..."Eu quis te convencer, mas chega de insistir
Caberá ao nosso amor o que há de vir Pode ser a eternidade má Caminho em frente pra sentir saudade"... Nuova canzone in arrivo, per sopravvivere a un nuovo autunno, per sopravvivere a un nuovo addio, ma soprattutto per avere la scusa per riempire la mia casa di musica e anime belle e creative oggi con Danilo Bascur Vásquez e Tata Lorenzo to be continued... Ciao a tutti, oggi è uscita Youtube la mia nuova canzone/video che si intitola ‘’Tous les jours’’. È una cover di un duo che ultimamente mi fa sognare tantissimo: i “Saint Privat”.
Fin dalla prima volta che l’ho ascoltata me ne sono innamorata e mi si è proiettata una serie di immagini che ho poi deciso di seguire fino appunto a costruire la mia versione, mantenendo questa dolcezza infinita e cinica che questa canzone ispira(l’originale è una bossa nova) ma appunto reinterpretata con queste sonorità crude, organiche e vintage che in questo periodo mi piacciono tanto. Immagini e suoni sono stati concepiti insieme come se fossero una sola sostanza, e sono stati trattati e modellati come un mantra/mandala: è presente questo pattern ripetitivo e un po’ ossessivo, dinamico, in ogni caso trasformativo che si muove alla ricerca di un centro e una stabilità che, in questo caso, non riesce -o non riesce ancora- a trovare e mantenere perfettamente…non riesce …o forse non vuole …o non vuole ancora… È una canzone diversa dalle canzoni precedenti, sia per come è nata, per come è cresciuta e per come è stata prodotta, per il tipo di intenzione e di suono finale: credo che rispecchi e racconti molto bene questa nuova tappa della mia ‘’vita musicale’’: sempre bella brut e naif ma più europea, più leggera…’’a togliere’’ anziché ‘’a aggiungere’’ sicuramente più positiva e per certi versi anche più sensibile …e che ha imparato a lasciarsi inondare e fecondare dalla luce del sole del mattino anziché lasciarsi sedurre e parassitare dall’ombra e dalla notte (Amen). Ora, tornando alla canzone, il testo parla di Amore, quello vero: grande, puro, luminoso, oblativo e innocente -innocente in senso buddista- Di quell’amore che “si dà” senza voler nulla i cambio e che non può -e non vuole- essere chiuso, ingabbiato e compresso in un’istituzione, in un contratto, in un gioco perverso di di regole e ruoli prestabiliti o, peggio ancora, in una routine mortifera… e che quando questo in qualche modo accade, e lo si dà per scontato e lo si trascura per troppo tempo, ecco che prima o poi cercherà il modo di scappare, di liberarsi e di trovare altre situazioni in cui tornare a brillare, pieno e libero, perché è vivo! Ringrazio dal profondo il mio produttore artistico, arrangiatore, bassista, tastierista e percussionista ma soprattutto grande amico Danilo Bascùr che ha il super-potere di leggermi nel pensiero e nell’anima e di riuscire a tradurre in suono tutte le idee e le immagini che mi fanno i rave party nella testa. E ringrazio lo special guest Rody Centurion: chitarrista geniale e incredibilmente cool che ha accettato non di suonare ma di ‘’far cantare’’ la sua chitarra in questo progetto. Ringrazio Arian Frank del Ministudio di Zurigo che ci ha accompagnato in questo progetto ed ecco, se vi va, guardatelo/ascoltatelo e fatemi sapere se vi ha comunicato qualcosa :-) Il testo i italiano dice piu o meno: Ogni giorno mi chiedi se ti amo ancora Amore mio, tu sei l’uomo per il quale io sono stata fatta È colpa mia se un bel giorno dovrò lasciarti? Il matrimonio non è il mio percorso. Grazie Questa mattina sono tornata nel Ministudio di Zurigo, il posto in cui la mia storia d'amore con la musica è iniziata cinque anni fa...DA ZERO! La prima volta era il 2019 ed ero stata invitata per una prova con la banda dei "Capitanes del Espacio". Ci sono andata con mille paure, con in mano una fisarmonica gigante e glitteratissima e senza nemmeno sapere cosa fosse un accordo ma con i miei (pazientissimi) compagni di banda ho iniziato a imparare piano piano. Ricordo che non osavo nemmeno partecipare ai cori perché ero convinta di avere la voce da Elephant Man. Dopo qualche anno, altre collaborazioni, altri progetti ...e grazie anche all'età che a un certo punto ti libera da qualsiasi interesse al giudizio degli altri, finalmente ho capito che quello che davvero mi piace fare è cantare e che la fisarmonica non era altro che una pesante e ingombrante protesi vocale. E ho capito che dovevo svegliarmi perché avevo già perso troppo tempo. Ho incontrato la mia splendida vocal coach che mi ha accompagnata in un bellissimo viaggio dentro la mia voce che dura da più di un anno... e ho scoperto che mi piace cantare dolce...sussurrato...in francese...canzoni d'amore...ma non canzoni di quell'"amore" bisognoso, prête-à-porter e un po' cringe che tutti conosciamo...ma canzoni d'amore oblativo, maturo, forse un po' disincantato ma che sa andare oltre l'ego, le strategie, le ferite e le cicatrici per trovare una nuova identità (o almeno ci prova).
Sperimentare e conoscere la voce, immaginare e preparare i testi e gli arrangiamenti, incontrarsi in studio, registrare e produrre una canzone continua a sembrarmi un processo più che creativo, miracoloso! È creare un momento, uno spazio, un ''campo'' in cui tutte queste idee e immagini, grazie al lavoro di squadra, ''prendono suono'' perdendo un po' della loro astrazione estrema e divenendo un po' (proprio solo un pochino) più reali...per lo meno riproducibili e contenibili su un dispositivo, testimoni di questa piccola, giocosa follia di gruppo che poi viene dispersa nell'infinito mondo dei suoni. E il miracolo si fa ancora più sorprendente quando a volte succede che qualcuno ascoltando una delle tue canzoni (senza promozioni affannate e isteriche, senza elemosinare ascolti o condivisioni) cosí, "per caso", riceve e riesce a comprendere tutto questo insieme di benevole intenzioni sottili che viaggia nei suoni attraverso l'etere, bypassando lo spazio/tempo e -in questo caso- precipitando in un treno di Vancouver, in una playlist, in un telefono di un uomo che sta andando al lavoro, e che resta cosí toccato da desiderare vedere chi sei, e ti cerca e ti scrive. So che a molte persone questo sembra normale, addirittura insignificante...ma per me ripeto è un miracolo. E questa mattina nel Mini Studio i miei colleghi hanno fatto una nuova magia! Sono germogliate due nuove canzoni che stanno crescendo e vantano la collaborazione di un violoncellista e un chitarrista di super lusso Grazie grazie grazie al mio produttore artistico Danilo Bascur Vásquez , al mio produttore esecutivo Arian Frank alla mia splendida vocal-coach Mercedes Sayous e al mitico Mini Studio avanti! Col fuoco dentro <3 Eleonora De Simoni 25 APRILE
Anni fa quando facevo l’accademia lavoravo nel bar di un hotel sul lago di Como … mi ricordo soltanto di un cliente: lo chiamavano ‘’il Partigiano’’, aveva solo un filo di voce perché era sopravvissuto ad un’impiccagione da parte dei fascisti, era riuscito a liberarsi ma le sue corde vocali erano state danneggiate per sempre. Aveva una vitalità che poche volte ho visto in un essere umano adulto. Un giorno eravamo soli e mi raccontò la sua storia, con gli occhi lucidi, la voce flebile e ancora il fuoco vivo del coraggio dentro: nessun odio, nessun rancore, nessun vittimismo, nessun orgoglio per aver contribuito a cambiare le cose, solo la gioia di essere vivo. Il 25 aprile è l’unica data che festeggio (dopo il compleanno dei miei figli). Un giorno speciale per celebrare la Libertà -in ogni sua forma- e per ricordare di non darla mai per scontata ma ricordare di essere sempre vigili e di lavorare attivamente e costantemente per mantenerla e proteggerla. Un giorno per celebrare il rifiuto categorico di OGNI forma di dittatura -intesa come principio primario- e quindi di minaccia alla propria libertà, sperando di avere sempre la lucidità di riconoscere eventuali attacchi e il coraggio per farvi resistenza trovando forme creative, pacifiche ed eleganti di ribellione. Un giorno per ricordare che la nostra libertà è sacra e inespugnabile: ai dittatori, ai vampiri, ai parassiti, a chi c’è-e-non-c’è (a seconda dell’umore e della convenienza), a tutti coloro che hanno bisogno della tua luce, del tuo tempo, della tua attenzione, della tua energia, del tuo lavoro senza mai dare nulla -o i minimo- in cambio. Ma soprattutto contro chi continua a scegliere di essere prigioniero. Ma fondamentalmente un giorno per aprire le porte a chi porta -e sa ricevere- ispirazione, Amore oblativo, creatività condivisa e lavoro di squadra. Vorrei un sole verde,
merletti e teiere, delle foto in riva al mare nel mio giardino d’inverno. Vorrei un po’ di luce come in Nuova Inghelterra. Voglio cambiare l’atmosfera nel mio giardino d’inverno. Il mio vestito a fiori sotto la pioggia di novembre, le tue mani che corrono, non ne posso più di aspettarti. Gli anni passano, quanto è lontana la tenera età. Nessuno può sentirci. Vorrei un po’ di Fred Astaire, rivedere un Latécoère.1 Vorrei ancora piacerti nel mio giardino d’inverno. Voglio pranzare per terra come lungo i golfi chiari, baciarti con gli occhi aperti nel mio giardino d’inverno. Il mio vestito a fiori sotto la pioggia di novembre, le tue mani che corrono, non ne posso più di aspettarti. Gli anni passano, quanto è lontana la tenera età. Nessuno può sentirci. Cucinando una nuova canzone in nello studio di Lucerna, creando sapori, atmosfere e colori per il mio ''Cholocalete Jesus'': una canzone che profuma di Hammond, Charango, Abba.Zaba, cioccolato e Almond Joy <3 © Eleonora De Simoni L'inverno è ancora lontano ma sto già preparando il mio nuovo giardino. Lo voglio riempire di piante, canzoni nuove, pizzi e teiere, fotografie, luce... e (almeno) un grande Amore. Inizio con questa canzone meravigliosa di Benjamin Biolay e Keren Ann registrata in In Planet Studio Alps con Nova Taqi che oltre a produrre, mi accompagna alla chitarra e alle percussioni. Un'esperienza nuova e magica! La canzone sta ancora cuocendo a fuoco lento, come una marmellata che profuma d'autunno, tra Lucerna e Londra... Eleonora De simoni
L' energia creativa che offri ai passanti ti ritorna triplicata sottoforma di denaro, caffè caldo, dolcetti al burro, cioccolatini, danze e canti improvvisati, frasi gentili, racconti di vita, biglietti da visita, fotografie, sguardi complici, ma soprattutto tanti, tantissimi bellissimi sorrisi!
#streetart #artecallejero #luoghinaturalidellarte Le Ninfe nutrirono il bambino con il miele, lo posero in un lìknon (cesta per cereali), lo avvolsero in una pelle di animale (nebrìs) e gli posero attorno del fogliame. Poi, affinché nessuno lo udisse piangere, eseguirono una danza intorno a tale culla. Alcune iniziarono a suonare degli strumenti musicali, fecero crepitare i crotali, percossero i timpani, altre si mossero levando in alto fiaccole accese. Infine modularono un grido speciale: ‘‘evoè’’ che resterà per sempre il grido rituale delle Baccanti, creando il primo dithỳrambos. ‘’In uno scrigno in legno d’abete deposero il divino fanciullo, lo avvolsero nelle nebridi e lo inghirlandarono di grappoli, all’interno d’una grotta, e intorno al fanciullo eseguirono la danza misterica; percotevano i tamburi e facevano risuonare con le mani i cembali, schermo ai vagiti del bimbo, e allora, per la prima volta si introdussero i sacri riti celebrati attorno all’arca tenuta nascosta; e insieme a loro le donne Aonidi si dedicarono segretamente ai riti iniziatici. Dal monte la schiera delle loro fedeli compagne sollecitavano perché si spingesse fuori dalla terra beota. La terra, prima non ancora addomesticata, stava per dare vita alle piante per opera di Dioniso che libera dalle pene. Esse, riunite in sacro coro, sollevarono l’ineffabile scrigno, lo coronarono di ghirlande e lo posero sul dorso dell’asino. ,, Oppiano di Apamea, L’arte della caccia, III sec. d.C. Non andavo ad un’ esposizione di pittura da moltissimo tempo. Un po’ perché saturata, anestetizzata e nauseata dal troppo ''guardare -e fare- pittura'' e un po’ perché stanca di guardare opere completamente decontestualizzate e lontanissime dall’ esperienza creativa che le ha generate. Da anni ormai, quando, con la massima buona fede, qualcuno mi chiede: ''Eleo, andiamo a vedere la mostra di … (un nome a caso, iper-storicizzato/iper-feticizzato o sepolto tra le lattine di birra da 20 centesimi vuote dell’ ultimo dei centri sociali) entro in uno stato di intorpidimento, di sonno, di trance, di annebbiamento, di pigrizia cosmica, di morte dell’ entusiasmo, di voglia di usare gli ultimi residui energetici per scappare lontano e andare a suonare la fisarmonica. Ci ho provato ancora qualche volta, ma era diventato un po’ come osservare involucri vuoti, un tempo abitati -per alcuni istanti- da freschissima e gloriosa zoé ed ora ridotti a corpi morti appesi a un muro, feticci esauriti e vagamente patetici sui quali riversare le proprie proiezioni o -peggio- attraverso i quali raccogliere le proiezioni del curatore, del critico, dello storico, del commerciante di turno, facendole -per pigrizia soprattutto- proprie. Esperienze degne e legittime per chi ne abbia necessità, ma che per me, in questo momento sanno troppo di ‘’forma’’, di attaccamento, di passato-e-futro, di anti ‘’hic et nunc’’, di stasi, di ego, di loop auto-contemplativo, di prigione, di sonno. Questa esposizione è stata completamente diversa. Lo scorso anno ho visitato lo studio di Küsnacht nel quale Jung riceveva i suoi pazienti e quest’ anno ho potuto vedere le immagini che lì dentro -e dentro la relazione analista-paziente- hanno preso forma: immagini fisiche che raccontano delle ‘’immagini vere’’. Andarci è stata un’ urgenza. Una gioia. Ci sono andata con la mia famiglia: era prezioso per me raccogliere le impressioni semplici e senza pregiudizio dei bambini e quelle appartenenti ad un altro universo di mio marito. Mi sono relazionata a questi dipinti dopo una lunga meditazione. Non ho letto nulla a proposito dell’ esposizione (anche perché era tutto in tedesco, lingua -per me/per ora- appartenente alla testa e non al cuore). Ho cercato -per quanto possibile- di lasciare fuori dal Lagerhaus tutte le mie aspettative, tutti i miei pregiudizi, tutte le mie idee, tutte le nozioni che ho accumulato in modo a volte ossessivo. Ho cercato di entrare ben radicata e ben centrata, in modo che la relazione con ogni manufatto fosse della qualità più semplice e sottile possibile. Vi erano dipinti di vario genere: alcuni iper-difesi, tecnicamente sorprendenti o accompagnati da testi e frasi tipicamente Junghiane che sembravano appartenere a pazienti colti, forse un po’ ‘’fan’’, e in fase di inflazione analitica. Altri, invece, parlavano direttamente all’ anima, nella sua lingua madre che è il silenzio. Come minuscoli buchi neri ti inghiottivano, ti portavano per alcuni brevissimi istanti in ''quell' altrove'', ti mostravano alcune tessere dell’ immenso mosaico dell’ inenarrabile, il ''fiume di sotto'', quello che a volte irrompe -dolcemente, se siamo fortunati- e incrina la superficie del sistema di pseudo-certezze al quale viviamo disperatamente aggrappati, rivelandoci un rapido riflesso della remota luce del numinoso. Gli ultimi 20 minuti sono rimasta completamente sola nel museo. Immersa nel silenzio, in quelle immagini intime e generose, conservate con una cura sorprendente, che galleggiavano in una luce dorata e surreale mischiata al profumo e al suono del legno che cedeva sotto ogni passo. Mi sono sentita un po’ immagine, un po' umano, un po' analizzanda, un po’ analista, un po’ ‘’voyeur’’, un po’ sorella -in senso cristiano-, un po’ tutte queste cose insieme simultaneamente. Un’ esperienza ricca di Senso! Ci sono ancora 3 giorni di tempo per visitarla.
''Nell’ uso di una storia come medicina , come in un tirocinio psicanalitico forte e in altre arti mediche insegnate e controllate con rigore, veniamo accuratamente preparate a sapere che cosa fare e quando, ma siamo in particolare e soprattutto istruite su che cosa ‘’non fare’’. Questo, forse più di tutto il resto, distingue le storie per mero intrattenimento, in sé e per sé una forma degna, dalle storie come medicina.
Pertanto, una delle prime domande che poniamo quando incontriamo una narratrice/guaritrice è: ‘’Quines son tus familiare? Quines son tus padres?’’ In altri termini, da quale stirpe di guaritrici vieni? Non intendi per caso la scuola che hai frequentato? Non intendi le lezioni a cui hai assistito, i workshop cui hai preso parte? Intendi alla lettera le stirpi spirituali da cui discendi? Come sempre cerchiamo l’ autenticità, la sapienza e non la vivacità intellettuale, una devozione religiosa incrollabile e incastonata nella vita quotidiana, la gentilezza e il garbo chiaramente intrinseci in una persona che ha conoscenza di quella Fonte da cui deriva la guarigione. Il desiderio di ‘’essere così ‘’ non è come ‘’essere così’’. La medicina che guarisce di una storia non esiste nel vuoto. Non può esistere separata dalla sua fonte spirituale. Non può essere assunta come ‘’mix-and-match project’’ . C’è un’ integrità in una storia che proviene dalla vita reale. Una storia è chiaramente illuminata dall’ esservi cresciuta.,, Clarissa Pinkola Estés, donne che corrono coi lupi
Che senso ha, oggi, fabbricarsi da soli -nei limiti del possibile- le materie prime per dipingere?
Ho una teoria. Proviamo a smettere per un attimo di pensare alla pittura (soltanto) come ad una produzione di oggetti a fini esibitòri e commerciali e proviamo a considerarla -al pari dell' alchimia- come la materializzazione di un processo psichico (sia chiaro: una cosa non esclude l' altra, c'est a dire: il fatto che il sole sia caldo non esclude che sia tondo :-)). Proviamo ora ad osservare come ci è stata insegnata la pittura (a scuola, all' accademia, dai colleghi, dai libri, dai tutorials su youtube ...) le tappe principali sono: 1- compra! 2-fai qualcosa di bello! (dove con bello si intende qualcosa che possa destare ammirazione e possibilmente desiderio di possesso con un conseguente introito di potenziale creativo sotto forma di denaro). 3- eventualmente esprimiti ma senza intaccare troppo il punto 2. Posiamo ora con attenzione lo sguardo sui media della nostra creazione: fogli e tele bianchi ed uniformi, con misure pre-stabilite, pennelli tarati per mani medie neutre-ideali-inesistenti, colori finissimi e brillanti già pronti, spesso inodori, inconsistenti, racchiusi in barattoli o in inquietanti tubi di plastica molliccia (per non parlare dei supporti per ‘‘pittura‘‘ digitale). Compriamo e dipingiamo, entrando in contatto solo con la parte in luce, creativa e piacevole del processo, omettendo completamente e delegando ad altri la parte d' ombra: sporca, faticosa e spiacevole, così come la nostra cultura infantilista ci insegna (infantilista nel senso che promuove l' indisposizione al sacrificio, al disgusto e alla frustrazione della noia e dell´attesa). In altre parole si crea ma non si distrugge -o non si distrugge abbastanza- instaurando così in modo del tutto incosciente un netto squilibrio polare. Tale squilibrio, appartenendo alle cose di questo mondo, è comunque destinato ad equilibrarsi prima o poi e la parte in ombra omessa potrà riproporsi al pittore per esempio sotto forma di insoddisfazione profonda e indefinibile -nonostante un' apparente successo-, sensazione di mancanza di autenticità. Compriamo e dipingiamo, dicevo, entrando a metà del processo. Manca una parte importante del processo, anzi direi che manca la parte che conferisce un senso al processo. Non vi può essere albedo, citrinitas, rubredo e oro senza nigredo, ovvero se omettiamo il processo fondamentale e generatore (nigredo) legato alla distruzione, alla marcificazione, alla nerezza, se escludiamo Ade, automaticamente tutti gli altri processi di tipo creativo non saranno che una misera farsa, un' illusione, alla quale la nostra parte egoica crede per convenienza (questo l´ho fatto IO! Sono un creativo!) ma verso la quale la nostra anima proverà, con tutta probabilità, una certa diffidenza. ‘’In classe vengono messe grandi piante che prendono il mio posto. Sono loro le insegnanti. Stare in una classe piena di piante è molto interessante perché gli studenti mettono a diretto confronto la loro creatività con la natura. (…) ai miei studenti non spiego questo, non dico proprio nulla: metto solo lì le piante e li lascio soli con loro. Spero che qualche scintilla li raggiunga,,
La natura cresce in base a leggi stabili e a una grande regolarità, nella natura tutto è esatto: come si sviluppano le foglie, come cresce il tronco, come sbocciano le gemme. Le piante influenzano gli uomin, ma quando un artista impara dalla creatività di un albero, la propria diventa quasi perfetta; non può fallire se nel dipingere segue le leggi della natura,, ‘’Osservi che aspetto crudele hanno i bianchi: le loro labbra sono sottili, i loro nasi affilati, i loro visi sono tesi e torturati dai loro pensieri, i loro sguardi sono fissi: stanno sempre cercando qualcosa. Cosa cercano? I bianchi vogliono sempre qualcosa, sono sempre nervosi e irrequieti… noi non sappiamo cosa vogliono, non lo capiamo… pensiamo che siano semplicemente pazzi,,
da una conversazione tra Ochwìa Biano (Lago Di Montagna) capo dei Pueblos Taos e C. Gustav Jung Le figure del mito -che litigano, imbrogliano, hanno ossessioni sessuali, consumano vendette, sono vulnerabili, uccidono, sono dilaniate- mostrano che gli Dei non sono sono solo perfezione (…) I mitemi in cui compaiono gli Dei sono stracolmi di comportamenti che, da un’ ottica secolare, andrebbero classificati come patologia criminale, mostruosità morale o disturbi della personalità. (…) Ne consegue che la nostra individuale completezza richieda le nostre patologizzazioni. La mitologia classica è, se si vuole, un vero e proprio manuale di psicopatologia; è tutto lì, basta solo leggerlo in questa luce (J. Hillman 2008) È possibile, quindi, domandarsi: se le emozioni appartengono agli Dei, perché danzare il vostro desiderio, dipingere la vostra paura, oppure dare il vostro dolore in prestito alla voce alla voce per trovare le sue parole? (…) La mia risposta a questa domanda è piuttosto semplice. Anche se molti obbiettivi sono possibili, e diversi terapeuti e scuole avranno diverse intenzioni, io non mi impegno nell’ arteterapia né per l’ arte, né il paziente, né per né per l’ emozione. Che altro c’è oltre al prodotto artistico, al paziente e all’ emozione? L’ immaginazione! Poiché l’ arteterapia attiva l’ immaginazione e permette di materializzarsi, cioè di entrare nel mondo attraverso le emozioni del paziente, la terapia con l’ arte deve avere la precedenza su tutti gli altri tipi di terapia. J. Hillman 2002 H. McConeghey apre le porte alla presenza dell’ anima che permea e avvolge il concetto di bellezza: in questo senso non è più possibile pensare alla bellezza solo in termini di piacere e armonia. C’è grande dolore e tristezza in ogni paradigma di bellezza perché esso include l’ ampiezza dell’ umana esperienza. Questo tipo di percezione estetica vede la bellezza in ciò che è sgradevole e duro così come in ciò che è bello e armonioso. Se la presenza dell anima fa pensare a una bellezza più profonda, allora ‘’bellezza’’ significa partecipazione dell’ anima del mondo, anche nelle situazioni piene di dolore e miserabili. Come arteterapeuti, noi siamo al servizio di Afrodite (…) Quando il significato delle opere dei pazienti ci sembra perfettamente chiaro, e non c’ è mistero, possiamo essere sicuri che entrambi non abbiamo riconosciuto la divinità dell’ immagine, o il paziente sta resistendo alla fantasia e sta dissimulando con banali e tradizionali figure e modelli. L’ uso di modelli banali o stereotipati è un tentativo di eludere le richieste di Afrodite, l’ imperativo artistico della psiche. Howard McConeghey, 2003 ‘’Le ancelle di Afrodite erano Inquietudine e Tormento. Partecipare all’ esperienza del mondo significa rispondere esteteticamente. Per gli arteterapauti significa percepire la qualità estetica delle opere d’ arte dei loro pazienti (…) Un’ esperienza artistica può essere il primo passo nel realizzare la bellezza della vita quotidiana. Non è abbastanza scrivere i sogni di qualcuno o dipingere le immagini interiori, la persona deve anche connettere tali immagini con la vita di tutti i giorni. Connettere le immagini psichiche alla vita di tutti i giorni è l’ essenza della creatività.,, Howard McConeghey, 2003 L’ opera d’ arte dei bambini spesso tocca l’ anima con la bellezza degli Dei vista nelle cose ordinarie che contano. La bellezza è la manifestazione rivelatrice della realtà essenziale sotto la materialità oggettiva delle cose. (…) Se noi chiediamo come disegnare diamo per scontato che ci sia un’ autorità che conosce ‘’il modo giusto’’ (…) Solo quando ci troviamo nel regno del tramonto della psiche inconscia possiamo realizzare o rendere reale attraverso l’ arte il valore delle cose ordinarie. Solo in questo regno possiamo immaginare le radici archetipiche delle nostre esperienze individuali. Solo attraverso l’ umiltà e l’ accettazione dell’ autonomia della psiche oggettiva l’ immagine può essere formata con materiali concreti. Qua è dove l’ arte inizia. Questo è il motivo per cui i disegni spontanei dei bambini, degli adulti senza formazione e dei pazienti in arteterapia possono essere chiamati arte. Howard McConeghey, 2003 Howard McConeghey La foresta d' inverno sembra creata apposta per essere abitata da questi suoni senza tempo 💚 #tambureddhu #luoghinaturalidelsuono #pizzicapizzica
Non c'è nulla da dire sulla visita alla Torre. Non ci sono proprio le parole. Ci sono immagini, belle, intense, increndibili, susseguitesi, ora sinusoidalmente, ora toricamente verso il basso/centro e poi verso l' alto/periferia e poi di nuovo giù verso il centro. L' incontro ''casuale''col nipote A. sulle colline di Herrliberg circa 7 anni fa, le visite -simili a pellegrinaggi-, l' incontro con una donna stupenda al cancello della torre (organizzato dall' ''Homo Salvadego di Sacco'' e da una certa iconografia di Maria di Magdala), altre visite-pellegrinaggi, l' invito per un the, sul muretto a strapiombo sull' acqua, seduta sul suo fazzoletto bianco steso con cura per proteggermi i vestiti, la teiera in ghisa nera, poche parole -l' utilità delle parole è così sopravvalutata !!!- e l' arrivo di Hermes: maschile, messaggero, tessitore di relazioni che rende tutto più reale, più concreto, denso e materico. Compagni di viaggio meravigliosi, energie maschili intense, stimolanti e tempranti. Ecco qualche fotografia, le più ''neutre'' e discrete: non mi fa sentire bene pubblicare i dettagli intimi di un ''luogo sacro'' ''Sono sopravvissuta all’ emozione, ed oggi si è avverato un sogno… anzi, IL sogno!
Un sogno incubato 7 anni e realizzatosi in una straordinaria giornata di luce e sole grazie ad un’ incredibile trama sincronica di eventi, persone, luoghi, momenti, immagini, relazioni. Ho avuto l’ opportunità di visitare il più magico dei luoghi magici, di guardare negli occhi Atmavictu, di conoscere Ym che fa splendere il sole, di vagare qualche istante per le oscure regioni del cosmo con Telesforo, di spingere la sfera con l’ Orsa, di giocare con Mercurio-burlone, di condividere momenti intimi, preziosi e commoventi coi componenti di questa straordinaria famiglia. Voglio ringraziare tutte le persone che hanno reso possibile questo miracolo: In ordine più o meno cronologico, grazie a Carl, Werner, Elena, Giulia, Robert, Jost, Andreas e grazie ai miei adorabili compagni di viaggio. ora mi ci vorranno 10 anni per metabolizzare e comprendere tutto quello che mi è successo là dentro <3,, ''L’ opera d’ arte dei bambini spesso tocca l’ anima con la bellezza degli Dei vista nelle cose ordinarie che contano.
La bellezza è la manifestazione rivelatrice della realtà essenziale sotto la materialità oggettiva delle cose. (…) Se noi chiediamo come disegnare diamo per scontato che ci sia un’ autorità che conosce ‘’il modo giusto’’ (…) Solo quando ci troviamo nel regno del tramonto della psiche inconscia possiamo realizzare o rendere reale attraverso l’ arte il valore delle cose ordinarie. Solo in questo regno possiamo immaginare le radici archetipiche delle nostre esperienze individuali. Solo attraverso l’ umiltà e l’ accettazione dell’ autonomia della psiche oggettiva l’ immagine può essere formata con materiali concreti. Qua è dove l’ arte inizia. Questo è il motivo per cui i disegni spontanei dei bambini, degli adulti senza formazione e dei pazienti in arteterapia possono essere chiamati arte. ,, Howard McConeghey, 2003 LIENZO PROJEKT: un lenzuolo per accogliere un sogno collettivo, terza ed ultima fase
CUCITURA E BENEDIZIONE DEL LIENZO Cucito e benedetto fu il Lienzo e ognuno dei suoi sogni! Significato, giaciuto, sognato, offerto. Non vi era fuoco eppure tutti lo vedevano e sentivano. Nessuno vedeva il dio -che dalle pene libera- eppure tutti lo vivevano e sentivano. Bosco e lucciole, percussioni e canti, danze e piedi scalzi. La Prescelta è stata liberata La sacredotessa un dithỳrambos Il sacerdote una sigaretta. Nei giorni a venire qualche ferita una scatola blu piena di nasi un tamburello appeso a una valigia rotta davanti ad una porta che sta per chiudersi -per sempre-. Il Lienzo- ripiegato con cura, custodito in segreto e cosparso di purpurina d’ oro- in attesa di essere ostenso. I sogni, in attesa di essere esauditi. ♡ grazie di cuore a tutti!!! #lienzoprojekt #arterelazionale #humanocolectivo#eleonoradesimoni |
AUTORE:
Eleonora De Simoni Categorie
Tutti
Archivi
Settembre 2024
|