Le figure del mito -che litigano, imbrogliano, hanno ossessioni sessuali, consumano vendette, sono vulnerabili, uccidono, sono dilaniate- mostrano che gli Dei non sono sono solo perfezione (…) I mitemi in cui compaiono gli Dei sono stracolmi di comportamenti che, da un’ ottica secolare, andrebbero classificati come patologia criminale, mostruosità morale o disturbi della personalità. (…) Ne consegue che la nostra individuale completezza richieda le nostre patologizzazioni. La mitologia classica è, se si vuole, un vero e proprio manuale di psicopatologia; è tutto lì, basta solo leggerlo in questa luce (J. Hillman 2008) È possibile, quindi, domandarsi: se le emozioni appartengono agli Dei, perché danzare il vostro desiderio, dipingere la vostra paura, oppure dare il vostro dolore in prestito alla voce alla voce per trovare le sue parole? (…) La mia risposta a questa domanda è piuttosto semplice. Anche se molti obbiettivi sono possibili, e diversi terapeuti e scuole avranno diverse intenzioni, io non mi impegno nell’ arteterapia né per l’ arte, né il paziente, né per né per l’ emozione. Che altro c’è oltre al prodotto artistico, al paziente e all’ emozione? L’ immaginazione! Poiché l’ arteterapia attiva l’ immaginazione e permette di materializzarsi, cioè di entrare nel mondo attraverso le emozioni del paziente, la terapia con l’ arte deve avere la precedenza su tutti gli altri tipi di terapia. J. Hillman 2002 H. McConeghey apre le porte alla presenza dell’ anima che permea e avvolge il concetto di bellezza: in questo senso non è più possibile pensare alla bellezza solo in termini di piacere e armonia. C’è grande dolore e tristezza in ogni paradigma di bellezza perché esso include l’ ampiezza dell’ umana esperienza. Questo tipo di percezione estetica vede la bellezza in ciò che è sgradevole e duro così come in ciò che è bello e armonioso. Se la presenza dell anima fa pensare a una bellezza più profonda, allora ‘’bellezza’’ significa partecipazione dell’ anima del mondo, anche nelle situazioni piene di dolore e miserabili. Come arteterapeuti, noi siamo al servizio di Afrodite (…) Quando il significato delle opere dei pazienti ci sembra perfettamente chiaro, e non c’ è mistero, possiamo essere sicuri che entrambi non abbiamo riconosciuto la divinità dell’ immagine, o il paziente sta resistendo alla fantasia e sta dissimulando con banali e tradizionali figure e modelli. L’ uso di modelli banali o stereotipati è un tentativo di eludere le richieste di Afrodite, l’ imperativo artistico della psiche. Howard McConeghey, 2003 ‘’Le ancelle di Afrodite erano Inquietudine e Tormento. Partecipare all’ esperienza del mondo significa rispondere esteteticamente. Per gli arteterapauti significa percepire la qualità estetica delle opere d’ arte dei loro pazienti (…) Un’ esperienza artistica può essere il primo passo nel realizzare la bellezza della vita quotidiana. Non è abbastanza scrivere i sogni di qualcuno o dipingere le immagini interiori, la persona deve anche connettere tali immagini con la vita di tutti i giorni. Connettere le immagini psichiche alla vita di tutti i giorni è l’ essenza della creatività.,, Howard McConeghey, 2003 L’ opera d’ arte dei bambini spesso tocca l’ anima con la bellezza degli Dei vista nelle cose ordinarie che contano. La bellezza è la manifestazione rivelatrice della realtà essenziale sotto la materialità oggettiva delle cose. (…) Se noi chiediamo come disegnare diamo per scontato che ci sia un’ autorità che conosce ‘’il modo giusto’’ (…) Solo quando ci troviamo nel regno del tramonto della psiche inconscia possiamo realizzare o rendere reale attraverso l’ arte il valore delle cose ordinarie. Solo in questo regno possiamo immaginare le radici archetipiche delle nostre esperienze individuali. Solo attraverso l’ umiltà e l’ accettazione dell’ autonomia della psiche oggettiva l’ immagine può essere formata con materiali concreti. Qua è dove l’ arte inizia. Questo è il motivo per cui i disegni spontanei dei bambini, degli adulti senza formazione e dei pazienti in arteterapia possono essere chiamati arte. Howard McConeghey, 2003 Howard McConeghey Il Blu come esperienza sinestetica e psichica.
Ci dice Hillman, attraverso "Blu alchemico e unio mentalis": ''Sull'argento sofico di un'immaginazione imbiancata che sa che nell'inargentarsi il blu è presente, e quindi lo vede? La fase blu che separa il bianco dal nero assomiglia alla tristezza che emerge dalla disperazione nel suo procedere verso la riflessione. Riflessione che proviene da una distanza blu, o in essa anche ci introduce, non tanto come un nostro atto di concentrazione, ma come qualcosa che in noi si insinua quale una fredda, isolante inibizione. Questo ritrarsi verticale assomiglia anche a uno svuotarsi, al crearsi di una "capacità" di accoglienza, o di un ascolto profondo - già un presagio dell'argento. Sono queste le esperienze che Goethe associa al blu: «Il blu reca ancora con sé un principio di oscurità... è potente, come colore, ma appartiene alla serie negativa, e nella sua purezza più elevata è quasi una negazione stimolante... una sorta di contraddizione tra eccitazione e riposo. Come ci appaiono blu il cielo in alto e i monti più lontani, così una superficie blu sembra allontanarsi da noi... ci trascina al suo seguito. Il blu ci da un'impressione di freddo e quindi, ancora, ci fa memori dell'ombra. Abbiamo già parlato della sua affinità col nero. Le stanze dipinte di blu puro sembrano in qualche misura più larghe, ma al tempo stesso vuote e fredde... gli oggetti visti attraverso un vetro blu (sono) lugubri e melanconici». Ma la tristezza non è tutta del blu: anche un tumultuoso dissolversi della nigredo può mostrarsi attraverso"blue movies" (film pornografici), "blue language" (linguaggio blasfemo), nell'amour bleu, nei barbablù, nelle "blue murder" (minacce di carneficina), e nel corpo cianotico. Quando insorgono fantasie Animus-Anima di questo genere, perverso, pornografico, agghiacciante o vizioso, è all'interno della transizione del blu verso l'albedo che possiamo situarle; potremo allora cercare tracce d'argento nella violenza, perché vi sono modi di riconoscersi che prendono forma nell'orrore e nell'oscenità. La putrefactio dell'anima genera una nuova coscienza animica, un radicamento psichico che deve includere esperienze infere proprie di Anima, le sue affinità con il perverso e la morte. Il blu scuro del manto della Madonna genera molte ombre, e sono quelle che le danno profondità di comprensione; proprio come la mente formata sulla Luna è vissuta con Lilith, cosicché il suo pensiero non può mai essere ingenuo, non può cessare mai di sprofondare verso le ombre. Il blu protegge il bianco dall'ingenuità. Come Jung afferma, la direzione verticale è associata al blu per tradizione. Le antiche parole greche per il blu servivano anche a designare il mare; in Tertulliano e in Isidoro di Siviglia il blu si riferiva sia al mare sia al cielo, analogamente alla parola greca (bathun) e a quella latina (altus), che implicavano l'alto e il profondo in una sola parola. La dimensione verticale come gerarchia persiste nel nostro linguaggio, nel sangue blu per la nobiltà, nei nastri azzurri delle premiazioni, e in molte immagini mitologiche di "dèi blu": Kneph d'Egitto, le vesti blu di Odino, Giove e Giunone, Krishna e Vishnu, Cristo nel suo ministero terreno, come il Cristo-Uomo blu visto da Hildegard di Bingen. Il passaggio dal nero al bianco attraverso il blu implica che il blu porti sempre il nero con sé. (Fra i popoli africani, per esempio, il nero include il blu, mentre nella tradizione giudaico-cristiana il blu appartiene piuttosto al bianco). Il blu porta nell'imbiancamento tracce di mortifìcatio. Quel che era prima la vischiosità del nero, quale catrame o pece da cui era impossibile liberarsi, si trasforma ora nelle virtù tradizionalmente blu della costanza e della fedeltà; gli stessi eventi foschi appaiono diversi, e gli aspetti tormentati e sintomatici della mortificazione - lo scorticarsi, la frantumazione di vecchie strutture, la decapitazione di volontà caparbie, i topi e il marciume della propria cantina personale - cedono il passo alla depressione. Come il blu, perfino il più scuro, non è nero, così la depressione, anche la più profonda, non è la mortifìcatio che significa morte dell'anima. La mortifìcatio è più spinta: le immagini sono compulsivamente imprigionate nel comportamento, la visibilità è zero, la psiche è intrappolata nell'inerzia e nell'estendersi della materia. Una mortifìcatio è un tempo di sintomi. Queste torture della psiche nella physis, inesplicabili e totalmente materializzate, vengono mitigate, in accordo con la sequenza dei colori, da un moto verso la malinconia, che può aver inizio con un rimpianto dolente perfino del sintomo perduto: «Era meglio quando stavo male fisicamente - ora posso soltanto piangere». Estrema infelicità (" blue misery"). Così con l'apparire del blu il sentimento diventa sovrano e il sentimento sovrano è il lamento dolente (Rimbaud equipara il blu alla vocale "O", e Kandinsky al suono del flauto, del violoncello, del contrabbasso e dell'organo). Sono lamenti che portano tracce dell'anima, del suo riflettere e distanziare attraverso l'espressione immaginativa. Qui è più facile capire perché la psicologia archetipale abbia eletto la depressione a via regia del "fare anima": gli esercizi ascetici che chiamiamo "sintomi" (e il loro "trattamento"), la disperazione per la colpa e il rimorso, in quanto decomposizioni della nigredo, trasformano la vecchia personalità dell'Io "riducendola"; ma questa necessaria riduzione è solo preparatoria al senso d'anima, il cui primo apparire è appunto nell'immaginazione venata di blu della depressione. Possiamo dire che il blu sia il prodotto di una collaborazione fra Saturno e Venere. Secondo Giacinto Gimma - un gemmologo settecentesco - il blu rappresenta Venere, mentre il capro, l'emblema saturnino del Capricorno, è l'animale del blu; e il Capricorno, come ricorderete, si estende lentamente dalle profondità alle altezze: immensa distanza e immensa pazienza. Nel recare a Venere una malinconia più profonda e nell'indurre magnanimità in Saturno (un'altra virtù del blu, secondo Gimma), il blu rallenta anche il passo del bianco, perché è il colore del riposo (Kandinsky) e quindi il fattore ritardante nell'imbiancamento. È l'elemento della depressione che suscita dubbi profondi e principi elevati, che vuol dare alle cose un ordine di fondo e definirle per renderle chiare. Questo effetto del blu sul bianco può manifestarsi in sentimenti di servizio, in operosità e disciplinata osservanza delle norme, o in certi simboli civici convenzionali che taluni di questi sentimenti potrebbero assumere, come la Croce Blu, i "blue collars" e le tute blu. Lo stesso effetto può anche manifestarsi nei sensi di colpa e negli scrupoli di coscienza. Vi è infatti un "aspetto morale nell'imbiancamento" - e penso che proprio questo sia l'effetto del blu. L'imbiancamento non implica un venir meno dell'Ombra, né un prenderne coscienza; per me significa invece un più vasto spazio per sostenere le sue altezze e le sue profondità, la sua intera dimensione. L'anima si fa più bianca perché l'Ombra è uscita dal rimosso e si è diffusa nelle diverse ramificazioni della coscienza; come i blu che infondono la profondità dell'ombra e la precisione del corpo nei dipinti a olio, come la goccia blu che fa più bianco il bucato. La peculiarità dell’ombreggiatura dipende dalla proporzione bianco/nero: «Se il nero supera il bianco di un grado, ne risulta un colore blu-cielo». Quanto più nero c'è tanto più scuro è il blu; e anche quelle celestiali aspirazioni, che come lampi azzurri corrono nel lontano blu selvaggio, portano un po' di oscurità, una goccia di putrefazione, una grazia salvatrice di depressione nella loro speranza; e la grazia salvatrice del celeste ("light blu") di Maria sta forse proprio in quel suo "grado di nerezza". Secondo me, la definizione junghiana del blu, come "funzione di pensiero" si connette all'antica associazione del blu con le profondità impersonali del mare e del cielo, con la sapienza di Sophia, con la filosofia morale e la verità. Le immagini dipinte di blu, dice lo pseudo- Dionigi «mostrano la segreta profondità della loro natura»: il blu è «oscurità resa visibile». Questa profondità è una qualità della mente, un potere invisibile che permea ogni cosa, come l'aria - e il blu è il colore dell'elemento aereo, come l'Alberti scrive nella sua grande opera Della Pittura. Quando i blu più scuri si presentano in analisi, io mi preparo, prevedendo che ci attendano ora le altezze e le profondità di Animus e Anima, o dell'Animus dell'Anima, come talora lo chiamano gli junghiani. (Sapevate che "blue-stocking" significava donna colta, che "blueism" significava "il possesso o l'ostentazione di cultura in una donna", e che il semplice termine "blue" significava un tempo "amante della letteratura"?). Questi blu scuri sono inflazioni dell'impersonale, del nascosto; ma non sono euforici nella loro inflazione, si presentano invece come ponderosi pensieri filosofici, giudizi sul bene e sul male, e sul luogo della verità in analisi. E tuttavia quel che sembra, e in effetti è, così profondo, in realtà è distaccato e lontano dalle cose immediate. Ciò di cui stiamo parlando «sembra allontanarsi da noi» e «trascinarci al suo seguito» (Goethe), con i modi seducenti di Anima. Ricordare che l'Animus dell'Anima è uno spirito psichico che cerca di illuminare l'anima, sprofondandola o innalzandola verso le verità impersonali, mi aiuta a meglio destreggiarmi in queste sedute analitiche; sono arrivato a capire, grazie a Goethe, che in questi colloqui blu-scuro di "negazione stimolante" (pensieri negativi dell'Animus, giudizi negativi dell'Anima), è riposto un tentativo di ricerca dell'anima. È un'opera di distanziamento e di distacco (Goethe) che si va compiendo, uno sforzo di riflessione che è tuttora intriso di nigredo, perché scava troppo in profondità e preme troppo forte, trascurando le superfici immediate da cui l'argento trae la sua luce; e tuttavia quelle stesse "negatività", che ossessionano a tal punto la riflessione con fosche intuizioni e "ruminazioni" depressive, dilatano lo spazio psichico svuotando la stanza (Goethe) delle sue precedenti strutture. Quando l'anima tenta di aprirsi una via di uscita dall'oscurità, attraverso faticose meditazioni filosofiche, ha luogo allora l'imbiancamento: l'Animus è al servizio dell'Anima. Persino la negatività dell'umore e della critica, e il mio stesso ritrarmi, che avverto durante questi esercizi, appartengono a questo percorso blu verso il bianco. La nigredo non ha termine in un'esplosione o in un piagnucolio, ma impercettibilmente passa nel soffio dell'anima (anima) con un sospiro. Ci può essere di aiuto ricordare un'immagine di Rabbi ben Jochai riportata da Scholem: la fiamma ascendente è bianca, ma proprio alla sua base, come un piedistallo, vi è una luce blu nera la cui natura è distruttiva. La fiamma blu nera attira le cose e le consuma, mentre il biancore continua a fiammeggiare al di sopra. Il blu distruttivo e il bianco sono racchiusi nello stesso fuoco, ed è in virtù della sua stessa inerenza alla nigredo - commenta Scholem - che la fiamma blu può consumare l'oscurità di cui si nutre. Gli aspetti che siamo andati scoprendo in questa amplificazione mettono in rilievo l'importanza del blu nel processo alchemico. Qualcosa di essenziale andrebbe perduto se l'apparire del bianco non fosse che il risultato di una liberazione dall'oscurità; qualcosa deve incorporare nell'albedo una risonanza, una fedeltà a quel che è accaduto, e trasmetterne la sofferenza con un'altra sfumatura: non più come dolore lancinante, come decomposizione o come memoria della depressione, ma come valore. Il valore fa parte della fenomenologia dell'argento: il senso del valore delle realtà psichiche non si genera soltanto dal sollievo alla più nera disperazione. È proprio il blu che da valore al bianco, nei modi che abbiamo indicato, e specialmente con l'introdurre preoccupazioni di ordine morale, intellettuale e religioso; così portando alla mente imbiancata una capacità di valutare le immagini, di dedicarvisi con devozione, e un senso della loro verità, invece di riflettere semplicemente lo spettacolo che offrono considerandolo una fantasia. È il blu che da profondità all'idea di riflessione, al di là della sola nozione del rispecchiarsi, inducendola verso nozioni ulteriori, quali il ponderare, il considerare, il meditare. Si dice che i colori che annunciano il bianco siano quelli dell'iride e dell'arcobaleno, quelli dei "multi flores", e soprattutto quelli che risplendono nella coda del pavone con i suoi molteplici occhi. Secondo Paracelso i colori sono il risultato di un prosciugarsi dell'umidità: lo si creda o no, c'è più colore nel deserto alchemico che nell'inondazione, più dove l'emozione è minore che dov'è maggiore. L'inaridirsi libera l'anima dal soggettivismo personale e, man mano che l'umidità si ritrae, quella vivacità un tempo posseduta dal sentimento può ora oltrepassarlo, per riversarsi nell'immaginazione - dove il blu è d'importanza straordinaria, perché è il colore dell'immaginazione tout court. Per fondare questa apodissi non mi limito a quel che finora abbiamo esplorato - l'umor malinconico ("blue mood") che favorisce il fantasticare, il cielo azzurro ("bluesky") che suscita l'immaginazione mitica chiamandola alle mete più distanti, il celeste di Maria, epitome occidentale dell'Anima, e la sua funzione di stimolo nel "fare immagine", la rosa blu del romanzo, un pothos che si strugge per ciò che è impossibile, contra naturam (e pothos, il fiore, era una consolida reale blu, o delphinium, posata sulle tombe).,, #blu #hillman #jameshillman |
AUTORE:
Eleonora De Simoni Categorie
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Luglio 2024
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