Da ‘‘Coscienza inconscio e individuazione,, C.G. Jung
'' Studiando accuratamente le personalità archetipiche e la loro condotta, aiutandoci con i sogni, le fantasie, le idee deliranti dei pazienti, restiamo profondamente colpiti dal loro rapporto vasto e immediato con le rappresentazioni mitologiche. Esse formano una sorta di singolari entità cui volentieri attribuiremmo un io cosciente: ne sembrano infatti quasi capaci. Ma quest' idea non trova nessuna conferma nei fatti. Niente del loro comportamento parla a favore di un io cosciente quale noi lo intendiamo. Al contrario, esse portano tutti i segni delle personalità frammentarie: simili a maschere, a larve, senza problemi, senza autoriflessione, senza conflitti, dubbi, dolori, quasi fossero dèi sprovvisti di una qualunque filosofia: come gli dèi brahmanici della Samyutta-Nikaya, le cui erronee opinioni ebbero bisogno della rettificazione del Buddha. A differenza di altri contenuti, esse rimangono sempre estranee nel mondo cosciente. Sono perciò come degli intrusi, degli importuni che saturano l‘ atmosfera con la sensazione di sinistri presagi o con l‘ angosciosa idea del disturbo mentale. Se esploriamo il loro contenuto riscontriamo innumerevoli connessioni arcaiche e storiche, ossia immagini di natura archetipica. Questa particolarità consente di trarre conclusioni riguardo la ''localizzazione'' dell' Anima e dell' Animus all' interno della struttura psichica: essi evidentemente vivono e funzionano nei più profondi strati dell‘ inconscio, in particolare in quel profondo strato filogenetico da me denominato inconscio collettivo. Questa localizzazione spiega in gran parte la loro stranezza: al mondo effimero della nostra coscienza essi comunicano una vita psichica sconosciuta, appartenente a un lontano passato; comunicano con lo spirito dei nostri ignoti antenati, il loro modo di pensare e sentire, il loro modo di sperimentare la vita e il mondo, gli uomini e gli dèi. L‘ esistenza di questi strati arcaici costituisce presumibilmente la fonte della credenza nella reincarnazione e nel ricordo di vite anteriori. Come il corpo umano rappresenta una sorta di museo della sua storia filogenetica, lo stesso avviene per la psiche. Noi non abbiamo nessun motivo di supporre che la struttura specifica della psiche sia l‘ unica cosa al mondo a non avere storia al di là delle sue manifestazioni individuali. Perché negare che la nostra coscienza ha una storia che abbraccia circa 5000 anni? Soltanto l' io cosciente comincia perpetuamente daccapo e trova una rapida fine. La psiche inconscia, invece, non solo è infinitamente antica ma ha la possibilità di estendersi a un altrettanto lontano avvnire. Essa forma la species humana di cui è un elemento costitutivo: come il corpo che, effimero nell‘ individuo, collettivamente è senza etÀ.,,. INCONSCIO INDIVIDUALE & INCONSCIO COLLETTIVO L' inconscio individuale e l' inconscio collettivo sono parti della Psiche. L' inconscio individuale deve la sua esistenza all' esperienza personale: esso è per lo più formato da contenuti che sono stati un tempo consci, ma che in seguito sono scomparsi dalla coscienza (dimenticati, rimossi); esso è costituito soprattutto da complessi. L' inconscio collettivo deve la sua esistenza esclusivamente all' ereditarietà, non ha nulla a che vedere con l' esperienza personale ed i suoi contenuti non sono mai stati consci; esso è costituito essenzialmente da archetipi ed è un sistema psichico di natura collettiva, impersonale, universale, identico per tutti gli individui. Gli archetipi sono forme pre-determinate, universali. Esse corrispondono: nella ricerca mitologica ai motivi nella psicologia dei primitivi alle représentations collectives (Lévy-Bruhl) nella religione comparata alle categorie d' immaginazione (Huber e Mauss) i pensieri elementari o primordiali (Adolf Bastian) Gli archetipi possono essere considerate immagini inconsce degli istinti ovvero modelli di comportamento istintuale. Gli istinti sono fattori impersonali di natura motivante, erditari, diffusi universalmente. (es. istinto sessuale, spinta all' auto-affermazione, nutrizione...).Essi si sono formati molto prima che si formasse la coscienza (n.d.E. tanto nell' uomo- individuo quanto nell' essere umano collettivo (specie)) L' attività umana è influenzata dagli istinti (e quindi da modelli di comportamento archetipici) in modo del tutto indipendente dalle motivazioni razionali della mente cosciente (n.d.E. come il sistema nervoso autonomo e volontario). L' inconscio collettivo è la regione della psiche abitata da forme inconsce preesistenti e universali (archetipi). Fai clic qui per effettuare modifiche. NEVROSI E ARCHETIPI
''non vi è persona folle sotto il dominio di un archetipo che non ne divenga preda'' C. G. Jung In numerosi casi di nevrosi la causa del disturbo consiste nella mancata cooperazione a livello psichico tra coscienza e archetipo costellato (attivato). Nella vita vi sono tanti archetipi quante situazioni tipiche. La ripetizione continua ha impresso questi schemi nella nostra costituzione psichica come immagini senza contenuto atte a rappresentare solo la possibilità di un certo tipo di percezione e d' azione. Quando si presenta una situazione che corrisponde ad un dato archetipo, esso viene attivato e si manifesta come un' imposizione sulla volontà razionale oppure, se il conflitto è di dimensioni patologiche, come una nevrosi. Il materiale che riguarda gli archetipi è reperibile nei sogni (specialmente quelli della prima infanzia), nell' immaginazione attiva, nei deliri paranoici, nel trance, nelle associazioni verbali. Tale materiale ha valore solo se vi si possono addurre paralleli mitologici convincenti. Per delineare un parallelo valido è necessario conoscere il significato funzionale individuale del simbolo che compare nel sogno/delirio/visione e scoprire se il simbolo mitologico apparentemente parallelo possegga un contesto simile. Bisogna verificare cioè che posseggano un significato funzionale simile. I simboli non devono essere isolati dal loro contesto! L‘ azione istintuale fa parte dei processi inconsci e come tale, oltre ad essere caratterizzata da una certa inconsapevolezza, affiora alla coscienza solo attraverso i risultati ultimi del processo inconscio stesso. Non tutti i processi inconsci sono istintuali. Per esempio la paura dei serpenti è un processo utile, ereditario e collettivo, la paura dei polli (fobia) è una costrizione inconscia ma individuale e non funzionale (come i pensieri ossessivi, le manifestazioni affettive smisurate, la sensazione di angoscia, la depressione, le fantasie ...). Possiamo considerare istinti solo quei fenomeni che sono processi inconsci ereditari, universali, regolari e implicanti una costrizione necessitante ovvero una sorta di riflesso. L‘ istinto è l‘ impulso ad un‘ attività senza motivazione conscia proveniente da una costrizione interiore. L‘ ereditarietà dell‘ istinto non ci aiuta a comprenderne l‘ origine. La tesi dell‘ apprendimento e dell‘ esercizio non è convincente e spesso confutata dalla natura (vedi istinto riproduttivo della Pronuba Yuccasella). Una nuova via per spiegare l‘ istinto è quella dell‘ intuizione. L‘ intuizione è analoga all‘ istinto ma mentre l‘ istinto è un impulso finalistico diretto ad un‘ attività spesso molto complicata, l‘ intuizione è la comprensione finalistica inconscia di una situazione spesso molto complicata. Gli istinti e gli archetipi d‘ intuizione sono contenuti dell‘ inconscio collettivo. Sia gli istinti che gli archetipi, infatti, non hanno nessun riferimento alla storia individuale dell‘ individuo che li esperisce: si tratta quindi di fenomeni collettivi. Gli archetipi (o immagini originarie) sono forme tipiche della comprensione, ovvero forme dell‘ intuizione esistenti a priori (congenite). L‘ archetipo è simile ad un‘ intuizione che l‘ istinto ha di sé stesso, ovvero un‘ auto-raffigurazione dell‘ istinto. Gli istinti inducono l‘ uomo ad un comportamento specificamente umano, gli archetipi costringono la percezione e l‘ intuizione a formazioni specificamente umane. L‘ intuizione quindi causa l‘ attuazione dell‘ istinto. ‘‘La concezione a mezzo dell‘ archetipo è di una precisione incredibile ,, Ogni uomo possiede sia gli istinti che le immagini originarie. Difficile è decidere cosa sia il ‘‘prius,, tra percezione intuitiva e impulso ad agire, probabilmente rappresentano due parti di un‘ unità. da La Dinamica Dell‘ Inconscio C. G. Jung 1928
‘‘Era femmina. Aveva un viso sfiorito, i lati della bocca ripiegati in due solchi di pelle cadente che colavano come rivoli d‘ ombra sul mento sfilacciato in lunghi peli bianchi. Le iridi plumbee, seppellite da palpebre stanche, non si fermavano mai nelle mie. I capelli erano raccolti in un panno scuro annodato sulla nuca che rivelava, qua e là, qualche ciocca dalle sfumature del peltro. Sedevo immobile davanti a lei, impietrita, in una piccola stanza di bitume annerito da decenni di fuliggine. Il soffitto basso e le pareti umide avevano l‘ odore acre della pece e della castagna cruda. Mi ungeva la gamba con del grasso di maiale e bisbigliava assorta qualcosa di incomprensibile. Mi perdevo nello scorcio del suo viso chino, incendiato dai riflessi aranciati del camino. Si stava prendendo cura di me e del mio immenso ego bambino. Entrambe eravamo lontane anni luce dall‘ euforia malinconica del menarca, dalla lotta femminea in equilibrio tra invidia-adulazione-stima, dalla scoperta del sesso e il dolore del parto, io per difetto, lei per eccesso. La stría, la schtróliga, lei che guarisce. Credo di non averle mai nemmeno rivolto la parola, ma quando morì piansi per due giorni di seguito. Era la mia prima morte. Tornò per dirmi qualcosa qualche tempo dopo, ma ero troppo piccola e il terrore prese il sopravvento.,, La strega, la baba Jaga, la saggia, la stría, la stròliga (...) può avere le sembianze di un‘ anziana saggia e solitaria, appassionata di erboristeria e depositaria di un certo carisma, vestire i panni di una Dabarni gitana in grado di leggere il futuro e provocare il malocchio oppure assumere i tratti caricaturali e spaventosi di una vecchia mostruosa e repellente dai poteri malefici e distruttivi. Le sue facoltà, il suo volto ed il suo corpo sono il calco negativo ed occulto del femmineo idealizzato: essa è tanto più feroce, orrenda ed immonda quanto più il relativo termine di paragone è mistico, attraente e puro. Secondo la psicologia del profondo, la strega rappresenta le pulsioni istintive e i desideri rimossi dall‘ inconscio in quanto incompatibili con l‘ Io (Aeppli). La sterga -secondo Jung- può essere considerata la proiezione personificata dell‘ aspetto femminile inconscio dell‘ uomo o, meglio, una segreta partecipazione alla sua femminilità (da ‘‘ Archetipi dell‘ inconscio collettivo,, C.G. Jung). Essa personifica l‘ archetipo della grande madre: nel suo corpo avvizzito ma straordinariamente vitale, racchiude nella forma più pura le pulsioni antagoniste-complementari che regolano l‘ intero cosmo: al contempo è cannibale e nutrice, crudele e caritatevole, è in grado di partorire o inghiottire, di attrarre o repellere, di creare o annientare, paradossalmente e coerentemente (caratteristiche splendidamente rappresentate nel mito di Demetra/Cecere). ‘‘La strega rappresenta la Madre divorante che dopo aver messo al mondo forze vitali le re-ingloba, utilizzandole quindi sempre allo stesso modo attraverso meccanismi di introiezione e proiezione, in un cerchio vizioso che torna costantemente allo stesso punto e perciò invecchia, incrudelisce, diviene sterile e negativo,, Anna Michelini Tocci, ‘‘Bipolarità dell‘ archetipo della strega nelle fiabe,,. Nelle fiabe, la strega è solita vivere isolata e nascosta nella profondità della foresta, del mare o della terra. Abita eccentriche casette irresistibilmente profumate di panpepato e frutta candita, grotte umide e oscure o spaventosi capanni muniti di occhi, bocca, uscio dentato, poggiati su zampe di gallina in grado di volteggiare! La sterga ha spesso un aspetto terribile: la sua pelle è raggrinzita, talvolta coperta di verruche come il dorso di un rospo; il naso è lungo e deforme, il mento prominente e barbuto; i seni ricadono stanchi su un ventre perennemente affamato di carne umana e assetato di sangue, nel cui fondo giace un utero sterile, anch‘ esso, pare, dall‘ accesso dentato; ha occhi di fuoco, ciechi e chiusi al mondo esteriore, ma spalancati sull‘ abisso interiore dell‘ ombra; le labbra sono sottili e taglienti come fili d‘ erba, le unghie curve e spesse come cortecce, i capelli arruffati, gli abiti fatti di lerci stracci scuri. Metamorfica e seducente ama accompagnarsi a volatili notturni, gufi, rospi, volpi, gatti ed ha al suo servizio le caotiche e selvagge entità non umanizzate dell‘ inconscio (spiriti, servitori invisibili, ombre, demoni...). È in grado di sfuggire alla forza di gravità terrena che tutto controlla e opprime: ora volando su una scopa, ora balzando in un grosso mortaio, ora tramutandosi in volatile.
Affrontare e vincere la strega, per i protagonisti delle fiabe, significa affrontare ed integrare le proprie parti in ombra attraverso l‘ espansione della coscienza oltre i limiti dell‘ Io. Spesso la strega entra in scena quando il protagonista si trova in una situazione di di evoluzione ostacolata caratterizzata da una regressione primitiva ad uno stato di passività, pigrizia, soggezione e dipendenza spesso relazionate alla sopportazione di angherie e crudeltà (pensiamo a Raperonzolo rinchiusa nella torre isolata dal mondo, a Vassilissa sottomessa ed obbediente nonostante le umiliazioni e gli inganni subiti dalla matrigna e dalle sorellastre, ad Hänsel e Gretel abbandonati per ben due volte e rassegnati alla morte nella foresta). La figura della strega si contrappone a quella della madre buona e amorevole che si tramuta in abbandonica in seguito alla morte o alla sparizione: evento che simbolizza la prima intuitiva realizzazione del Sé e l‘ inizio del processo di individuazione.La strega esaspera il protagonista sottoponendolo a difficili prove, incutendo grandi paure e costringendolo ad enormi fatiche ( Vassilissa per ottenere il fuoco sarà costretta a separare i semi di papavero da quelli del grano, Gretel dovrà servire la strega, Hänsel vivrà chiuso in una gabbia con la costante paura di essere mangiato, Rapoeronzolo sarà privata della sua splendida treccia e costretta a vagare nel deserto). Tali prove e fatiche simbolizzano le grandi difficoltà ed i conflitti che inevitabilmente si incontrano sul sentiero dell‘ individuazione: l‘ unico in grado di condurre l‘ eroe o l‘ eroina al ricongiungimento con le forze creative, feconde, positive della Grande Madre. Il solstizio d‘ inverno è da sempre un evento molto atteso e festeggiato nell‘ emisfero boreale: cade attorno al 22 dicembre e segna il momento a partire dal quale le ore di luce andranno gradualmente aumentando sino ad arrivare all‘ estate. In Egitto e in alcune zone dell‘ Arabia il ritorno della luce veniva identificato con la nascita del dio Aion o Eone (dio del tempo e dell‘ eterno ritorno) dal ventre dalla vergine Kore (lett. ''fanciulla''). Nel tardo Impero romano il tradizionale culto del Sol indiges venne sostituito, per opera dell‘ imperatore siriano Marco Aurelio Antonio, con il Deus Sol Invictus (Dio sole invitto: unificazione di tre divinità: Mitra, Sol ed Elio-Gabalo). Il Deus Sol Invictus si integrò nel sistema religioso romano fino a soppiantare per importanza il, fino ad allora,dominante culto di Giove. Nel 330 Costantino, in seguito alla conversione cristiana, sovrappose la festività pagana del sole invitto con la commemorazione della nascita di Cristo: il Natale. In epoca pre-cristiana, per i gelidi boschi della Russia, si aggira Morozko: uno spirito del folklore pagano in grado di congelare le persone. Morozko si unisce a Vesna (primavera) e nasce Sneguročka. Nei racconti popolari a un certo punto Sneguročka diventa nipote di Morozko che diventa meno ostile e prende il nome di Дед Мороз o Ded Moroz (Nonno Gelo) diffondendosi con nomi differenti negli altri Paesi dell‘ Est durante il periodo comunista. Ded Moroz e la splendida nipotina dalle guance rosa e le lunghe trecce bionde, come nella più edulcorata delle fiabe, vivono dei boschi innevati amando la natura e gli animali e la notte di capodanno distribuiscono regali ai bambini. È intressante notare come la figura di Sneguročka sia antitetica a quella della nemica numero uno di Ded Moroz: Baba Jaga e come quest‘ ultima possegga stupefacenti affinità con la figura della Befana. Ded Moroz indossa un meraviglioso e ornatissimo abito dai colori freddi dell‘ inverno: azzurro, bianco, verde-acqua. Durante la guerra fredda il suo abito improvvisamente si tinge dei colori della bandiera URSS a scopi propagandistici si, ma NON di una bibita americana! (a proposito) Ded Moroz nei paesi di lingua tedesca prenderà il nome di Väterchen Frost. Sempre in periodo pre-cristiano e sempre nel periodo del solstizio invernale, un altro personaggio si aggira per le foreste del centro-nord Europa in compagnia del cavallo volante detto Sleipnir per una tradizionale battuta di caccia: il dio Wotan (Odin per i popoli del nord). I bambini lasceranno fuori dalle loro case i calzari pieni di fieno per ritemprare Sleipnir e il mattino seguente troveranno un dono. Wotan e Morozko, per motivi di coerenza religiosa e forte tradizione pagana, si fonderanno nella figura storico-religiosa che tutti conosciamo: S. Nicola di Myra. ''Più intensa la luce più scura l‘ ombra''... el diis La luminosità ovvero le qualità estremamente positive comuni a tutte queste figure dispensatrici di doni e amore disinteressato, sono equilibrate da figure accessorie d‘ ombra dalle spiccate connotazioni negative (o, come nel caso di Morozko, da qualità negative intrinseche) il cui compito è quello di punire i bambini cattivi: in tempi più remoti con violente punizioni fisiche e rapimenti, in epoche più recenti sostituendo i doni con del carbone. Come abbiamo visto Ded Moroz è equilibrato dalla strega Baba Jaga; nei paesi alpini e germanici abbiamo il Kampus: un demone sottomesso che prima della conversione si dedicava a terrorizzare e picchiare i bambini scendendo dal camino o, secondo una leggenda tedesca, a chiuderli in un sacco per portarli nell‘ Andalusia dominata dai mori; In Svizzera abbiamo lo Schmutzli (sporco in svizzerduccio), nelle Fiandre e nei Paesi Bassi abbiamo Zwarte Piet , a Lussemburgo Houseker, in Austria e Baviera Klaubauf in Spagna lo troviamo nelle sontuose vesti Baldassarre dei Re Magi (in questo caso disepnastore di doni e non aiutante) , in Francia Père Fouettard , in Austria e Baviera il Klaubauf, Pelznickel e Knecht Ruperecht in Germania (…) Questi -talvolta inquietanti- assistenti hanno in comune il colore scuro ora dovuto a specifiche caratteristiche etniche, ora a maschere e travestimenti, ora ad attributi animali e fuliggine. Secondo alcune teorie, la figura ‘‘scura,, che scende dal camino (tecnica adottata dal moderno Babbo Natale) sarebbe riconducibile alla figura professionale dello spazzacamino. Secondo altre teorie, il colore scuro della pelle sarebbe da ricondurre ai contatti commerciali e politici con l‘ Andalusia dominata dai mori, mentre nel caso di Baldassarre, ad un tentativo da parte della chiesa cattolica di universalizzare il cristianesimo. Non credo sia da escludere completamente la derivazione dal demone Krampus del Julbock scandinavo. Gesù bambino dagli anni ‘60-‘70 è il tradizionale dispensatore di doni in Valtellina e, da molto tempo prima, nel sud della Germania. Interessante notare come nella tradizione tedesca venga rappresentato come una fanciulla con una corona di candele in testa e i lunghi capelli biondi: caratteristiche comuni a alla S. Lucia svedese (importata dall' Italia). Nella versione valtellinese viene solitamente accompagnato da un asino: caratteristica dell‘ antica S.Lucia Bergamasca e Siracusana, probabilmente si tratta di due differenti adattamenti cattolici di uno stesso rpersonaggio pre-cristiano.
Ecco le fonti da cui ho tratto le informazioni per questo articolo:
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AUTORE:
Eleonora De Simoni Categorie
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Novembre 2024
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