ELEONORA DE SIMONI
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Storie come medicine

15/5/2018

 
''Nell’ uso di una storia come medicina , come in un tirocinio psicanalitico forte e in altre arti mediche insegnate e controllate con rigore, veniamo accuratamente preparate a sapere che cosa fare e quando, ma siamo in particolare e soprattutto istruite su che cosa ‘’non fare’’. Questo, forse più di tutto il resto, distingue le storie per mero intrattenimento, in sé e per sé una forma degna, dalle storie come medicina.
Pertanto, una delle prime domande che poniamo quando incontriamo una narratrice/guaritrice è: ‘’Quines son tus familiare? Quines son tus padres?’’ In altri termini, da quale stirpe di guaritrici vieni? Non intendi per caso la scuola che hai frequentato? Non intendi le lezioni a cui hai assistito, i workshop cui hai preso parte? Intendi alla lettera le stirpi spirituali da cui discendi? Come sempre cerchiamo l’ autenticità, la sapienza e non la vivacità intellettuale, una devozione religiosa incrollabile e incastonata nella vita quotidiana, la gentilezza e il garbo chiaramente intrinseci in una persona che ha conoscenza di quella Fonte da cui deriva la guarigione. Il desiderio di ‘’essere così ‘’ non è come ‘’essere così’’.
La medicina che guarisce di una storia non esiste nel vuoto. Non può esistere separata dalla sua fonte spirituale. Non può essere assunta come ‘’mix-and-match project’’ . C’è un’ integrità in una storia che proviene dalla vita reale. Una storia è chiaramente illuminata dall’ esservi cresciuta.,,
​Clarissa Pinkola Estés, donne che corrono coi lupi


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sul fabbricarsi carta e colori

2/5/2018

 
Foto
Che senso ha, oggi,  fabbricarsi da soli -nei limiti del possibile- le materie prime per dipingere? 
Ho una teoria.

Proviamo a smettere per un attimo di pensare alla pittura (soltanto) come ad una produzione di oggetti a fini esibitòri e commerciali e proviamo a considerarla  -al pari dell' alchimia- come la materializzazione di un processo psichico (sia chiaro: una cosa non esclude l' altra, c'est a dire: il fatto che il sole sia caldo non esclude che sia tondo :-)).
Proviamo ora ad osservare come ci è stata  insegnata la pittura (a scuola, all' accademia, dai colleghi, dai libri, dai tutorials su youtube ...) le tappe principali sono:
1- compra! 
2-fai qualcosa di bello! (dove con bello si intende qualcosa che possa destare ammirazione e possibilmente desiderio di possesso con un conseguente introito di potenziale creativo sotto forma di denaro).
3- eventualmente esprimiti ma senza intaccare troppo il punto 2.
Posiamo ora con attenzione lo sguardo sui media  della nostra creazione: fogli e tele bianchi ed uniformi, con misure pre-stabilite, pennelli tarati per mani medie neutre-ideali-inesistenti, colori finissimi e brillanti già pronti, spesso inodori, inconsistenti, racchiusi in barattoli o in inquietanti tubi di plastica molliccia (per non parlare dei supporti per ‘‘pittura‘‘ digitale).
Compriamo e dipingiamo, entrando in contatto solo con la parte in luce, creativa e piacevole del processo, omettendo completamente e delegando ad altri  la parte d' ombra: sporca, faticosa e spiacevole, così come la nostra cultura infantilista  ci insegna (infantilista nel senso che promuove l' indisposizione al sacrificio, al disgusto e alla frustrazione della noia e dell´attesa).
In altre parole si crea ma non si distrugge -o non si distrugge abbastanza- instaurando così in modo del tutto incosciente un netto squilibrio polare.  
Tale squilibrio, appartenendo alle cose di questo mondo, è comunque  destinato ad equilibrarsi prima o poi e la parte in ombra omessa potrà riproporsi al pittore per esempio sotto forma di insoddisfazione profonda e indefinibile -nonostante un' apparente successo-, sensazione di mancanza di autenticità.
Compriamo e dipingiamo, dicevo, entrando a metà del processo.
Manca una parte importante del processo, anzi direi che manca la parte che conferisce un senso al processo. Non vi può essere albedo, citrinitas, rubredo e oro senza nigredo, ovvero se omettiamo il processo fondamentale e generatore (nigredo) legato alla distruzione, alla marcificazione, alla nerezza, se escludiamo Ade, automaticamente tutti gli altri processi di tipo creativo non saranno che una misera farsa, un' illusione, alla quale la nostra parte egoica crede per convenienza (questo l´ho fatto IO! Sono un creativo!) ma verso la quale la nostra anima proverà, con tutta probabilità,  una certa diffidenza.
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    AUTORE:
    Eleonora De Simoni
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