Caos (materia primordiale divinizzata e impersonale) dà vita a Gea (Cibele-Magna Mater); da Gea nascono Urano (cielo stellato) e Ponto (le profondità marine); Gea si unisce ad Urano dando vita a Oceano (divinità mascile delle acque che unendosi alla sorella Teti -divinità femmibnile delle acque- diede vita a 3000 fiumi) e ad altri Titani.
Da Gea e Urano nacquero Crono e Rea. Dall' unione di Crono e Rea nacquero: Zeus, Era, Poseidone, Ade, Demetra, Estia. Qui lo schema della genealogia olimpica. versione1 Zeus tenta di fecondare Gea sul monte Agdos (a causa della rivalità col padre Urano) ma Gea si sottrae e il seme di Zeus cade a terra (o sulla roccia) fecondandola, ne nasce Agdistis ermafrodita di eccezionale violenza; gli dei decidono di privarla con un tranello della sua parte maschile, che, recisa, provoca la nascita di un albero (mandorlo o melograno); il frutto di quest’albero è raccolto da Nana, che ne rimane gravida e dà alla luce Attis. Questi cresce, bellissimo, e Agdistis e la Gran Madre se ne innamorano. Al banchetto di nozze per A. e la figlia di Mida, re di Pessinunte, Agdistis, ispirando un furore incontenibile, induce tutti i presenti ad autoevirarsi. A. si mutila sotto un pino, muore, e dal suo sangue nascono viole. Agdistis e la Grande Madre piangono il defunto e Zeus concede una sua parziale resurrezione. Versione2 Secondo altri mitografi, Zeus voleva giacere con Cibele, ma lei non voleva, quindi Zeus cavalcò la terra, nel tentativo di possederla. Nel pieno delle forze, il dio eiaculò su una pietra, la quale fecondata fu chiamata Agdos, perché Cibele era raffigurata da una pietra di una scogliera. Dalla pietra fecondata nasce Agdistis, in seguito evirato dagli dei a causa della sua ferocia. Dal contatto del suo sangue con la terra nasce un melograno. Nana (altri dicono sempre la stessa Sangaride) ne raccoglie un seme e rimane gravida.Nasce Attis. In questa versione del mito, Attis era desiderato sia da Agdistis sia da Cibele, la prima lo fece impazzire fino a farlo uccidere, la seconda seppellì il suo corpo. Dal sangue nacquero delle viole, mentre Agdistis ebbe in premio che il corpo del defunto non solo non si corrompesse mai, ma anche che i suoi capelli continuassero a crescere. Versione 3 Una notte, durante un sonno agitato, Zeus fece un sogno in cui giaceva con una donna, il suo seme arrivò fino sulla terra generando Agdistis, un giovane. Subito fu evirato dagli altri dei (a causa della sua ferocia) diventando una donna; dal membro perduto nacque una pianta di mandorlo. La pianta quando crebbe attirò l’attenzione di Sangaride, figlia del dio fluviale Sangario, la quale prese una mandorla e la nascose nel suo corpo, rimanendo incinta. Da questa gravidanza nacque Attis, ragazzo di indubbia bellezza che fece innamorare diverse donne fra cui l’ignara Agdistis. Alla vigilia delle nozze di Attis con un'altra donna, Agdistis si presentò facendo impazzire suo “figlio” che si evirò, l’ermafrodito si disperò tanto che gli dei concessero al suo corpo l’incorruttibilità. Versione 4 La figlia del dio fluviale Sangarios (fiume della Frigia), di nome Nana, mangiò, senza nulla sapere, un frutto del mandorlo e rimase incinta. Il padre di Nana, ignorando tutto, rigettò la figlia, che però venne aiutata da Gea (Cibele) a portare a termine la gravidanza. Nacque Attis, che dovette vivere tra le montagne, allattato da una capra (attagos, in frigio, da qui il nome Attis). Altre versioni: 1)Una versione del mito, quella che ben presto si arrestò lasciando posto all'altra, dice che Attis divenne compagno di caccia di Agdisis, ormai unisessuale, e suo amante. Il re di Pessinunte, Mida, volle dare in sposa ad Attis sua figlia, affinché si civilizzasse.Durante la festa nuziale intervenne Agdistis, che coi suoi poteri fece impazzire la sposa la quale si tagliò i seni. Attis, sconvolto, andò sotto un pino e si evirò, dando poi i suoi genitali a Agdisis prima di morire, in riscatto del tradimento. La sposa poi si uccise gettandosi sul cadavere di Attis. Gea (Cibele) poi seppellì i genitali di Attis. L' altra versione del mito, che prevalse sulla prima incentrata su Agdisis e Attis, trovò grande diffusione, ponendo al centro Cibele e Attis come amanti. 2)Attis, tuttavia, si innamorò della figlia del re Mida per sposarla. Nel mezzo della cerimonia nuziale giunse Cibele che, innamorata tradita, gettò la pazzia su Attis. Questi andò ad evirarsi rinunciando, così, il matrimonio con la figlia del re Mida, e riparando il tradimento a Cibele, e così morì. Dal suo sangue caduto in terra nacquero delle viole. Cibele ottenne poi da Zeus che il corpo di Attis non imputridisse e che i capelli continuassero a crescere e che potesse muovere il dito mignolo della mano. Cibele diede sepoltura ai genitali di Attis, che diventò così dio della vegetazione, che sboccia a primavera dopo la sospensione di vita nell'inverno. Nell’ arte ellenistica e romana, Attis è raffigurato come un giovane imberbe, dal costume frigio, e con in mano la verga da pastore (pedum) o la siringa. Talvolta è assimilato ad Apollo o a Dioniso; un tipo particolare è quello funerario, in attitudine melanconica, sui sarcofagi romani. Il mito di Attis e di Cibele in epoca ellenistica si caricò di nuovi significati. Innanzitutto crebbe enormemente la figura di Cibele fino a diventare la madre di tutti gli dei nella sua identificazione con Gea. L'evirazione di Attis divenne sempre più un atto di culto verso la dea, che piuttosto l'occasione per celebrarlo come dio della vegetazione. Attis evirandosi aveva sigillato la sua appartenenza alla dea, e la dea aveva ottenuto da Zeus che gli fosse data una vita corporea anche se minimale. L'evirazione diventò l'evento centrale degli adepti ai misteri di Attis e Cibele. A Roma il culto arrivò il 4 aprile 204 a.C. con la costruzione di un tempio sul Palatino. I sacerdoti della dea Cibele, detti i Coribanti, vivevano quasi del tutto segregati nell'area del tempio. Era vietato ad un cittadino romano e anche ad uno schiavo romano diventare un adepto mediante l'evirazione. Per i romani era un vero non senso. Per gli orientali c'era una lunga tradizione di eunuchi che occupavano cariche nello stato e di norma erano addetti agli harem regali. Tuttavia agli aspetti esterni del culto a Cibele e Attis non c'era un divieto di partecipazione. All'inizio la festa veniva celebrata un giorno all'anno, poi in seguito venne dato maggiore spazio alle cerimonie. Una caratteristica del culto a Cibele era il sacrificio di un toro, il cui sangue veniva fatto colare sugli iniziandi. Il toro rappresentava la potenza fecondatrice intatta e potente (il bue è un toro castrato). La perdita della potenza generatrice dell'iniziato nell'evirazione veniva compensata dall’essere toccati dal sangue della vittima uccisa, a cui ne seguiva un'ascesa nel culto misterico, l'accesso ad un nuovostatus. Era il taurobolium, che veniva celebrato una volta all'anno, e dava una purità rituale indistruttibile o solo di 20 anni, a seconda del grado di iniziazione. La formula iniziatica riportata da Firmico Materno (inizio IV-350 d.C.) è la pista che ci conduce nell'interno del culto misterico: “Ho mangiato del timpano, ho bevuto dal cembalo, ho portato il cerno, sono sceso nella camera nuziale”. Queste parole ci dicono che il miste prima si stordiva nella musica che lo portava in uno stato estatico (si nutriva di musica). Egli aveva con sé un vaso di terracotta: il cerno. Quindi scendeva nella “camera nuziale”. Questa discesa nella camera nuziale è rimasta problematica, ma una lettura complessiva del mito ci porta a dire che era la stanza dell'evirazione. Il vaso di terracotta era per raccogliere gli elementi anatomici e il sangue. “Camera nuziale”, perché l'evirazione poneva l'adepto in un amore sponsale esclusivo per la dea, visto che non gli era concesso più rapporto con donna. L'evirazione, come perdita irrimediabile di potenza virile, se compiuta per la l'appartenenza alla dea dava almiste la garanzia della protezione speciale della dea, che aveva dimostrato di amare Attis fino a gesti passionali di gelosia. Il culto misterico di Attis si sviluppò in senso ellenistico, nel clima culturale dello stoicismo, del neoplatonismo, dove il Fato era la forza oscura che dominava i passi degli uomini. La festa si teneva a Roma il 4 aprile. Consisteva in una processione. Sotto l'imperatore Claudio (10 a.C. - 54 d.C.) avvenne la riorganizzazione delle feste alla quale venne dato lo spazio di sei giorni. Il primo giorno, il 22 marzo (equinozio di primavera) era detto “arbor intrat” e consisteva nel trasporto di un pino simbolo di Attis. In questo primo giorno e nel seguente si svolgevano le lamentazioni su Attis. Il 24 era detto “sanguis”; i sacerdoti eunuchi si flagellavano e si incidevano le carni per farne sgorgare il sangue, il tutto in una danza frenetica attorno al pino. La danza e le incisioni hanno antiche radici: la Bibbia (1Re 18,20s) ce le presenta circa il culto di Baal. I neofiti in quel giorno danzavano anch'essi a suon di musica fino al raggiungimento di uno stato di esaltazione mistica, alla quale seguiva l'autocastrazione. In quel giorno veniva sepolto il pino e anche le parti anatomiche tagliate. Il 25 (quarto giorno) era detto “hilaria”; giorno di gioia per la rivitalizzazione di Attis. Il 26 era detto “requieto”, giorno di calma, di riposo. Il 27 la statua di Cibele veniva portata nel fiume Almo per essere lavata. E tutto terminava. (L'Almo era un fiume dell'agro romano, sfociava nel Tevere. Si riteneva che fosse sede di una ninfa, che veniva venerata mentre si immergevano nell'acqua le statue degli dei) Lattanzio, Divinae institutiones. De opificio Dei, De ira Dei, a cura di Umberto Boella, Firenze, 1973. “Enciclopedia delle religioni”, ed. Vallecchi (Cibele e Attis), Firenze, 1973. “Misteri in Grecia e a Roma”, mostra Colosseo 22/7/2005-8/1/2006, La grande Madre e Attis. "Enciclopedia delle religioni", ed. Vallecchi, Firenze, 1978. Giuseppina Sechi Mestica, "Dizionario universale di mitologia", ed. Rusconi, 1990. Walter Burker, "Antichi culti misterici", ed. Laterza, Bari, 1991. Giuli Sfameni Gasparri, "Attis e Cibele, culti, ecc." in "Dizionario delle religioni" (G. Filoramo), ed. Einaudi, Torino, 1993. Marcella Farioli, "Le religioni misteriche", ed. Xenia, Milano, 1998. Paolo Scarpi, "Le religioni dei misteri", fondaz. Lorenzo Valla, ed. Mondadori, Milano, 2002.do. I commenti sono chiusi.
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AUTORE:
Eleonora De Simoni Categorie
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Settembre 2024
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