i morti dopo averli cosparsi di ocra rossa (un derivato dell‘ ematite utilizzato anche per le pitture parietali e la colorazione di feticci a fini magico-religiosi). È probabile che il pigmento rosso avesse un riferimento metaforico al sangue (i giacimenti di ocra rossa somigliano a ‘‘ferite della terra,,) ed è possibile che si distribuisse sul cadavere affinché potesse, in qualche modo, infondere colore e simbolicamente nuova vita (1). Generalmente il rosso viene considerato come un colore aggressivo, vitale, ricco di energia; esso è legato al fuoco e all' amore ma anche alla lotta per la vita. Secondo la tradizione avrebbe sui caratteri malinconici ed introversi un effetto perturbante e opprimente. Nella simbolica vera e propria il rosso si presta a molteplici interpretazioni molto diverse l' una dall' altra. Nell' Antico Egitto aveva un significato positivo solo quando indicava la corona rossa del Basso Egitto.Il rosso veniva messo in relazione diretta col malvagio Sutech (Seth) e con l´altrettanto malvagio dio Apopi (Apophis) il serpente. Nei papiri i loro nomi erano generalmente scritti in rosso e gli animali rossi, come alcuni tipi di cani allora diffusi in Egitto, venivano tenuti lontani dalla comunità, perché il loro colore era associato ad aggressività e violenza. Nell´arte precolombiana dell' antico Messico il rosso veniva impiegato molto raramente e generalmente in relazione col sangue, col Sole, col fuoco e con la rappresentazione del fegato. Presso i Maya era considerato la rappresentazione dell' Oriente, mentre presso gli abitanti degli altipiani dell' antico Messico, il rosso rappresentava il Sud. Nell' antica Cina il rosso (hung) era il colore sacro e vitale della dinastia Chou (1050-256 a.C.). Il rosso era anche il colore del dio della felicità che dispensa ricchezza agli uomini. In Europa l‘ abbinamento dei complementari rosso-verde è considerato duro e aggressivo mentre in Cina esprimeva la vitalità in relazione. Gli uomini dai capelli rossi erano considerati in Cina mariti duramente provati dalla vita matrimoniale e destinati ad una morte prematura. Nell' arte cristiana tradizionale il rosso era il colore del sangue sacrificale di Cristo e dei Martiri, dell' amore fervido (rossa era la veste di Giovanni prediletto tra gli apostoli), e della fiamma pentecostale dello Spirito Santo. Il rosso della veste dei cardinali indicava che chi portava tale veste doveva sempre essere pronto a versare il proprio sangue per la difesa della Chiesa. Nei peramenti sacri il rosso è il colore indossato nella celebrazione dei martiri, dello Spirito Santo, e della Passione. Anche le prostitute adottarono il rosso nel loro vestiario e di rosso venivano dipinti gli idoli pagani. Nell' Apocalisse di Giovanni la ‘‘grande prostituta‘‘ Babilonia madre delle prostitute e di ogni atrocità terrena era vestita di ‘‘porpora e di rosso scarlatto,,; essa cavalcava un mostro a sette teste: ‘‘un rosso animale pieno di orribili vizi,,. Il rosso divenne poi il colore dell' inferno, del diavolo, e degli animali e personaggi sospetti che la tradizione ha connesso al mondo infernale (volpi, scoiattoli, persone dai capelli rossi). Nelle fiabe europee il rosso è spesso associato alla funzione iniziatica -e quindi implicitamente sacrificale- del menarca (rosaspina, cappuccetto rosso, scarpette rosse). Nella simbologia popolare il rosso, oltre ad avere funzioni apotropaiche (corallo protettivo, cornetti porta-fortuna, bracciali anti-malocchio), è il colore dell‘ amore e della passione. Di notte le luci rosse indicano intimità, prostituzione; nei segnali stradali il rosso indica pericolo o stop!. Nell' Alchimia il rosso insieme al bianco costituisce un sistema dualistico e simboleggia il principio originario dello zolfo (sulphur et mercurius) ‘‘il fiammeggiante,,. Questa polarità potrebbe dipendere dall' antica opinione che quando il sangue (mestruale) si incontri con lo sperma (bianco) possa nascere una nuova vita. Per questo motivo bianco e rosso divennero simboli della creazione. Secondo V. Kandinskij il rosso: ‘‘è caldo, vitale, vivace, irrequieto ma diverso dal giallo, perché non ha la sua superficialità. L'energia del rosso è consapevole, può essere canalizzata. Più è chiaro e tendente al giallo, più ha vitalità, energia. Il rosso medio è profondo, il rosso scuro è più meditativo. È paragonato al suono di una tuba.,, Il rosso al polo inferiore condensa energia violente, distruttive, necrofile (Thanatos), al polo superiore energie creative, biofile, creatività, sessualità, (Eros). Post correlato: rosso sangue |
AUTORE:
Eleonora De Simoni Categorie
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Luglio 2024
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