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Musica, poesia, Francia, luci calde, piante e cristalli per il videoclip di ‘’Jardin d’Hiver’’ realizzato con due colleghi super-professionali e amici dall’anima luminosa e nobile: Npva Taqui e Tata Lorenzo …Che bellezza! Continuiamo!! Cucinando una nuova canzone in ''In Planet StudioAlps'' con due incredibili colleghi: Nova Taqui e Franco Garzón, creando sapori, atmosfere e colori per il mio ''Cholocalete Jesus'': una canzone che profuma di Hammond, Charango, Abba.Zaba, cioccolato e Almond Joy <3 Foto: Tata Lorenzo
© Eleonora De Simoni L'inverno è ancora lontano ma sto già preparando il mio nuovo giardino. Lo voglio riempire di piante, canzoni nuove, pizzi e teiere, fotografie, luce... e (almeno) un grande Amore. Inizio con questa canzone meravigliosa di Benjamin Biolay e Keren Ann registrata in In Planet Studio Alps con Nova Taqi che oltre a produrre, mi accompagna alla chitarra e alle percussioni. Un'esperienza nuova e magica! La canzone sta ancora cuocendo a fuoco lento, come una marmellata che profuma d'autunno, tra Lucerna e Londra... Eleonora De simoni
L' energia creativa che offri ai passanti ti ritorna triplicata sottoforma di denaro, caffè caldo, dolcetti al burro, cioccolatini, danze e canti improvvisati, frasi gentili, racconti di vita, biglietti da visita, fotografie, sguardi complici, ma soprattutto tanti, tantissimi bellissimi sorrisi!
#streetart #artecallejero #luoghinaturalidellarte Le Ninfe nutrirono il bambino con il miele, lo posero in un lìknon (cesta per cereali), lo avvolsero in una pelle di animale (nebrìs) e gli posero attorno del fogliame. Poi, affinché nessuno lo udisse piangere, eseguirono una danza intorno a tale culla. Alcune iniziarono a suonare degli strumenti musicali, fecero crepitare i crotali, percossero i timpani, altre si mossero levando in alto fiaccole accese. Infine modularono un grido speciale: ‘‘evoè’’ che resterà per sempre il grido rituale delle Baccanti, creando il primo dithỳrambos. ‘’In uno scrigno in legno d’abete deposero il divino fanciullo, lo avvolsero nelle nebridi e lo inghirlandarono di grappoli, all’interno d’una grotta, e intorno al fanciullo eseguirono la danza misterica; percotevano i tamburi e facevano risuonare con le mani i cembali, schermo ai vagiti del bimbo, e allora, per la prima volta si introdussero i sacri riti celebrati attorno all’arca tenuta nascosta; e insieme a loro le donne Aonidi si dedicarono segretamente ai riti iniziatici. Dal monte la schiera delle loro fedeli compagne sollecitavano perché si spingesse fuori dalla terra beota. La terra, prima non ancora addomesticata, stava per dare vita alle piante per opera di Dioniso che libera dalle pene. Esse, riunite in sacro coro, sollevarono l’ineffabile scrigno, lo coronarono di ghirlande e lo posero sul dorso dell’asino. ,, Oppiano di Apamea, L’arte della caccia, III sec. d.C. Non andavo ad un’ esposizione di pittura da moltissimo tempo. Un po’ perché saturata, anestetizzata e nauseata dal troppo ''guardare -e fare- pittura'' e un po’ perché stanca di guardare opere completamente decontestualizzate e lontanissime dall’ esperienza creativa che le ha generate. Da anni ormai, quando, con la massima buona fede, qualcuno mi chiede: ''Eleo, andiamo a vedere la mostra di … (un nome a caso, iper-storicizzato/iper-feticizzato o sepolto tra le lattine di birra da 20 centesimi vuote dell’ ultimo dei centri sociali) entro in uno stato di intorpidimento, di sonno, di trance, di annebbiamento, di pigrizia cosmica, di morte dell’ entusiasmo, di voglia di usare gli ultimi residui energetici per scappare lontano e andare a suonare la fisarmonica. Ci ho provato ancora qualche volta, ma era diventato un po’ come osservare involucri vuoti, un tempo abitati -per alcuni istanti- da freschissima e gloriosa zoé ed ora ridotti a corpi morti appesi a un muro, feticci esauriti e vagamente patetici sui quali riversare le proprie proiezioni o -peggio- attraverso i quali raccogliere le proiezioni del curatore, del critico, dello storico, del commerciante di turno, facendole -per pigrizia soprattutto- proprie. Esperienze degne e legittime per chi ne abbia necessità, ma che per me, in questo momento sanno troppo di ‘’forma’’, di attaccamento, di passato-e-futro, di anti ‘’hic et nunc’’, di stasi, di ego, di loop auto-contemplativo, di prigione, di sonno. Questa esposizione è stata completamente diversa. Lo scorso anno ho visitato lo studio di Küsnacht nel quale Jung riceveva i suoi pazienti e quest’ anno ho potuto vedere le immagini che lì dentro -e dentro la relazione analista-paziente- hanno preso forma: immagini fisiche che raccontano delle ‘’immagini vere’’. Andarci è stata un’ urgenza. Una gioia. Ci sono andata con la mia famiglia: era prezioso per me raccogliere le impressioni semplici e senza pregiudizio dei bambini e quelle appartenenti ad un altro universo di mio marito. Mi sono relazionata a questi dipinti dopo una lunga meditazione. Non ho letto nulla a proposito dell’ esposizione (anche perché era tutto in tedesco, lingua -per me/per ora- appartenente alla testa e non al cuore). Ho cercato -per quanto possibile- di lasciare fuori dal Lagerhaus tutte le mie aspettative, tutti i miei pregiudizi, tutte le mie idee, tutte le nozioni che ho accumulato in modo a volte ossessivo. Ho cercato di entrare ben radicata e ben centrata, in modo che la relazione con ogni manufatto fosse della qualità più semplice e sottile possibile. Vi erano dipinti di vario genere: alcuni iper-difesi, tecnicamente sorprendenti o accompagnati da testi e frasi tipicamente Junghiane che sembravano appartenere a pazienti colti, forse un po’ ‘’fan’’, e in fase di inflazione analitica. Altri, invece, parlavano direttamente all’ anima, nella sua lingua madre che è il silenzio. Come minuscoli buchi neri ti inghiottivano, ti portavano per alcuni brevissimi istanti in ''quell' altrove'', ti mostravano alcune tessere dell’ immenso mosaico dell’ inenarrabile, il ''fiume di sotto'', quello che a volte irrompe -dolcemente, se siamo fortunati- e incrina la superficie del sistema di pseudo-certezze al quale viviamo disperatamente aggrappati, rivelandoci un rapido riflesso della remota luce del numinoso. Gli ultimi 20 minuti sono rimasta completamente sola nel museo. Immersa nel silenzio, in quelle immagini intime e generose, conservate con una cura sorprendente, che galleggiavano in una luce dorata e surreale mischiata al profumo e al suono del legno che cedeva sotto ogni passo. Mi sono sentita un po’ immagine, un po' umano, un po' analizzanda, un po’ analista, un po’ ‘’voyeur’’, un po’ sorella -in senso cristiano-, un po’ tutte queste cose insieme simultaneamente. Un’ esperienza ricca di Senso! Ci sono ancora 3 giorni di tempo per visitarla.
''Nell’ uso di una storia come medicina , come in un tirocinio psicanalitico forte e in altre arti mediche insegnate e controllate con rigore, veniamo accuratamente preparate a sapere che cosa fare e quando, ma siamo in particolare e soprattutto istruite su che cosa ‘’non fare’’. Questo, forse più di tutto il resto, distingue le storie per mero intrattenimento, in sé e per sé una forma degna, dalle storie come medicina.
Pertanto, una delle prime domande che poniamo quando incontriamo una narratrice/guaritrice è: ‘’Quines son tus familiare? Quines son tus padres?’’ In altri termini, da quale stirpe di guaritrici vieni? Non intendi per caso la scuola che hai frequentato? Non intendi le lezioni a cui hai assistito, i workshop cui hai preso parte? Intendi alla lettera le stirpi spirituali da cui discendi? Come sempre cerchiamo l’ autenticità , la sapienza e non la vivacità intellettuale, una devozione religiosa incrollabile e incastonata nella vita quotidiana, la gentilezza e il garbo chiaramente intrinseci in una persona che ha conoscenza di quella Fonte da cui deriva la guarigione. Il desiderio di ‘’essere così ‘’ non è come ‘’essere così’’. La medicina che guarisce di una storia non esiste nel vuoto. Non può esistere separata dalla sua fonte spirituale. Non può essere assunta come ‘’mix-and-match project’’ . C’è un’ integrità in una storia che proviene dalla vita reale. Una storia è chiaramente illuminata dall’ esservi cresciuta.,, ​Clarissa Pinkola Estés, donne che corrono coi lupi
Che senso ha, oggi, fabbricarsi da soli -nei limiti del possibile- le materie prime per dipingere?
Ho una teoria. Proviamo a smettere per un attimo di pensare alla pittura (soltanto) come ad una produzione di oggetti a fini esibitòri e commerciali e proviamo a considerarla -al pari dell' alchimia- come la materializzazione di un processo psichico (sia chiaro: una cosa non esclude l' altra, c'est a dire: il fatto che il sole sia caldo non esclude che sia tondo :-)). Proviamo ora ad osservare come ci è stata insegnata la pittura (a scuola, all' accademia, dai colleghi, dai libri, dai tutorials su youtube ...) le tappe principali sono: 1- compra! 2-fai qualcosa di bello! (dove con bello si intende qualcosa che possa destare ammirazione e possibilmente desiderio di possesso con un conseguente introito di potenziale creativo sotto forma di denaro). 3- eventualmente esprimiti ma senza intaccare troppo il punto 2. Posiamo ora con attenzione lo sguardo sui media della nostra creazione: fogli e tele bianchi ed uniformi, con misure pre-stabilite, pennelli tarati per mani medie neutre-ideali-inesistenti, colori finissimi e brillanti già pronti, spesso inodori, inconsistenti, racchiusi in barattoli o in inquietanti tubi di plastica molliccia (per non parlare dei supporti per ‘‘pittura‘‘ digitale). Compriamo e dipingiamo, entrando in contatto solo con la parte in luce, creativa e piacevole del processo, omettendo completamente e delegando ad altri la parte d' ombra: sporca, faticosa e spiacevole, così come la nostra cultura infantilista ci insegna (infantilista nel senso che promuove l' indisposizione al sacrificio, al disgusto e alla frustrazione della noia e dell´attesa). In altre parole si crea ma non si distrugge -o non si distrugge abbastanza- instaurando così in modo del tutto incosciente un netto squilibrio polare. Tale squilibrio, appartenendo alle cose di questo mondo, è comunque destinato ad equilibrarsi prima o poi e la parte in ombra omessa potrà riproporsi al pittore per esempio sotto forma di insoddisfazione profonda e indefinibile -nonostante un' apparente successo-, sensazione di mancanza di autenticità . Compriamo e dipingiamo, dicevo, entrando a metà del processo. Manca una parte importante del processo, anzi direi che manca la parte che conferisce un senso al processo. Non vi può essere albedo, citrinitas, rubredo e oro senza nigredo, ovvero se omettiamo il processo fondamentale e generatore (nigredo) legato alla distruzione, alla marcificazione, alla nerezza, se escludiamo Ade, automaticamente tutti gli altri processi di tipo creativo non saranno che una misera farsa, un' illusione, alla quale la nostra parte egoica crede per convenienza (questo l´ho fatto IO! Sono un creativo!) ma verso la quale la nostra anima proverà , con tutta probabilità , una certa diffidenza. ‘’In classe vengono messe grandi piante che prendono il mio posto. Sono loro le insegnanti. Stare in una classe piena di piante è molto interessante perché gli studenti mettono a diretto confronto la loro creatività con la natura. (…) ai miei studenti non spiego questo, non dico proprio nulla: metto solo lì le piante e li lascio soli con loro. Spero che qualche scintilla li raggiunga,,
La natura cresce in base a leggi stabili e a una grande regolarità, nella natura tutto è esatto: come si sviluppano le foglie, come cresce il tronco, come sbocciano le gemme. Le piante influenzano gli uomin, ma quando un artista impara dalla creatività di un albero, la propria diventa quasi perfetta; non può fallire se nel dipingere segue le leggi della natura,, ‘’Osservi che aspetto crudele hanno i bianchi: le loro labbra sono sottili, i loro nasi affilati, i loro visi sono tesi e torturati dai loro pensieri, i loro sguardi sono fissi: stanno sempre cercando qualcosa. Cosa cercano? I bianchi vogliono sempre qualcosa, sono sempre nervosi e irrequieti… noi non sappiamo cosa vogliono, non lo capiamo… pensiamo che siano semplicemente pazzi,,
da una conversazione tra Ochwìa Biano (Lago Di Montagna) capo dei Pueblos Taos e C. Gustav Jung Le figure del mito -che litigano, imbrogliano, hanno ossessioni sessuali, consumano vendette, sono vulnerabili, uccidono, sono dilaniate- mostrano che gli Dei non sono sono solo perfezione (…) I mitemi in cui compaiono gli Dei sono stracolmi di comportamenti che, da un’ ottica secolare, andrebbero classificati come patologia criminale, mostruosità morale o disturbi della personalità. (…) Ne consegue che la nostra individuale completezza richieda le nostre patologizzazioni. La mitologia classica è, se si vuole, un vero e proprio manuale di psicopatologia; è tutto lì, basta solo leggerlo in questa luce (J. Hillman 2008) È possibile, quindi, domandarsi: se le emozioni appartengono agli Dei, perché danzare il vostro desiderio, dipingere la vostra paura, oppure dare il vostro dolore in prestito alla voce alla voce per trovare le sue parole? (…) La mia risposta a questa domanda è piuttosto semplice. Anche se molti obbiettivi sono possibili, e diversi terapeuti e scuole avranno diverse intenzioni, io non mi impegno nell’ arteterapia né per l’ arte, né il paziente, né per né per l’ emozione. Che altro c’è oltre al prodotto artistico, al paziente e all’ emozione? L’ immaginazione! Poiché l’ arteterapia attiva l’ immaginazione e permette di materializzarsi, cioè di entrare nel mondo attraverso le emozioni del paziente, la terapia con l’ arte deve avere la precedenza su tutti gli altri tipi di terapia. J. Hillman 2002 H. McConeghey apre le porte alla presenza dell’ anima che permea e avvolge il concetto di bellezza: in questo senso non è più possibile pensare alla bellezza solo in termini di piacere e armonia. C’è grande dolore e tristezza in ogni paradigma di bellezza perché esso include l’ ampiezza dell’ umana esperienza. Questo tipo di percezione estetica vede la bellezza in ciò che è sgradevole e duro così come in ciò che è bello e armonioso. Se la presenza dell anima fa pensare a una bellezza più profonda, allora ‘’bellezza’’ significa partecipazione dell’ anima del mondo, anche nelle situazioni piene di dolore e miserabili. Come arteterapeuti, noi siamo al servizio di Afrodite (…) Quando il significato delle opere dei pazienti ci sembra perfettamente chiaro, e non c’ è mistero, possiamo essere sicuri che entrambi non abbiamo riconosciuto la divinità dell’ immagine, o il paziente sta resistendo alla fantasia e sta dissimulando con banali e tradizionali figure e modelli. L’ uso di modelli banali o stereotipati è un tentativo di eludere le richieste di Afrodite, l’ imperativo artistico della psiche. Howard McConeghey, 2003 ‘’Le ancelle di Afrodite erano Inquietudine e Tormento. Partecipare all’ esperienza del mondo significa rispondere esteteticamente. Per gli arteterapauti significa percepire la qualità estetica delle opere d’ arte dei loro pazienti (…) Un’ esperienza artistica può essere il primo passo nel realizzare la bellezza della vita quotidiana. Non è abbastanza scrivere i sogni di qualcuno o dipingere le immagini interiori, la persona deve anche connettere tali immagini con la vita di tutti i giorni. Connettere le immagini psichiche alla vita di tutti i giorni è l’ essenza della creatività.,, Howard McConeghey, 2003 L’ opera d’ arte dei bambini spesso tocca l’ anima con la bellezza degli Dei vista nelle cose ordinarie che contano. La bellezza è la manifestazione rivelatrice della realtà essenziale sotto la materialità oggettiva delle cose. (…) Se noi chiediamo come disegnare diamo per scontato che ci sia un’ autorità che conosce ‘’il modo giusto’’ (…) Solo quando ci troviamo nel regno del tramonto della psiche inconscia possiamo realizzare o rendere reale attraverso l’ arte il valore delle cose ordinarie. Solo in questo regno possiamo immaginare le radici archetipiche delle nostre esperienze individuali. Solo attraverso l’ umiltà e l’ accettazione dell’ autonomia della psiche oggettiva l’ immagine può essere formata con materiali concreti. Qua è dove l’ arte inizia. Questo è il motivo per cui i disegni spontanei dei bambini, degli adulti senza formazione e dei pazienti in arteterapia possono essere chiamati arte. Howard McConeghey, 2003 Howard McConeghey La foresta d' inverno sembra creata apposta per essere abitata da questi suoni senza tempo 💚 #tambureddhu #luoghinaturalidelsuono #pizzicapizzica
Non c'è nulla da dire sulla visita alla Torre. Non ci sono proprio le parole. Ci sono immagini, belle, intense, increndibili, susseguitesi, ora sinusoidalmente, ora toricamente verso il basso/centro e poi verso l' alto/periferia e poi di nuovo giù verso il centro. L' incontro ''casuale''col nipote A. sulle colline di Herrliberg circa 7 anni fa, le visite -simili a pellegrinaggi-, l' incontro con una donna stupenda al cancello della torre (organizzato dall' ''Homo Salvadego di Sacco'' e da una certa iconografia di Maria di Magdala), altre visite-pellegrinaggi, l' invito per un the, sul muretto a strapiombo sull' acqua, seduta sul suo fazzoletto bianco steso con cura per proteggermi i vestiti, la teiera in ghisa nera, poche parole -l' utilità delle parole è così sopravvalutata !!!- e l' arrivo di Hermes: maschile, messaggero, tessitore di relazioni che rende tutto più reale, più concreto, denso e materico. Compagni di viaggio meravigliosi, energie maschili intense, stimolanti e tempranti. Ecco qualche fotografia, le più ''neutre'' e discrete: non mi fa sentire bene pubblicare i dettagli intimi di un ''luogo sacro'' ''Sono sopravvissuta all’ emozione, ed oggi si è avverato un sogno… anzi, IL sogno!
Un sogno incubato 7 anni e realizzatosi in una straordinaria giornata di luce e sole grazie ad un’ incredibile trama sincronica di eventi, persone, luoghi, momenti, immagini, relazioni. Ho avuto l’ opportunità di visitare il più magico dei luoghi magici, di guardare negli occhi Atmavictu, di conoscere Ym che fa splendere il sole, di vagare qualche istante per le oscure regioni del cosmo con Telesforo, di spingere la sfera con l’ Orsa, di giocare con Mercurio-burlone, di condividere momenti intimi, preziosi e commoventi coi componenti di questa straordinaria famiglia. Voglio ringraziare tutte le persone che hanno reso possibile questo miracolo: In ordine più o meno cronologico, grazie a Carl, Werner, Elena, Giulia, Robert, Jost, Andreas e grazie ai miei adorabili compagni di viaggio. ora mi ci vorranno 10 anni per metabolizzare e comprendere tutto quello che mi è successo là dentro <3,, ''L’ opera d’ arte dei bambini spesso tocca l’ anima con la bellezza degli Dei vista nelle cose ordinarie che contano.
La bellezza è la manifestazione rivelatrice della realtà essenziale sotto la materialità oggettiva delle cose. (…) Se noi chiediamo come disegnare diamo per scontato che ci sia un’ autorità che conosce ‘’il modo giusto’’ (…) Solo quando ci troviamo nel regno del tramonto della psiche inconscia possiamo realizzare o rendere reale attraverso l’ arte il valore delle cose ordinarie. Solo in questo regno possiamo immaginare le radici archetipiche delle nostre esperienze individuali. Solo attraverso l’ umiltà e l’ accettazione dell’ autonomia della psiche oggettiva l’ immagine può essere formata con materiali concreti. Qua è dove l’ arte inizia. Questo è il motivo per cui i disegni spontanei dei bambini, degli adulti senza formazione e dei pazienti in arteterapia possono essere chiamati arte. ,, Howard McConeghey, 2003 LIENZO PROJEKT: un lenzuolo per accogliere un sogno collettivo, terza ed ultima fase
CUCITURA E BENEDIZIONE DEL LIENZO Cucito e benedetto fu il Lienzo e ognuno dei suoi sogni! Significato, giaciuto, sognato, offerto. Non vi era fuoco eppure tutti lo vedevano e sentivano. Nessuno vedeva il dio -che dalle pene libera- eppure tutti lo vivevano e sentivano. Bosco e lucciole, percussioni e canti, danze e piedi scalzi. La Prescelta è stata liberata La sacredotessa un dithỳrambos Il sacerdote una sigaretta. Nei giorni a venire qualche ferita una scatola blu piena di nasi un tamburello appeso a una valigia rotta davanti ad una porta che sta per chiudersi -per sempre-. Il Lienzo- ripiegato con cura, custodito in segreto e cosparso di purpurina d’ oro- in attesa di essere ostenso. I sogni, in attesa di essere esauditi. ♡ grazie di cuore a tutti!!! #lienzoprojekt #arterelazionale #humanocolectivo#eleonoradesimoni Lienzo-Projekt: un lenzuolo collettivo per accogliere un sogno collettivo:
i frammenti di lenzuolo, significati dalle immagini oniriche, ‘’tornano a casa’’ e attendono di essere ricongiunti. Riceverli e custodirli in attesa della cucitura mi riempie di gioia ♡ !!! #lienzoprojekt #arterelazionale #humanocolectivo #eleonoradesimoni Rituale d' inizio del Lienzo-Projekt : frammentazione del lenzuolo
Un grande sogno collettivo sta per prendere forma (per l' esattezza, al momento, misura cm 262 x 218). Le immagini che lo abiteranno -in attesa di essere sognate- nuotano già, indistinte e caotiche, nel fiume che scorre sotto le coscienze (e le connette). Il lenzuolo che accoglierà il sonno, incuberà e partorirà il sogno, è partito dall' India per sostare all' ICA di Hornsgatan 146 (Stockholm) per poi ripartire verso Zürich dove mani amorevoli l' hanno lavato, profumato di lavanda, stirato (male) ,per poi partire alla volta di Lecco, dov' è stato amorevolmente dualizzato da un uomo (il Bressan) e una donna (io), e poi frammentato da loro che splendide hanno le mani. Poesia, cibo cucinato con Amore e buon vino hanno concluso il rituale d' inizio e benedetto i frammenti che hanno preso le loro innumerevoli differenti strade. #lienzoprojekt #arterelazionale #humanocolectivo #eleonoradesimoni Ciò che Afrodite genera è il desiderio di conoscere e di essere conosciuti che, se porta all’ intimità fisica, può dar luogo alla fecondazione e a una nuova vita. Se l’ unione è anche unione di mente, di cuore o di spirito, accade la crescita di qualcosa di nuovo nella sfera psicologica, e motiva o spirituale. Quando Afrodite influenza un rapporto, l’ effetto non è circoscritto alla sfera romantica o sessuale. L’ amore platonico, l’ unione di anima, l’ amicizia profonda, il contatto e la comprensione empatica sono tutte espressioni d’ amore.
Ogni volta che ha luogo una crescita, che viene coltivata una visione, incoraggiata una scintilla di creatività, sviluppate delle risorse, come può accadere nei rapporti di guida, di consulenza, di genitorialità, di direzione, di insegnamento, di psicoterapia e di psicoanalisi, ciò significa che Afrodite è presente e influenza entrambe le persone coinvolte. (...) Afrodite è una forza immensa di cambiamento. Attraverso di lei fluiscono attrazione, unione, fecondazione, incubazione e nascita di una vita nuova. Quando questa sequenza ha luogo tra un uomo e una donna su un piano puramente fisico, viene concepito un bambino. Ma la sequenza è identica anche in tutti gli altri processi creativi: attrazione, unione, fecondazione, incubazione e nuova creazione. Il prodotto della creazione può essere astratto come l' unione ispirata di due idee alla fine danno luogo ad una nuova teoria. Il lavoro creativo nasce da un coinvolgimento intenso e appassionato, più o meno simile a quello con un amante, perché l' uno (l' artista) interagisce con l' ''altro'' per portare in essere qualcosa di nuovo. La creatività per molte persone è anche un processo sensuale, un' esperienza sensoriale di immersione nel momento, che chiama in causa il tatto, il suono, l' immaginazione, il movimento e talvolta anche l' odorato e il gusto. L' artista immerso in un processo creativo, al pari di un amante, spesso scopre che tutti i suoi sensi sono potenziati e che riceve impressioni percettive attraverso molti canali. Quando lavora su un' immagine visiva, una frase verbale, un movimento di danza, molte sono le sensazioni che possono interagire per creare il risultato. Jean S. Bolen, le dee dentro la donna Il cerchio, anche inteso come sezione o prospettiva aerea del Torus, è una forma molto ricorrente in natura e probabilmente la forma geometrica più frequente nell‘ espressione grafico- simbolica dell‘ uomo: una forma ideale, priva di inizio e fine, perfetta secondo la filosofia platonica e neoplatonica, un‘ unità priva di rotture e spigoli vivi, simbolo di interezza e continuità infinita. Con il cerchio, fin dall‘ antichità sono rappresentati gli astri divinizzati da cui dipende la vita nonché il regno degli dèi sia in estremo oriente che in Mesopotamia che nell‘ Europa cristiana. La forma ellittica -di cui il cerchio è una sotto-forma- è una delle prime che i neonati ‘‘riconoscono,, visivamente per contrasto cromatico al fine di individuare la fonte di nutrimento e sopravvivere (areola) ed è la prima forma bidimensionale che i bambini rappresentano graficamente, di solito attorno ai 2-3 anni in corrispondenza della fase evolutiva relativa alla presa di coscienza della propria unità corporale e del proprio sé indipendenti da quelli della madre. (K. Machover) Girare su sé stessi, formando un circolo ideale, è una delle prime abilità motorie che il bambino sperimenta istintivamente, una volta conquistata e padroneggiata la posizione eretta. Lo stesso movimento è diffuso trasversalmente in molte usanze umane: si pensi a certi giochi di società, alle danze tribali e popolari, a certe posizioni yogiche, alle figure di molte discipline sportivo-artistiche. La forma circolare ricorre anche in molte occasioni di riunione della comunità (tavola rotonda, circolo privato): permette l‘ equidistanza dal centro da parte di tutti i componenti e il contatto visivo tra gli stessi. Circolare è l‘ anello che stipula l‘ alleanza matrimoniale in molte culture; circolare è il simbolo protettivo che si traccia idealmente o materialmente sul suolo prima di un rituale magico; Circolari sono le rappresentazioni cosmogoniche mandaliche yantriche di supporto alla Samādhi; ‘‘ Il cerchio (o la sfera) costituisce il simbolo del Sé,, ( M.L. Von Franz), esso esprime la totalità della psiche in tutti i suoi aspetti, compreso il rapporto tra l‘ uomo e la globalità della natura. Secondo un mito di creazione indiano, il dio Brahma, stando in piedi su un enorme loto dai mille petali di forma circolare, volge gli occhi ai quattro punti della circonferenza. Questo quadruplice sguardo sulla corolla del loto costituì una sorta di orientamento preliminare, l‘ indispensabile valutazione della direzione prima dell‘ inizio dell‘ attività creativa. Qualcosa di simile accade anche a Buddha: al momento della sua nascita, sorge dalla terra un fiore di loto, Budda vi sale per contemplare le 10 direzioni dello spazio (gli 8 raggi del loto più l‘ alto e il basso); Tale ricerca di orientamento spaziale può simboleggiare la necessità umana di un orientamento psichico. ,, da L' UOMO E I SUOI SIMBOLI, C.G. Jung ‘‘Secondo un‘ antica tradizione, anche l‘ anima ha forma sferica. Come afferma il monaco Cesario di Heisterbach, essa non solo è ‘‘analoga alla luna ma è anche dotata da ogni parte di occhi (ex omni parte oculata) ‘‘. da COSCIENZA, INCONSCIO E INDIVIDUAZIONE, C.G. Jung Nella cultura dei nativi americani il cerchio con un punto al centro simboleggia la manifestazione del Grande Spirito: indica sia un occhio che un buco e si associa, durante i riti sciamanici, al passaggio da un mondo all' altro e alla capacità di vedere in un altro mondo. L' atto di racchiudere in un cerchio (p. es. attraverso la corsa di gruppo) era inoltre praticato in molti rituali collettivi al fine di produrre un' esperienza spirituale più intensa come protezione da invasioni spirituali. Circolare è la base delle tende e la disposizione degli accappamenti in accordo con la percezione delle traiettorie orbitali lunari, solari e stellari,
Aggiungendo dei raggi, il cerchio si trasforma in ruota apportando dinamicità all' immutabilità del semplice cerchio. (Riproduzioni autorizzate dagli autori) ''Ho iniziato a dipingere le mie radici, ma al loro posto è comparso un gruppo di uomini-elefante. Non c'era nessuna radice e gli uomini elefante hanno iniziato ad aiutarmi a cercarle. Io potevo solo stare a guardare. Gli uomini elefante non hanno trovato che un fragile, piccolo, pallido seme semi-germogliato. Impietositi e concitati si sono messi a rianimarlo. Grazie al massaggio cardiaco degli uomini-elefante le radici hanno iniziato a crescere forti e potenti, arrivando fino in Africa e poi fino al centro della terra! Da lì mai nessuno è riuscito a staccare una radice!'' ''C´erano delle macchie e le ho trasformate in un piccolo albero. Gli ho aggiunto il cielo e la terra. Nel cielo c' era già una macchia gialla che sembrava il sole. L' albero però era troppo piccolo e debole... denutrito, così gli ho aggiunto delle radici fitte e profonde... tra qualche mese diventerà grande forte e bellissimo.'' ''Le radici andavano dappertutto tranne che sotto terra (le radici devono stare sotto terra altrimenti muoiono). Ho dovuto soffiare fino a star male per farle arrivare almeno fino ai bordi e alcune non sono riuscite ad attaccarsi.'' ''Sono radici senza niente sopra, cresciute in cattività e in troppo poco spazio. Le ho tolte dalla campana di vetro le ho aperte un po'. Sarà meglio metterle in un po' di terra e dare loro un po´di acqua prima che sia troppo tardi.'' ''ho dipinto delle belle radici forti e rosse, poi un un tronco e dei bei rami fitti, poi il fogliame verde e rigoglioso, perché è così che dovrebbero crescere ogni albero: ricevendo la massima cura per ciò che sta sotto la terra, ciò che sta sopra e ciò che sta in cielo.'' ''Sembrano radici che sanguinano, radici di alberi adulti sradicati che difficilmente attecchiranno in un nuovo terreno'' " Qualunque cosa tu abbia da dire, lascia le radici attaccate e falle penzolare con il terriccio, giusto per chiarire da dove sono venute"
Was immer du zu sagen hast, laß die Wurzeln dran, laß sie hängen. Mitsamt der Erde, um klarzumachen, woher sie kommen.“ (C. Olson zitiert nach Dhority und Hartkemeyer, S.91) (...) La chiesa aveva vietato l’ uso degli strumenti musicali nella cappella di S. Paolo. Ai tarantati veniva quindi a mancare il supporto musicale tipico della terapia domiciliare, che sosteneva il ciclo coreutico e dava orizzonte simbolico al rituale. Proprio a causa della mancanza della musica i tarantati, all’ interno della cappella si S. Paolo, si abbandonavano soltanto a movimenti convulsi e ripetitivi, privi di ordine logico e a grida e pianti inconsulti: un atteggiamento valutabile solo i termini psichiatrici. (De Martino e Carpitella)
La musica non è l’ elemento che scatena la trance, ma anzi, avrebbe la funzione di ‘’controllare’’ la trance, di darle un ordine gestuale e simbolico e, nel caso in cui essa abbia un carattere terapeutico, di offrire la possibilità della risoluzione della crisi (Rouget). da Antropologia della Musica, Maurizio Disoteo (Guerini Studio) #meloterapia #tarantismo #arteterapia ‘’(…) Nel tarantismo, simbolismo coreutico-musicale e simbolismo cromatico assolvevano entrambi la funzione di stimolo evocativo e di deflusso, al punto da poter dire -e non sembri un’ immagine barocca poiché un certo barocchismo è nella cosa stessa esaminata- che durante l’ esorcismo in azione certi suoni si sposavano a certi colori, certi colori a certi suoni, e gli uni e gli altri, in virtù del mito della tarata sonora e colorata, canterina e ballerina, concorrevano a fondare un determinato orizzonte di ricerca, di ripresa e di liquidazione rispetto a certi contenuti critici sepolti nell’ inconscio e in atto di convertirsi sintomi nevrotici. ,,
''Nel corso della nostra indagine etnografica dell’ estate del ’59 avemmo l’ occasione di notare come nel tarantismo avesse una parte importante il simbolismo cromatico: allo stimolo dei suoni faceva riscontro quello dei colori, al bramoso ascoltare certi strumenti come per assorbirne il ritmo e melodia si accompagnava il fissare avidamente lo sguardo su certi colori, e infine alla musica sgradita o stonata corrispondeva il colore ostile, suscitatore di impulsi aggressivi e di impeti di collera. Notammo anzi, in dati casi, il simbolismo cromatico, al pari di quello musicale, poteva non operare -si ricordi il caso di Michele di Nardò - e allora tutto l’ esorcismo rischiava di risolversi in un penoso conato fallito.,, La terra del rimorso, Il simbolismo cromatico p. 171 E. Di Martino 1961 Il Blu come esperienza sinestetica e psichica.
Ci dice Hillman, attraverso "Blu alchemico e unio mentalis": ''Sull'argento sofico di un'immaginazione imbiancata che sa che nell'inargentarsi il blu è presente, e quindi lo vede? La fase blu che separa il bianco dal nero assomiglia alla tristezza che emerge dalla disperazione nel suo procedere verso la riflessione. Riflessione che proviene da una distanza blu, o in essa anche ci introduce, non tanto come un nostro atto di concentrazione, ma come qualcosa che in noi si insinua quale una fredda, isolante inibizione. Questo ritrarsi verticale assomiglia anche a uno svuotarsi, al crearsi di una "capacità" di accoglienza, o di un ascolto profondo - già un presagio dell'argento. Sono queste le esperienze che Goethe associa al blu: «Il blu reca ancora con sé un principio di oscurità... è potente, come colore, ma appartiene alla serie negativa, e nella sua purezza più elevata è quasi una negazione stimolante... una sorta di contraddizione tra eccitazione e riposo. Come ci appaiono blu il cielo in alto e i monti più lontani, così una superficie blu sembra allontanarsi da noi... ci trascina al suo seguito. Il blu ci da un'impressione di freddo e quindi, ancora, ci fa memori dell'ombra. Abbiamo già parlato della sua affinità col nero. Le stanze dipinte di blu puro sembrano in qualche misura più larghe, ma al tempo stesso vuote e fredde... gli oggetti visti attraverso un vetro blu (sono) lugubri e melanconici». Ma la tristezza non è tutta del blu: anche un tumultuoso dissolversi della nigredo può mostrarsi attraverso"blue movies" (film pornografici), "blue language" (linguaggio blasfemo), nell'amour bleu, nei barbablù, nelle "blue murder" (minacce di carneficina), e nel corpo cianotico. Quando insorgono fantasie Animus-Anima di questo genere, perverso, pornografico, agghiacciante o vizioso, è all'interno della transizione del blu verso l'albedo che possiamo situarle; potremo allora cercare tracce d'argento nella violenza, perché vi sono modi di riconoscersi che prendono forma nell'orrore e nell'oscenità. La putrefactio dell'anima genera una nuova coscienza animica, un radicamento psichico che deve includere esperienze infere proprie di Anima, le sue affinità con il perverso e la morte. Il blu scuro del manto della Madonna genera molte ombre, e sono quelle che le danno profondità di comprensione; proprio come la mente formata sulla Luna è vissuta con Lilith, cosicché il suo pensiero non può mai essere ingenuo, non può cessare mai di sprofondare verso le ombre. Il blu protegge il bianco dall'ingenuità. Come Jung afferma, la direzione verticale è associata al blu per tradizione. Le antiche parole greche per il blu servivano anche a designare il mare; in Tertulliano e in Isidoro di Siviglia il blu si riferiva sia al mare sia al cielo, analogamente alla parola greca (bathun) e a quella latina (altus), che implicavano l'alto e il profondo in una sola parola. La dimensione verticale come gerarchia persiste nel nostro linguaggio, nel sangue blu per la nobiltà, nei nastri azzurri delle premiazioni, e in molte immagini mitologiche di "dèi blu": Kneph d'Egitto, le vesti blu di Odino, Giove e Giunone, Krishna e Vishnu, Cristo nel suo ministero terreno, come il Cristo-Uomo blu visto da Hildegard di Bingen. Il passaggio dal nero al bianco attraverso il blu implica che il blu porti sempre il nero con sé. (Fra i popoli africani, per esempio, il nero include il blu, mentre nella tradizione giudaico-cristiana il blu appartiene piuttosto al bianco). Il blu porta nell'imbiancamento tracce di mortifìcatio. Quel che era prima la vischiosità del nero, quale catrame o pece da cui era impossibile liberarsi, si trasforma ora nelle virtù tradizionalmente blu della costanza e della fedeltà; gli stessi eventi foschi appaiono diversi, e gli aspetti tormentati e sintomatici della mortificazione - lo scorticarsi, la frantumazione di vecchie strutture, la decapitazione di volontà caparbie, i topi e il marciume della propria cantina personale - cedono il passo alla depressione. Come il blu, perfino il più scuro, non è nero, così la depressione, anche la più profonda, non è la mortifìcatio che significa morte dell'anima. La mortifìcatio è più spinta: le immagini sono compulsivamente imprigionate nel comportamento, la visibilità è zero, la psiche è intrappolata nell'inerzia e nell'estendersi della materia. Una mortifìcatio è un tempo di sintomi. Queste torture della psiche nella physis, inesplicabili e totalmente materializzate, vengono mitigate, in accordo con la sequenza dei colori, da un moto verso la malinconia, che può aver inizio con un rimpianto dolente perfino del sintomo perduto: «Era meglio quando stavo male fisicamente - ora posso soltanto piangere». Estrema infelicità (" blue misery"). Così con l'apparire del blu il sentimento diventa sovrano e il sentimento sovrano è il lamento dolente (Rimbaud equipara il blu alla vocale "O", e Kandinsky al suono del flauto, del violoncello, del contrabbasso e dell'organo). Sono lamenti che portano tracce dell'anima, del suo riflettere e distanziare attraverso l'espressione immaginativa. Qui è più facile capire perché la psicologia archetipale abbia eletto la depressione a via regia del "fare anima": gli esercizi ascetici che chiamiamo "sintomi" (e il loro "trattamento"), la disperazione per la colpa e il rimorso, in quanto decomposizioni della nigredo, trasformano la vecchia personalità dell'Io "riducendola"; ma questa necessaria riduzione è solo preparatoria al senso d'anima, il cui primo apparire è appunto nell'immaginazione venata di blu della depressione. Possiamo dire che il blu sia il prodotto di una collaborazione fra Saturno e Venere. Secondo Giacinto Gimma - un gemmologo settecentesco - il blu rappresenta Venere, mentre il capro, l'emblema saturnino del Capricorno, è l'animale del blu; e il Capricorno, come ricorderete, si estende lentamente dalle profondità alle altezze: immensa distanza e immensa pazienza. Nel recare a Venere una malinconia più profonda e nell'indurre magnanimità in Saturno (un'altra virtù del blu, secondo Gimma), il blu rallenta anche il passo del bianco, perché è il colore del riposo (Kandinsky) e quindi il fattore ritardante nell'imbiancamento. È l'elemento della depressione che suscita dubbi profondi e principi elevati, che vuol dare alle cose un ordine di fondo e definirle per renderle chiare. Questo effetto del blu sul bianco può manifestarsi in sentimenti di servizio, in operosità e disciplinata osservanza delle norme, o in certi simboli civici convenzionali che taluni di questi sentimenti potrebbero assumere, come la Croce Blu, i "blue collars" e le tute blu. Lo stesso effetto può anche manifestarsi nei sensi di colpa e negli scrupoli di coscienza. Vi è infatti un "aspetto morale nell'imbiancamento" - e penso che proprio questo sia l'effetto del blu. L'imbiancamento non implica un venir meno dell'Ombra, né un prenderne coscienza; per me significa invece un più vasto spazio per sostenere le sue altezze e le sue profondità, la sua intera dimensione. L'anima si fa più bianca perché l'Ombra è uscita dal rimosso e si è diffusa nelle diverse ramificazioni della coscienza; come i blu che infondono la profondità dell'ombra e la precisione del corpo nei dipinti a olio, come la goccia blu che fa più bianco il bucato. La peculiarità dell’ombreggiatura dipende dalla proporzione bianco/nero: «Se il nero supera il bianco di un grado, ne risulta un colore blu-cielo». Quanto più nero c'è tanto più scuro è il blu; e anche quelle celestiali aspirazioni, che come lampi azzurri corrono nel lontano blu selvaggio, portano un po' di oscurità, una goccia di putrefazione, una grazia salvatrice di depressione nella loro speranza; e la grazia salvatrice del celeste ("light blu") di Maria sta forse proprio in quel suo "grado di nerezza". Secondo me, la definizione junghiana del blu, come "funzione di pensiero" si connette all'antica associazione del blu con le profondità impersonali del mare e del cielo, con la sapienza di Sophia, con la filosofia morale e la verità. Le immagini dipinte di blu, dice lo pseudo- Dionigi «mostrano la segreta profondità della loro natura»: il blu è «oscurità resa visibile». Questa profondità è una qualità della mente, un potere invisibile che permea ogni cosa, come l'aria - e il blu è il colore dell'elemento aereo, come l'Alberti scrive nella sua grande opera Della Pittura. Quando i blu più scuri si presentano in analisi, io mi preparo, prevedendo che ci attendano ora le altezze e le profondità di Animus e Anima, o dell'Animus dell'Anima, come talora lo chiamano gli junghiani. (Sapevate che "blue-stocking" significava donna colta, che "blueism" significava "il possesso o l'ostentazione di cultura in una donna", e che il semplice termine "blue" significava un tempo "amante della letteratura"?). Questi blu scuri sono inflazioni dell'impersonale, del nascosto; ma non sono euforici nella loro inflazione, si presentano invece come ponderosi pensieri filosofici, giudizi sul bene e sul male, e sul luogo della verità in analisi. E tuttavia quel che sembra, e in effetti è, così profondo, in realtà è distaccato e lontano dalle cose immediate. Ciò di cui stiamo parlando «sembra allontanarsi da noi» e «trascinarci al suo seguito» (Goethe), con i modi seducenti di Anima. Ricordare che l'Animus dell'Anima è uno spirito psichico che cerca di illuminare l'anima, sprofondandola o innalzandola verso le verità impersonali, mi aiuta a meglio destreggiarmi in queste sedute analitiche; sono arrivato a capire, grazie a Goethe, che in questi colloqui blu-scuro di "negazione stimolante" (pensieri negativi dell'Animus, giudizi negativi dell'Anima), è riposto un tentativo di ricerca dell'anima. È un'opera di distanziamento e di distacco (Goethe) che si va compiendo, uno sforzo di riflessione che è tuttora intriso di nigredo, perché scava troppo in profondità e preme troppo forte, trascurando le superfici immediate da cui l'argento trae la sua luce; e tuttavia quelle stesse "negatività", che ossessionano a tal punto la riflessione con fosche intuizioni e "ruminazioni" depressive, dilatano lo spazio psichico svuotando la stanza (Goethe) delle sue precedenti strutture. Quando l'anima tenta di aprirsi una via di uscita dall'oscurità, attraverso faticose meditazioni filosofiche, ha luogo allora l'imbiancamento: l'Animus è al servizio dell'Anima. Persino la negatività dell'umore e della critica, e il mio stesso ritrarmi, che avverto durante questi esercizi, appartengono a questo percorso blu verso il bianco. La nigredo non ha termine in un'esplosione o in un piagnucolio, ma impercettibilmente passa nel soffio dell'anima (anima) con un sospiro. Ci può essere di aiuto ricordare un'immagine di Rabbi ben Jochai riportata da Scholem: la fiamma ascendente è bianca, ma proprio alla sua base, come un piedistallo, vi è una luce blu nera la cui natura è distruttiva. La fiamma blu nera attira le cose e le consuma, mentre il biancore continua a fiammeggiare al di sopra. Il blu distruttivo e il bianco sono racchiusi nello stesso fuoco, ed è in virtù della sua stessa inerenza alla nigredo - commenta Scholem - che la fiamma blu può consumare l'oscurità di cui si nutre. Gli aspetti che siamo andati scoprendo in questa amplificazione mettono in rilievo l'importanza del blu nel processo alchemico. Qualcosa di essenziale andrebbe perduto se l'apparire del bianco non fosse che il risultato di una liberazione dall'oscurità; qualcosa deve incorporare nell'albedo una risonanza, una fedeltà a quel che è accaduto, e trasmetterne la sofferenza con un'altra sfumatura: non più come dolore lancinante, come decomposizione o come memoria della depressione, ma come valore. Il valore fa parte della fenomenologia dell'argento: il senso del valore delle realtà psichiche non si genera soltanto dal sollievo alla più nera disperazione. È proprio il blu che da valore al bianco, nei modi che abbiamo indicato, e specialmente con l'introdurre preoccupazioni di ordine morale, intellettuale e religioso; così portando alla mente imbiancata una capacità di valutare le immagini, di dedicarvisi con devozione, e un senso della loro verità, invece di riflettere semplicemente lo spettacolo che offrono considerandolo una fantasia. È il blu che da profondità all'idea di riflessione, al di là della sola nozione del rispecchiarsi, inducendola verso nozioni ulteriori, quali il ponderare, il considerare, il meditare. Si dice che i colori che annunciano il bianco siano quelli dell'iride e dell'arcobaleno, quelli dei "multi flores", e soprattutto quelli che risplendono nella coda del pavone con i suoi molteplici occhi. Secondo Paracelso i colori sono il risultato di un prosciugarsi dell'umidità: lo si creda o no, c'è più colore nel deserto alchemico che nell'inondazione, più dove l'emozione è minore che dov'è maggiore. L'inaridirsi libera l'anima dal soggettivismo personale e, man mano che l'umidità si ritrae, quella vivacità un tempo posseduta dal sentimento può ora oltrepassarlo, per riversarsi nell'immaginazione - dove il blu è d'importanza straordinaria, perché è il colore dell'immaginazione tout court. Per fondare questa apodissi non mi limito a quel che finora abbiamo esplorato - l'umor malinconico ("blue mood") che favorisce il fantasticare, il cielo azzurro ("bluesky") che suscita l'immaginazione mitica chiamandola alle mete più distanti, il celeste di Maria, epitome occidentale dell'Anima, e la sua funzione di stimolo nel "fare immagine", la rosa blu del romanzo, un pothos che si strugge per ciò che è impossibile, contra naturam (e pothos, il fiore, era una consolida reale blu, o delphinium, posata sulle tombe).,, #blu #hillman #jameshillman |
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