Non andavo ad un’ esposizione di pittura da moltissimo tempo. Un po’ perché saturata, anestetizzata e nauseata dal troppo ''guardare -e fare- pittura'' e un po’ perché stanca di guardare opere completamente decontestualizzate e lontanissime dall’ esperienza creativa che le ha generate. Da anni ormai, quando, con la massima buona fede, qualcuno mi chiede: ''Eleo, andiamo a vedere la mostra di … (un nome a caso, iper-storicizzato/iper-feticizzato o sepolto tra le lattine di birra da 20 centesimi vuote dell’ ultimo dei centri sociali) entro in uno stato di intorpidimento, di sonno, di trance, di annebbiamento, di pigrizia cosmica, di morte dell’ entusiasmo, di voglia di usare gli ultimi residui energetici per scappare lontano e andare a suonare la fisarmonica. Ci ho provato ancora qualche volta, ma era diventato un po’ come osservare involucri vuoti, un tempo abitati -per alcuni istanti- da freschissima e gloriosa zoé ed ora ridotti a corpi morti appesi a un muro, feticci esauriti e vagamente patetici sui quali riversare le proprie proiezioni o -peggio- attraverso i quali raccogliere le proiezioni del curatore, del critico, dello storico, del commerciante di turno, facendole -per pigrizia soprattutto- proprie. Esperienze degne e legittime per chi ne abbia necessità, ma che per me, in questo momento sanno troppo di ‘’forma’’, di attaccamento, di passato-e-futro, di anti ‘’hic et nunc’’, di stasi, di ego, di loop auto-contemplativo, di prigione, di sonno. Questa esposizione è stata completamente diversa. Lo scorso anno ho visitato lo studio di Küsnacht nel quale Jung riceveva i suoi pazienti e quest’ anno ho potuto vedere le immagini che lì dentro -e dentro la relazione analista-paziente- hanno preso forma: immagini fisiche che raccontano delle ‘’immagini vere’’. Andarci è stata un’ urgenza. Una gioia. Ci sono andata con la mia famiglia: era prezioso per me raccogliere le impressioni semplici e senza pregiudizio dei bambini e quelle appartenenti ad un altro universo di mio marito. Mi sono relazionata a questi dipinti dopo una lunga meditazione. Non ho letto nulla a proposito dell’ esposizione (anche perché era tutto in tedesco, lingua -per me/per ora- appartenente alla testa e non al cuore). Ho cercato -per quanto possibile- di lasciare fuori dal Lagerhaus tutte le mie aspettative, tutti i miei pregiudizi, tutte le mie idee, tutte le nozioni che ho accumulato in modo a volte ossessivo. Ho cercato di entrare ben radicata e ben centrata, in modo che la relazione con ogni manufatto fosse della qualità più semplice e sottile possibile. Vi erano dipinti di vario genere: alcuni iper-difesi, tecnicamente sorprendenti o accompagnati da testi e frasi tipicamente Junghiane che sembravano appartenere a pazienti colti, forse un po’ ‘’fan’’, e in fase di inflazione analitica. Altri, invece, parlavano direttamente all’ anima, nella sua lingua madre che è il silenzio. Come minuscoli buchi neri ti inghiottivano, ti portavano per alcuni brevissimi istanti in ''quell' altrove'', ti mostravano alcune tessere dell’ immenso mosaico dell’ inenarrabile, il ''fiume di sotto'', quello che a volte irrompe -dolcemente, se siamo fortunati- e incrina la superficie del sistema di pseudo-certezze al quale viviamo disperatamente aggrappati, rivelandoci un rapido riflesso della remota luce del numinoso. Gli ultimi 20 minuti sono rimasta completamente sola nel museo. Immersa nel silenzio, in quelle immagini intime e generose, conservate con una cura sorprendente, che galleggiavano in una luce dorata e surreale mischiata al profumo e al suono del legno che cedeva sotto ogni passo. Mi sono sentita un po’ immagine, un po' umano, un po' analizzanda, un po’ analista, un po’ ‘’voyeur’’, un po’ sorella -in senso cristiano-, un po’ tutte queste cose insieme simultaneamente. Un’ esperienza ricca di Senso! Ci sono ancora 3 giorni di tempo per visitarla. ‘’Osservi che aspetto crudele hanno i bianchi: le loro labbra sono sottili, i loro nasi affilati, i loro visi sono tesi e torturati dai loro pensieri, i loro sguardi sono fissi: stanno sempre cercando qualcosa. Cosa cercano? I bianchi vogliono sempre qualcosa, sono sempre nervosi e irrequieti… noi non sappiamo cosa vogliono, non lo capiamo… pensiamo che siano semplicemente pazzi,,
da una conversazione tra Ochwìa Biano (Lago Di Montagna) capo dei Pueblos Taos e C. Gustav Jung Non c'è nulla da dire sulla visita alla Torre. Non ci sono proprio le parole. Ci sono immagini, belle, intense, increndibili, susseguitesi, ora sinusoidalmente, ora toricamente verso il basso/centro e poi verso l' alto/periferia e poi di nuovo giù verso il centro. L' incontro ''casuale''col nipote A. sulle colline di Herrliberg circa 7 anni fa, le visite -simili a pellegrinaggi-, l' incontro con una donna stupenda al cancello della torre (organizzato dall' ''Homo Salvadego di Sacco'' e da una certa iconografia di Maria di Magdala), altre visite-pellegrinaggi, l' invito per un the, sul muretto a strapiombo sull' acqua, seduta sul suo fazzoletto bianco steso con cura per proteggermi i vestiti, la teiera in ghisa nera, poche parole -l' utilità delle parole è così sopravvalutata !!!- e l' arrivo di Hermes: maschile, messaggero, tessitore di relazioni che rende tutto più reale, più concreto, denso e materico. Compagni di viaggio meravigliosi, energie maschili intense, stimolanti e tempranti. Ecco qualche fotografia, le più ''neutre'' e discrete: non mi fa sentire bene pubblicare i dettagli intimi di un ''luogo sacro'' ''Sono sopravvissuta all’ emozione, ed oggi si è avverato un sogno… anzi, IL sogno!
Un sogno incubato 7 anni e realizzatosi in una straordinaria giornata di luce e sole grazie ad un’ incredibile trama sincronica di eventi, persone, luoghi, momenti, immagini, relazioni. Ho avuto l’ opportunità di visitare il più magico dei luoghi magici, di guardare negli occhi Atmavictu, di conoscere Ym che fa splendere il sole, di vagare qualche istante per le oscure regioni del cosmo con Telesforo, di spingere la sfera con l’ Orsa, di giocare con Mercurio-burlone, di condividere momenti intimi, preziosi e commoventi coi componenti di questa straordinaria famiglia. Voglio ringraziare tutte le persone che hanno reso possibile questo miracolo: In ordine più o meno cronologico, grazie a Carl, Werner, Elena, Giulia, Robert, Jost, Andreas e grazie ai miei adorabili compagni di viaggio. ora mi ci vorranno 10 anni per metabolizzare e comprendere tutto quello che mi è successo là dentro <3,, premessa: ho tradotto a braccio, benvenutissimo chiunque abbia voglia di fornire una traduzione migliore :-)
29 Novembre 1935 Cara Signora Patzelt, ho letto pochi libri di Rudolf Steiner e devo confessare di non aver trovato in essi la benché minima utilità per me. Dovete capire che io sono un ricercatore e non un profeta. Ciò che conta per me è ciò che può essere verificato con l' esperienza. Ma non sono interessato in tutto ciò che può essere speculato senza nessuna prova. Tutte le idee che Steiner propone nei suoi libri si possono già trovare nelle fonti indiane. Tutto ciò che non può essere dimostrato nel dominio dell' esperienza umana, non rientra nei miei interessi e se qualcuno afferma di saperne di più gli chiedo di fornirmi le prove necessarie. Ho letto un paio di libri sull' antroposofia e un buon numero sulla teosofia. Ho anche conosciuto molti antroposofi e teosofi e purtroppo ho scoperto che questo genere di persone immagina e sostiene ogni sorta di cose senza essere in grado di offrire alcuna prova. Non ho nessun pregiudizio nei confronti delle più grandi meraviglie a patto che qualcuno mi porti le prove necessarie, né esiterei a sostenere una verità che può essere dimostrata. Ma mi guardo bene dall' aderire al gruppo di coloro che si avvalgono di affermazioni non dimostrate per erigere un sistema del mondo che non poggi su una base concreta. Fintanto che Steiner non è o non è stato in grado di capire le iscrizioni ittite riuscendo tuttavia a comprendere il linguaggio di Atlantide, della cui esistenza nessuno è certo, non c'è ragione per entusiasmarsi per nulla di ciò che il signor Steiner ha detto. Sinceramente vostro C. G. Jung 29 November 1935 Dear Frau Patzelt, I have read a few books by Rudolf Steiner and must confess that I have found nothing in them that is of the slightest use to me. You must understand that I am a researcher and not a prophet. What matters to me is what can be verified by experience. But I am not interested at all in what can be speculated about without any proof. All the ideas that Steiner advances in his books you can also read in the Indian sources. Anything I cannot demonstrate in the realm of human experience I let alone and if someone should assert that he knows more about it I ask him to furnish me with the necessary proofs. I have read a few books on anthroposophy and a fair number on theosophy. I have also got to know very many anthroposophists and theosophists and have always discovered to my regret that these people imagine all sorts of things and assert all sorts of things for. Which they are quite incapable of offering any proof. I have no prejudices against the greatest marvels if someone gives me the necessary proofs, Nor shall I hesitate to stand up for the truth If I know it can be proved. But I shall guard against adding to the number of those who use unproven assertions to erect a world system no stone of which rests on the surface of this earth. So long as Steiner is or was not able to understand the Hittite inscriptions yet understood the language of Atlantis which nobody knows existed, there is no reason to get excited about anything that Herr Steiner has said. Yours very truly, C.G. Jung [Letters of C. G. Jung, Volume 1, 1906-150 Page 203-204] Lapis Philosophorum from Tale(s) magazine on Vimeo.
Orphanus sum, solus tamen ubique reperior, unus sum sed mihi contrarius, iuvenis et senex simul, nec patrem nec matrem novi, quia levandus sum e profundo ad instar piscis, seu delabor a coelo quasi calculus albus, nemoribus montibusque inerro, in penitissimo autem hominem delitesco, mortalis in unumquodque caput, non tamen tangor temporum mutatione.
Ich bin ein Waise, allein; dennoch werde ich überall gefunden - Ich bin Einer, aber mir selber entgegengesetzt. Ich bin Jüngling und Greis zugleich. Ich habe wede Vater noch Mutter gekannt, weil man mich wie einen Fisch aus der Tiefe herausnehmen muss. Oder weil ich wie ein weisser Stein vom Himmel falle. In Wäldern und Bergen streife ich umher, aber ich bin verborgen im innersten Menschen. Sterblich bin ich für jedermann, dennoch werde ich nicht berührt vom Wechsel der Zeiten. I am an orphan, alone yet encountered everywhere, single yet opposed to myself, young and old at the same time, neither father nor mother did I know, for I am to be raised from the depth in likeness of the Fish, or I descend from heaven like the White Stone, through groves and mountains do I wander, yet I hide in innermost man, am mortal within every single head, and still am not touched by the changing of the seasons. "Das erste Mandala hatte ich 1916 gemalt [...]. Natürlich hatte ich es nicht verstanden. 1918/19 war ich in Château d'Oex Comandant de la Région Anglaise des Internés de Guerre. Dort skizzierte ich jeden Morgen in ein Carnet eine kleine Kreiszeichnung, ein Mandala, welches meiner jeweiligen inneren Situation zu entsprechen schien. Anhand der Bilder konnte ich die psychischen Wandlungen von Tag zu Tag beobachten. [...] Nur allmählich kam ich darauf, was das Mandala eigentlich ist: 'Gestaltung - Umgestaltung des ewigen Sinnes: ewige Unterhaltung'. Und das ist das Selbst, die Ganzheit der Persönlichkeit. Meine Mandalabilder waren Kryptogramme über den Zustand meines Selbst, die mir täglich zugestellt wurden. Ich sah, wie das Selbst, d.h. meine Ganzheit am Werke war. Das konnte ich allerdings zuerst nur andeutungsweise verstehen, [...] Ich hatte das deutliche Gefühl von etwas Zentralem, und mit der Zeit gewann ich eine deutliche Vorstellung vom Selbst. [...] Ich weiß nicht mehr wieviele Mandalas ich damals gezeichnet habe. Es waren viele. Während ich daran arbeitete tauchte immer wieder die Frage auf: 'Wohin führt der Prozeß, in dem ich stehe? Wo liegt sein Ziel?' [...] Ich wurde gezwungen, den Prozeß des Unbewußten selbst durchzumachen. Ich mußte mich zuerst von diesem Strom mitreißen lassen, ohne zu wissen, wohin er mich führen würde. Erst als ich die Mandalas zu malen begann, sah ich, daß alles, alle Wege die ich ging, und alle Schritte, die ich tat, wieder zu einem Punkt zurückführten, nämlich zur Mitte. Es wurde mir immer deutlicher: Das Mandala ist das Zentrum. Es ist der Ausdruck für alle Wege zur Mitte, zur Individuation. [...] Eine Bestätigung der Gedanken über das Zentrum und das Selbst erhielt ich Jahre später (1927) durch einen Traum. Seine Essenz habe ich in einem Mandala dargestellt, das ich 'Fenster in die Ewigkeit' bezeichnete. [...] Ein Jahr später malte ich ein zweites Bild, ebenfalls ein Mandala, welches im Zentrum ein goldenes Schloß darstellt. Als es fertig war, fragte ich mich: 'Warum ist das so chinesisch?' - Ich war beeindruckt von der Form und Farbenwahl, die mir chinesisch erschienen, obwohl äußerlich nichts chinesisches an dem Mandala war. Aber das Bild wirkte so auf mich. Es war ein seltsames Zusammentreffen, daß ich kurz darauf einen Brief von Richard Wilhelm erhielt. Er schickte mir das Manuskript eines chinesischen taoistisch-alchemistischen Traktates mit dem Titel 'Das Geheimnis der Goldenen Blüte' und bat mich, ihn zu kommentieren. Ich habe das Manuskript sofort verschlungen; denn der Text brachte mir eine ungeahnte Bestätigung meiner Gedanken über das Mandala und die Umkreisung der Mitte. Das war das erste Ereignis, das meine Einsamkeit durchbrach. Dort fühlte ich verwandtes, und dort konnte ich anknüpfen."
‘‘Lo spirito del profondo mi ha tolto la fede nella scienza, mi ha privato del piacere di spiegare le cose e di classificarle e ha fatto spegnere in me la dedizione agli ideali di questo tempo. Mi ha costretto a calarmi nelle cose ultime e più semplici.Lo spirito del profondo mi ha tolto la ragione e tutte le mie conoscenze per metterle al servizio del' inesplicabile e del paradossale. Mi ha privato del linguaggio e della scrittura per tutto ciò che non stava al servizio di quest' unica cosa, ossia del' intima fusione di senso e controsenso che produce il senso superiore.,,
Liber Novus, Liber Primus Da ‘‘Coscienza inconscio e individuazione,, C.G. Jung
'' Studiando accuratamente le personalità archetipiche e la loro condotta, aiutandoci con i sogni, le fantasie, le idee deliranti dei pazienti, restiamo profondamente colpiti dal loro rapporto vasto e immediato con le rappresentazioni mitologiche. Esse formano una sorta di singolari entità cui volentieri attribuiremmo un io cosciente: ne sembrano infatti quasi capaci. Ma quest' idea non trova nessuna conferma nei fatti. Niente del loro comportamento parla a favore di un io cosciente quale noi lo intendiamo. Al contrario, esse portano tutti i segni delle personalità frammentarie: simili a maschere, a larve, senza problemi, senza autoriflessione, senza conflitti, dubbi, dolori, quasi fossero dèi sprovvisti di una qualunque filosofia: come gli dèi brahmanici della Samyutta-Nikaya, le cui erronee opinioni ebbero bisogno della rettificazione del Buddha. A differenza di altri contenuti, esse rimangono sempre estranee nel mondo cosciente. Sono perciò come degli intrusi, degli importuni che saturano l‘ atmosfera con la sensazione di sinistri presagi o con l‘ angosciosa idea del disturbo mentale. Se esploriamo il loro contenuto riscontriamo innumerevoli connessioni arcaiche e storiche, ossia immagini di natura archetipica. Questa particolarità consente di trarre conclusioni riguardo la ''localizzazione'' dell' Anima e dell' Animus all' interno della struttura psichica: essi evidentemente vivono e funzionano nei più profondi strati dell‘ inconscio, in particolare in quel profondo strato filogenetico da me denominato inconscio collettivo. Questa localizzazione spiega in gran parte la loro stranezza: al mondo effimero della nostra coscienza essi comunicano una vita psichica sconosciuta, appartenente a un lontano passato; comunicano con lo spirito dei nostri ignoti antenati, il loro modo di pensare e sentire, il loro modo di sperimentare la vita e il mondo, gli uomini e gli dèi. L‘ esistenza di questi strati arcaici costituisce presumibilmente la fonte della credenza nella reincarnazione e nel ricordo di vite anteriori. Come il corpo umano rappresenta una sorta di museo della sua storia filogenetica, lo stesso avviene per la psiche. Noi non abbiamo nessun motivo di supporre che la struttura specifica della psiche sia l‘ unica cosa al mondo a non avere storia al di là delle sue manifestazioni individuali. Perché negare che la nostra coscienza ha una storia che abbraccia circa 5000 anni? Soltanto l' io cosciente comincia perpetuamente daccapo e trova una rapida fine. La psiche inconscia, invece, non solo è infinitamente antica ma ha la possibilità di estendersi a un altrettanto lontano avvnire. Essa forma la species humana di cui è un elemento costitutivo: come il corpo che, effimero nell‘ individuo, collettivamente è senza etÀ.,,. «[La nevrosi] è in ultima analisi una sofferenza della psiche che non ha trovato il proprio significato» (C.G.Jung, Opere 11, p.314)
“Nella malinconia si cela una parte molto importante della personalità, un prezioso frammento della psiche, da cui può scaturire la creatività, conferendogli un significato di alta spiritualità catartica. Non dobbiamo cercare di liberarci di una nevrosi, ma piuttosto di fare esperienza di quello che significa per noi e di quello che ci insegna. Dobbiamo addirittura imparare ad esserle riconoscenti. Senza di lei avremmo potuto perdere l’occasione di apprendere chi siamo in realtà: non siamo noi a guarirla, è lei che ci guarisce.” (Carl Gustav Jung) “…non dobbiamo cercare di liberarci di una nevrosi, ma piuttosto fare esperienza di quello che ci insegna. Dobbiamo addirittura imparare ad esserle riconoscenti. Senza di essa avremmo potuto perdere l’occasione di apprendere chi siamo in realtà: non siamo noi a guarirla, è lei che ci guarisce.” (C. G. Jung) «La causa ultima delle nevrosi è qualcosa di positivo che ha bisogno di essere salvaguardato per il paziente stesso; altrimenti egli soffre di una perdita psichica.» (C.G.Jung – La Psicologia del Kundalini Yoga, Seminario tenuto nel 1932, Bollati Boringhieri, gp.174) «Consiglio perciò alle persone che hanno una nevrosi: adesso entraci dentro, vivila, così sei tu ad averla in mano e non è più lei a possederti.» (C.G.Jung – La Psicologia del Kundalini Yoga, Seminario tenuto nel 1932, Bollati Boringhieri, p.138) «La nevrosi è orientata per conseguire un fine» (C.G.Jung, Opere 7, p.40) «Il malato non deve imparare come ci si liberi da una nevrosi, quanto piuttosto come la si possa reggere.» (C.G.Jung) «La nevrosi è una frattura con se stessi. La causa di questa frattura deriva, nella maggior parte degli uomini, dal fatto che la coscienza vorrebbe tener fede al suo ideale morale, mentre l’inconscio tende a un proprio ideale immorale…che la coscienza vorrebbe rinnegare.» (C.G.Jung – Due testi di psicologia analitica) «[…] il trattamento delle nevrosi non è l’equivalente psicologico di una cura termale, ma un rinnovamento della personalità che, come tale, coinvolge tutti gli aspetti e i settori della vita.» (C.G.Jung – La funzione trascendente, Vol.8, p.104) «La teoria delle nevrosi di Freud si attaglia mirabilmente alla natura dei nevrotici, ma l’autore la rende troppo dipendente dalle idee nevrotiche a causa delle quali precisamente la gente è ammalata. Di qui nasce l’impressione (che, sia detto di volo, soddisfa pienamente il nevrotico) che la causa efficiens delle nevrosi risieda in un lontano passato. In realtà la nevrosi si fabbrica da capo ogni giorno, e precisamente attraverso un falso atteggiamento che consiste proprio nel fatto che il nevrotico pensa e sente da nevrotico, pronto poi a trovare una giustificazione nella sua teoria delle nevrosi.» (Jung – Simboli della trasformazione) “Lo scopo principale della psicoterapia non è quello di portare il paziente ad un impossibile stato di felicità, bensì insegnargli a raggiungere pazienza filosofica nel sopportare il dolore. Spesso dietro le nevrosi si nasconde tutto il dolore naturale e necessario che non siamo disposti a tollerare”, (C. G. Jung, 1943). “La nevrosi è un tentativo, talvolta pagato a caro prezzo, di sfuggire alla voce interiore e quindi alla propria vocazione [...]. Dietro la perversione nevrotica si cela la vocazione dell’individuo, il suo destino, che è crescita della personalità, piena restaurazione della volontà di vivere, che è nata con l’individuo. Nevrotico è l’uomo che ha perso l’amor fati; colui, invero, che ha fallito la sua vocazione [...] ha mancato di realizzare il significato della sua vita”, (C. G. Jung, Lo sviluppo della personalità,1932, XVII, pp. 183-184). “La diagnosi è una cosa del tutto irrilevante. [...]. Nel corso degli anni mi sono abituato a trascurare totalmente la diagnosi di specifiche nevrosi. [...] Ciò che veramente conta è il quadro psicologico, che può essere disvelato nel corso della cura oltre il velame dei sintomi patologici”, (C. G . Jung) “Le teorie di Freud e di Adler non danno un sufficiente significato alla vita. Mentre è solo il significato che libera [...]. Essi non sanno dare risposta al problema e al profondo significato della sofferenza dell’anima. Una psiconevrosi deve invece, in ultima analisi, essere intesa come la sofferenza di un’anima che non ha scoperto il senso del suo esistere”, (C. G. Jung) . “Freud ha una ‘teoria.’ Io non ho nessuna ‘teoria’ ma descrivo dei fatti. Non teorizzo sull’origine delle nevrosi, descrivo il contenuto delle nevrosi. Devo sottolineare ciò perché la gente manca sempre di vedere che io parlo di fatti e designo dei fatti, e che i miei concetti sono semplici nomi e non termini filosofici”, (Lettera di Jung a J. Jacobi, 14 Marzo, 1956). “La nevrosi non è un’entità separabile, ma è la totalità della psiche patologicamente turbata. La sconvolgente scoperta di Freud fu proprio che la nevrosi non è un mero insieme di sintomi, bensì un funzionamento difettoso che coinvolge l’anima intera. Quello che importa non è più la nevrosi, ma colui che ne soffre. Dobbiamo fondare il nostro lavoro sull’uomo”, (C. G. Jung, 1943, pp. 93-94). “Mi sembra che le nevrosi siano considerevolmente aumentate parallelamente alla decadenza della vita religiosa… lo stato generale spirituale dell’uomo europeo presenta quasi dovunque una grande mancanza di equilibrio. «La nevrosi è scissione interiore, sdoppiamento di sé. Tutto ciò che favorisce questo sdoppiamento la fa peggiorare; tutto ciò che lo attenua la fa migliorare. Il problema della guarigione è un problema religioso. Chi dice (al nevrotico) che è troppo egoista lo spinge sempre più addentro alla nevrosi. E’ proprio l’egoismo dei malati che mi costringe, onde guarirli, a riconoscere il profondo significato dell’egoismo, il quale rappresenta – dovrei essere cieco per non vederlo – un’autentica volontà di Dio. Cioè se il malato riesce – e in ciò devo aiutarlo – a far prevalere il suo egoismo, si estrania dagli altri e li respinge facendoli ritornare in sè. E’ proprio quel che meritano, dato che volevano sottrargli il suo “sacro egoismo”, che deve essergli lasciato perchè è la sua forza più potente e più sana, è, come ho già detto una vera volontà di Dio che lo spinge verso un isolamento spesso totale. Questo stato, seppure quanto mai miserabile, è nel contempo molto utile: poichè soltanto in esso il malato può riconoscersi, può imparare a misurare quale bene inestimabile sia l’amore degli altri uomini; e perchè soltanto nell’abbandono e nella più profonda solitudine si possono incontrare le proprie forze soccorritrici. Il più che diabolico egoismo è la via regia verso il silenzio che l’esperienza religiosa più profonda richiede. E’ la grande legge dell’enantiodromia, del rovesciamento verso l’opposto che rende possibile la congiunzione delle metà nemiche di cui è fatta la personalità, mettendo fine alla guerra civile. E’ come se, al momento culminante della malattia, l’elemento distruttivo si tramutasse in elemento guaritore. Il grande rivolgimento accade cioè nell’istante in cui compaiono nei sogni o nelle fantasie motivi che non si può dimostrare abbiano origine nella coscienza. Il fatto che dall’oscuro regno della psiche si faccia incontro al malato qualcosa di estraneo, che non lo si trova perciò al di là dell’arbitrio personale di questo, agisce come una grande illuminazione. Ritrovato l’accesso alle fonti della vita psichica, il malato comincia a guarire ”, (C. G. Jung).” [...] So per esperienza che ogni coazione, si tratti di una lieve suggestione o insinuazione o di qualsiasi altro mezzo di persuasione, non fa altro, in ultima analisi, che ostacolare l’esperienza più alta e più decisiva: il trovarsi soli con il proprio Sé, o qualsiasi altro nome si voglia dare all’oggettività dell’anima. Essi devono esser soli, non c’è scampo, per far l’esperienza di ciò che li sorregge quando non sono più in grado di sorreggersi da sé. Soltanto questa esperienza può fornir loro un fondamento indistruttibile”, (C. G. Jung, Psicologia e alchimia) . ''Per affetto bisogna intendere uno stato di sentimento caratterizzato sia da un’ innervazione corporea percettibile, sia da un’agitazione specifica del decorso rappresentativo.
Il termine affetto è, per me, sinonimo del termine emozione; ma, a differenza di Bleuer, io distinguo il sentimento dall’affetto, sebbene non ci sia tra i due alcun limite netto, dato che ogni sentimento che raggiunge un certo livello di intensità fa scattare delle innervazioni corporee e si trasforma in affetto. Per comodità, tuttavia, sarà bene distinguere l’affetto dal sentimento: quest’ultimo, effettivamente, può essere una funzione di cui si dispone a propria volontà, mentre in generale l’affetto non lo è. Allo stesso modo l’affetto si distingue nettamente dal sentimento per l’innervazione percettibile del corpo che manca totalmente nel sentimento, o vi si trovano con una intensità così fievole che occorrono degli strumenti particolarmente sensibili per scoprirla. All’affetto si aggiunge la percezione delle innervazioni fisiche che questo fa scattare; è questo il punto di partenza della teoria di James-Lange che fa derivare ogni affetto dall’innervazione fisica che ne sarebbe la causa. In contrapposizione a questa radicale teoria, io considero l’affetto ora uno stato psichico del sentimento, ora uno stato fisiologico d’innervazione, che si aggiungono e agiscono l’uno su l’altro; detto in altro modo, al sentimento rinforzato si aggiunge una componente sensoriale che avvicina l’affetto alla sensazione e lo distingue specificandolo dallo stato di sentimento. Io ordino gli affetti nettamente sottolineati, accompagnati cioè da violente innervazioni corporee, non nel dominio della funzione del sentimento, ma in quello della funzione sensoriale.,, C. G. Jung, Tipi Psicologici inchiostro su tela (E. De Simoni 2013)
(da La Dinamica Dell‘ Inconscio, parte V, C. G. Jung 1937) Le principali determinanti del comportamento umano sono gli istinti (fame, sessualità, attività, riflessione, per citare i quattro più importanti), i fattori psichici para-istintuali (creatività, volontà), le modalità semifisiologiche (sesso, età, predisposizione ereditaria) e le modalità psicologiche (coscienza/incoscienza; introversione/estroversione; spiritualità/materialità). La suddivisione di tali concetti ha solo valore accademico, in realtà la psiche è un complicato insieme di tutti questi fattori, e molti altri ancora. La sua caratteristica struttura la rende suscettibile di un‘ infinita variazione individuale e di una grande trasmutabilità. Gli istinti La psiche umana vive in inscindibile unità con il corpo fisico, quindi la psicologia, pur rivendicando l' autonomia del suo campo di ricerca, attinge spesso alla sicurezza scientifica della biologia. I fattori psichici che determinano il comportamento umano sono gli istinti intesi come forze motivanti extra-psichiche, dinamiche, automatizzate ed universali dell' accadere psichico. Una caratteristica fondamentale dell‘ istinto è l‘ obbligatorietà, tale caratteristica è di origine extrapsichica ma produce, in relazione alle varie situazioni, delle immagini a livello psichico che determinano il comportamento umano. L‘ aspetto extra-psichico dell‘ istinto corrisponderebbe al puro stimolo, mentre l‘ aspetto psichco dell‘ istinto corrisponderebbe all‘ assimilazione dello stimolo ad una complessità psichica già esistente (psichificazione). Ciò che noi chiamiamo sinteticamente istinto è un dato extra-psichico già psichificato. Con psichificazione si intende quel processo che sottrae dall‘ applicazione biologica l‘ energia puramente istintuale rendendola utilizzabile per altri scopi. L‘ istinto, una volta psichificato, perde la sua univocità (e a volte la sua obbligatorietà) a causa dello scontro con il dato psichico. L‘ istinto è univoco ma la psiche è caratterizzata da una grande capacità di trasmutazione e variazione. Per esempio allo stato di stimolazione fisico univoco e fondamentale per la conservazione della specie che noi chiamiamo fame possono corrispondere molteplici conseguenze psichiche e lo stesso stimolo, combinandosi con altri dati, può assumere le forme più disparate (per esempio forme metaforiche: cupidigia, avidità, insaziabilità di fama e denaro...). Un altro istinto fondamentale è quello della sessualità. Col progredire della civilizzazione sono aumentate le restrizioni di natura morale e sociale, provocando una sopravvalutazione della sessualità. La voluttà che la natura ha associato al compito della riproduzione, è percepita come un impulso a sé stante. Anche la sessualità come la fame, è soggetta a psichificazione, la quale sottrae energia all‘ applicazione biologica puramente istintuale, rendendola utilizzabile per altri scopi. L‘ esistenza di tali scissioni indicano l‘ esistenza di altre forze istintuali sufficientemente forti da modificare l‘ istinto sessuale e deviarlo, almeno in parte, dal suo fine univoco. Esse sono: l‘ istinto di attività, l‘ istinto di riflessione, il fattore creativo. L‘ istinto di attività (che comprende l‘ istinto migratorio, il piacere di cambiare, l' irrequietezza e l‘ istinto del gioco) si desta (funziona) solo quando gli altri istinti sono soddisfatti. L‘ istinto di riflessione (dal latino Reflexio: ripiegamento) si manifesta quando il processo di riflesso convoglia lo stimolo nello scarico istintuale ma la psichificazione lo interrompe. Per esempio stimolo (fame)>il riflesso lo convoglia nello scarico istintuale (mangio)>la psichificazione lo interrompe (aspetto che tutti si siedano a tavola). L‘ istinto è stato trasformato in un'attività endopsichica (riflessione, ripensamento). La riflessione modella il processo di stimolazione e ne guida l‘ impulso in una serie di immagini che viene riprodotta laddove l‘ impulso sia sufficientemente intenso. Gli istinti non sono creativi in quanto organizzazioni stabili e quindi automatizzati. Il fattore creativo è un‘ organizzazione stabile, universalmente diffusa (come gli altri istinti) ma non sempre ereditata, quindi è un fattore psichico di natura simile all‘ istinto. Ai 5 gruppi di funzioni dinamiche sopraelencati (istinti di fame, sessualità, attività, riflessione e fattore creativo) si affiancano differenti modalità della funzione psichica. Esse si dividono in modalità semifisiologiche (età, sesso, fattore ereditario) e modalità psicologiche (coscienza/incoscienza; introversione/estroversione; spiritualità/materialità). Modalità semifisiologiche Sesso, predisposizione ereditaria ed età, pur essendo considerati principalmente dati fisiologici, sono in realtà anche psicologici in quanto soggetti, al pari degli istinti, a psichificazione. Per esempio l‘ età psicologica di un individuo non sempre coincide con quella fisiologica, cosí come la virilità anatomica non coincide con quella psichica. Per ciò che riguarda la predisposizione ereditaria, i fattori determinanti di razza o famiglia, possono essere rimossi da una sovrastruttura psicologica. Molto di ciò che viene considerato eredità è in realtà piuttosto una sorta di contagio psichico, un adeguamento della psiche del figlio all‘ inconscio dei genitori. Modalità psicologiche modalità coscienza/incoscienza Il comportamento di un individuo varia molto a seconda che la sua psiche funzioni in maniera prevalentemente conscia o inconscia. Un atteggiamento di incoscienza estrema è caratterizzato dalla predominanza di processi obbligatori istintivi a discapito della componente intellettuale, mentre un atteggiamento caratterizzato da coscienza estrema è caratterizzato da eccessiva vigilanza, volontà e razionalità a discapito della naturalezza. modalità introversione/estroversione Queste due modalità decidono la direzione degli eventi psichici, ovvero se i contenuti della coscienza saranno indirizzati a oggetti esterni (estroversione) o al soggetto stesso. modalità spirituale/materiale dall‘ esistenza di queste categorie dipendono i sistemi di valori etici, estetici, intellettuali, sociali e religiosi che decidono talvolta in maniera preponderante dell‘ impiego definitivo dei fattori dinamici (istinti, fattore creativo, volontà). I concetti appena descritti hanno puro valore accademico. In realtà la psiche è un complicato insieme di tutti questi fattori e di molti altri ancora. A causa della peculiarità della sua struttura, la psiche è suscettibile di un‘ infinita variazione individuale e di una grande trasmutabilità (caratteristiche in strettissima relazione tra loro dal punto di vista funzionale). La variazione individuale è dovuta al fatto che la psiche non ha una struttura omogenea ma è probabilmente formata di unità ereditarie legate tra loro in modo blando, divenendo così largamente scindibile. La trasmutabilità è dovuta all‘ intervento di influssi che provengono da dentro e da fuori. La scindibilità, fenomeno normale ma più evidente nella psicopatologia, consiste nel distacco di parti della psiche dalla coscienza. Tali frammenti psichici (complessi) appaiono estranei ed autonomi e devono la loro scissione a influssi traumatici o tendenze incompatibili. Analogamente ai complessi si comportano i nuovi contenuti non ancora integrati nella coscienza ma già attivi a livello inconscio (archetipi). L‘ azione istintuale fa parte dei processi inconsci e come tale, oltre ad essere caratterizzata da una certa inconsapevolezza, affiora alla coscienza solo attraverso i risultati ultimi del processo inconscio stesso. Non tutti i processi inconsci sono istintuali. Per esempio la paura dei serpenti è un processo utile, ereditario e collettivo, la paura dei polli (fobia) è una costrizione inconscia ma individuale e non funzionale (come i pensieri ossessivi, le manifestazioni affettive smisurate, la sensazione di angoscia, la depressione, le fantasie ...). Possiamo considerare istinti solo quei fenomeni che sono processi inconsci ereditari, universali, regolari e implicanti una costrizione necessitante ovvero una sorta di riflesso. L‘ istinto è l‘ impulso ad un‘ attività senza motivazione conscia proveniente da una costrizione interiore. L‘ ereditarietà dell‘ istinto non ci aiuta a comprenderne l‘ origine. La tesi dell‘ apprendimento e dell‘ esercizio non è convincente e spesso confutata dalla natura (vedi istinto riproduttivo della Pronuba Yuccasella). Una nuova via per spiegare l‘ istinto è quella dell‘ intuizione. L‘ intuizione è analoga all‘ istinto ma mentre l‘ istinto è un impulso finalistico diretto ad un‘ attività spesso molto complicata, l‘ intuizione è la comprensione finalistica inconscia di una situazione spesso molto complicata. Gli istinti e gli archetipi d‘ intuizione sono contenuti dell‘ inconscio collettivo. Sia gli istinti che gli archetipi, infatti, non hanno nessun riferimento alla storia individuale dell‘ individuo che li esperisce: si tratta quindi di fenomeni collettivi. Gli archetipi (o immagini originarie) sono forme tipiche della comprensione, ovvero forme dell‘ intuizione esistenti a priori (congenite). L‘ archetipo è simile ad un‘ intuizione che l‘ istinto ha di sé stesso, ovvero un‘ auto-raffigurazione dell‘ istinto. Gli istinti inducono l‘ uomo ad un comportamento specificamente umano, gli archetipi costringono la percezione e l‘ intuizione a formazioni specificamente umane. L‘ intuizione quindi causa l‘ attuazione dell‘ istinto. ‘‘La concezione a mezzo dell‘ archetipo è di una precisione incredibile ,, Ogni uomo possiede sia gli istinti che le immagini originarie. Difficile è decidere cosa sia il ‘‘prius,, tra percezione intuitiva e impulso ad agire, probabilmente rappresentano due parti di un‘ unità. da La Dinamica Dell‘ Inconscio C. G. Jung 1928
La coscienza si origina da una psiche inconscia che la precede e che continua a funzionare con o malgrado la cosicenza per tutta la vita. La coscienza è soggetta di continuo alle influenze inconsce, e non di rado queste si rivelano più sagge del pensiero cosciente ( si pensi a certe intuizioni o ‘‘presagi,, risolutivi in situazioni critiche ). L‘ intuizione si può definire come ‘‘percezione per via inconscia,, pag. 24 Normalmente l‘ inconscio collabora discretamente con la coscienza tanto da passare inosservato ma : ‘‘se un individuo o un gruppo sociale si scosta eccessivamente dal fondamento dell‘ istinto, sperimenta allora tutto l‘ impatto delle forze inconsce,, L‘ inconscio può in questi casi agire in aperto contrasto con la coscienza al fine di restaurare l‘ equilibrio perduto. Dell‘ inconscio fanno parte una serie di entità archetipiche autonome che hanno una relazione diretta con le rappresentazioni mitologiche. ‘‘Esse sembrano provviste di un‘ io cosciente. In realtà portano tutti i segni delle personalità frammentarie: sono simili a larve, senza problemi, senza auto-riflessione, senza conflitti, dubbi, dolori, quasi fossero dèi senza filosofia. Rimangono sempre estranee al mondo cosciente ma appestano l‘ atmosfera con sinistri presagi o con l‘ angosciosa idea del disturbo mentale. Esse vivono nei più profondi strati dell‘ inconscio, in particolare in quel profondo strato filogenetico denominato inconscio collettivo. Questa localizzazione spiega in parte la loro stranezza: al mondo effimero della nostra coscienza esse comunicano una vita psichica sconosciuta, appartenente ad un remoto passato; comunicano lo spirito dei nostri antenati, il loro modo di pensare e sentire, il loro modo di sperimentare la vita, il mondo, gli uomini e gli dèi. L‘ esistenza di questi strati arcaici costituisce probabilmente la fonte della credenza della reincarnazione e nel ‘‘ricordo di vite anteriori,,. Noi non abbiamo nessun motivo di supporre che la struttura specifica della psiche sia l‘ unica cosa al mondo a non avere storia al di là delle sue manifestazioni individuali. La nostra coscienza ha una storia (collettiva) che abbraccia circa 5000 anni. Solo l‘ io cosciente (individuale) comincia perpetuamente daccapo e trova rapida fine. La psiche inconscia, invece, non solo è infinitamente antica ma ha la possibilità di estendersi a un altrettanto lontano avvenitre. Essa forma la species humana di cui è un elemento costitutivo: come il corpo che, effimero nell‘ individuo, collettivamente è senza età.,, (pag 28-29) La coscienza -per definizione- non può assimilare l‘ inconscio. Gli yogin, convinti di dominare l‘ inconscio attraverso il raggiungimento della Samadhi, in realtà raggiungono uno stato di incoscienza: la coscienza dell‘ io è infatti in questo caso divorata dall‘ inconscio, essi infatti chiamano coscienza universale ciò che noi chiamiamo inconscio. Certo è possibile un‘ espansione della coscienza attraverso opportune tecniche yogiche, ma la coscienza guadagnando in ampiezza perde in chiarezza: ‘‘un numero infinito di cose sfuma in un tutto indistinto ai limiti di una totale identità tra dati oggettivi e soggettivi. Tutto ciò è molto bello ma poco raccomandabile per gli abitanti delle regioni situate più a nord del tropico del cancro (...) dobbiamo escogitare una soluzione diversa Le realtà di un clima nordico sono in qualche modo cosí persuasive che è sempre meglio tenerle presenti. Confrontarsi con la realtà ha dunque senso,,. La cosicenza dell‘ io europeo, fallendo nel tentativo di assorbire l‘ inconscio tende a reprimerlo, ma una vita inconscia repressa tende a ritorcersi contro di noi, proprio come accade nelle nevrosi. Per facilitare l‘ integrazione armonica tra coscienza e inconscio (processo di individuazione) è necessario che entrambe le parti abbiano possibilità di espressione senza che l‘ una danneggi o reprima l‘ altra. Questo è un processo vitale irrazionale non apprendibile attraverso la sola razionalità, fondamentale è la conoscenza dei simboli. 1 Vedi: Tipi Psicologici, Archetipi dell‘ inconscio collettivo L‘ individuazione è il processo che produce un individuo psicologico: un‘ unità indivisibile.
Si è portati a pensare che la coscienza, con l‘ io al suo centro, coincida con la totalità dell‘ individuo psicologico. In realtà anche i processi inconsci individuali e collettivi (che non hanno e non potranno mai avere nessuna relazione diretta con l‘ io e la coscienza) fanno parte della totalità dell‘ individuo. Siccome sono appunto inconsci, spesso, si è portati a negarne l‘ esistenza. Possiamo però riscontrare tracce della loro presenza nel comportamento umano sotto forma di sogni, visoni, intuizioni, affetti, emozioni, meccanismi di difesa, psicosi, nevrosi... La psiche contiene una parte inconscia che si riferisce alla storia personale dell‘ individuo detta inconscio personale. Essa è per certi versi sovrapponibile alla concezione freudiana di inconscio: si può cioè considerare come sede di contenuti rimossi, dimenticati o troppo deboli per affiorare alla coscienza, impulsi, istinti e desideri sconvenienti, tratti del carattere poco apprezzabili. Nell‘ inconscio personale o Ombra, tra le varie figure archetipiche, è racchiusa una personalità femminile per l‘ uomo (Anima) ed una personalità maschile per la donna (Animus) 1 le quali si manifestano proiettate su persone adeguate o variamente personificate nei sogni. Negli stati patologici e nelle manifestazioni affettive veementi (amore, odio, gioia, dipserazione...) avviene, seppure in diversa misura, uno scambio di ruoli tra l‘ io e l‘ inconscio. Quanto più la manifestazione affettiva è veemente, tanto più si avvicina al patologico: l‘ io è cioè messo in disparte da contenuti autonomi fino a quel momento inconsci. L‘ inconscio possiede contenuti completamente dissimili da quelli della coscienza, da qui l‘ assoluta incomprensibilità delle rappresentazioni patologiche di tipo psicotico da parte del paziente e del terapeuta. ‘‘Le emozioni sono reazioni istintive involontarie che interferiscono con irruzioni elementari l‘ ordine razionale della coscienza (...) gli affetti non sono fatti, semplicemente insorgono,, pag. 23 |
AUTORE:
Eleonora De Simoni Categorie
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Settembre 2024
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