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''Pensate al pittore che dipinge un paesaggio: la mente del pittore che immersa nella composizione e deve essere puramente legata a ciò che vede, non deve permettere a nient' altro di frastornarla. Nel momento in cui compone il paesaggio non riconosce più alberi, prati, fiumi, montagne: conosce soltanto rapporti di colore e di lucentezza, in quel momento la sua mente È il paesaggio, in quel momento non è più un uomo normale perché non soffre di passioni, è tutto proteso a cogliere quel miracolo, quella cosa inesistente. Egli non è più un uomo, è semplicemente la capacità di raccogliersi e di comporre.
Dipingere un paesaggio è una contraddizione in termini la fissazione di ciò che non può essere fisso ed è in flusso costante e questo è un vero modo di afferrare la Natura.,, Elémire Zolla Herkunftssage/ Storia di creazione cm 40X50 Mischtechniken auf Leinwand /Tecnica mista su tela Così benché si trovino sotto terra, sono in realtà dèi del cielo.
''Il mito hopi descrive l' emergere degli esseri umani e dei loro capi mentre le stelle cadono sulla terra, il che denota un legame segreto con le costellazioni. È come se, misteriosamente, quel che si trova in alto si trovasse anche in basso, o perlomeno come se si volesse suggerire che alto e basso, basso e alto sono collegati.,, M.L.Von Franz, I miti di creazione «Scoprire di avere in sé la natura del pesce significa, globalmente, trovarsi di fronte alle forme originarie e a sangue freddo dell' esistenza umana, di fronte a un profondissimo strato dell' anima (...) perciò chi deve attraversare una profonda trasformazione interiore, così come accadde al leggendario profeta Giona, viene per un po' di tempo inghiottito dal suo inconscio, da un grosso pesce. Una volta trasformatosi, verrà gettato sulle chiare rive di una nuova coscienza,, Ernst Aeppli
#pesci #Fische #fiskar #pèss #peces #poissons La linea retta è di natura aliena all‘ uomo, alla vita, all‘ intero creato. La linea retta è portatrice di morte.
'' (...) Tornando a Loos, è chiaro che l' ornamentazione generalizata era un' invenzione, ma non un crimine. Eliminandola le case non divennero per questo più decorose. Loos avrebbe dovuto sostituire lo sterile ornamento con qualcosa di di vitale, ma non lo fece. Esaltò la linea retta, l‘ uniformitá e le superifici lisce. Ora abbiamo le superfici lisce. Sul liscio tutto scivola. Anche il buon Dio cade. Poiché la linea retta è sacrilega. La linea retta è l‘ unica linea sterile. L‘ unica in cui l‘ uomo non può riconoscersi a immagine di Dio. La linea retta è davvero uno strumento del demonio. Chi se ne serva concorre alla decadenza dell‘ umanità. ‘‘La ligne droite conduit à la perte de l‘ humanité,,. Come sarà questo declino? Ne abbiamo già un‘ anticipazione: in ogni caseggiato a New York vi sono da dieci a venti psichiatri. Le cliniche, dove i malati mentali non possono guarire perché esse stesse sono costruite secondo i criteri di Loos, sono stracolme.,, Manifesto per il boicottaggio dell‘ architettura 1968, F. Hundertwasser '' (...) Zurück zu Loos. Natürlich stimmt es, daß die schablonierten Ornamente Lüge waren. Verbrechen waren sie nicht. Durch die Abnahme der Ornamente wurden aber die Häuser nicht ehrlicher. Loos hätte das sterile Ornament durch lebendes Wachstum ersetzen sollen. Das tat er nicht. Er pries die gerade Linie, das Gleiche und das Glatte. Nun, jetzt haben wir das Glatte. Auf dem Glatten rutscht alles aus. Auch der liebe Gott fällt hin. Denn die gerade Linie ist gottlos. Die gerade Linie ist die einzige unschöpferische Linie. Die einzige Linie, die dem Menschen als Ebenbild Gottes nicht entspricht. Die gerade Linie ist ein wahres Werkzeug des Teufels. Wer sich ihrer bedient, hilft mit am Untergang der Menschheit. La ligne droite conduit à la perte de l’humanité. Wie wird der Untergang sein? Einen Vorgeschmack haben wir schon: In jedem Wohnblock in New York zehn bis zwanzig Psychiater. Die Kliniken überfüllt, wo die Irren nicht gesund werden können, weil die Kliniken auch nach Loos gebaut worden sind. Die Krankheiten der Menschen, die in den sterilen Gemeindebauten interniert sind, gedeihen in der tödlichen Eintönigkeit. Es kommen Ausschläge, Geschwüre, Krebs und seltsame Todesarten. Genesung ist in diesen Gebäuden unmöglich. Trotz Psychiatrie und Krankenkasse.,, 1968, F. Hundertwasser premessa: ho tradotto a braccio, benvenutissimo chiunque abbia voglia di fornire una traduzione migliore :-)
29 Novembre 1935 Cara Signora Patzelt, ho letto pochi libri di Rudolf Steiner e devo confessare di non aver trovato in essi la benché minima utilità per me. Dovete capire che io sono un ricercatore e non un profeta. Ciò che conta per me è ciò che può essere verificato con l' esperienza. Ma non sono interessato in tutto ciò che può essere speculato senza nessuna prova. Tutte le idee che Steiner propone nei suoi libri si possono già trovare nelle fonti indiane. Tutto ciò che non può essere dimostrato nel dominio dell' esperienza umana, non rientra nei miei interessi e se qualcuno afferma di saperne di più gli chiedo di fornirmi le prove necessarie. Ho letto un paio di libri sull' antroposofia e un buon numero sulla teosofia. Ho anche conosciuto molti antroposofi e teosofi e purtroppo ho scoperto che questo genere di persone immagina e sostiene ogni sorta di cose senza essere in grado di offrire alcuna prova. Non ho nessun pregiudizio nei confronti delle più grandi meraviglie a patto che qualcuno mi porti le prove necessarie, né esiterei a sostenere una verità che può essere dimostrata. Ma mi guardo bene dall' aderire al gruppo di coloro che si avvalgono di affermazioni non dimostrate per erigere un sistema del mondo che non poggi su una base concreta. Fintanto che Steiner non è o non è stato in grado di capire le iscrizioni ittite riuscendo tuttavia a comprendere il linguaggio di Atlantide, della cui esistenza nessuno è certo, non c'è ragione per entusiasmarsi per nulla di ciò che il signor Steiner ha detto. Sinceramente vostro C. G. Jung 29 November 1935 Dear Frau Patzelt, I have read a few books by Rudolf Steiner and must confess that I have found nothing in them that is of the slightest use to me. You must understand that I am a researcher and not a prophet. What matters to me is what can be verified by experience. But I am not interested at all in what can be speculated about without any proof. All the ideas that Steiner advances in his books you can also read in the Indian sources. Anything I cannot demonstrate in the realm of human experience I let alone and if someone should assert that he knows more about it I ask him to furnish me with the necessary proofs. I have read a few books on anthroposophy and a fair number on theosophy. I have also got to know very many anthroposophists and theosophists and have always discovered to my regret that these people imagine all sorts of things and assert all sorts of things for. Which they are quite incapable of offering any proof. I have no prejudices against the greatest marvels if someone gives me the necessary proofs, Nor shall I hesitate to stand up for the truth If I know it can be proved. But I shall guard against adding to the number of those who use unproven assertions to erect a world system no stone of which rests on the surface of this earth. So long as Steiner is or was not able to understand the Hittite inscriptions yet understood the language of Atlantis which nobody knows existed, there is no reason to get excited about anything that Herr Steiner has said. Yours very truly, C.G. Jung [Letters of C. G. Jung, Volume 1, 1906-150 Page 203-204] Ricerca, smarrimento nella foresta, vagabondaggio, doppio incontro, rassegnazione, ritrovamento inaspettato del tesoro, ritorno a casa... oggi a Bollingen non è mancato nulla! <3
'' (...) la creazione attraverso un atto casuale è un fenomeno estremamente importante nella sfera dei processi creativi inconsci. Quando cercate, per esempio, di disegnare o di dipingere, vi succede spesso di fare una macchia vostro malgrado, come se il pennello diventasse un oggetto animato e si burlasse di voi. Se accogliete di buon grado questo inconveniente, scoprirete presto che questa macchia ha un volto, oppure l' incorporerete in una nuova figura per dissimularla, ottenendo così un' immagine diversa da quella che avevate in mente. Tali incidenti sono tra i fattori più suscettibili di costellare ' immaginazione creativa inconscia (...) è per questo motivo che quando facciamo fare dell' immaginazione attiva a un analizzato, in genere gli consigliamo se è un pittore, non di dipingere ma di scrivere, e se è uno scrittore di dipingere perché proprio quando non si possiedono capacità tecniche e si è quindi, in una certa misura, inconsapevoli, è molto più probabile che avvengano tali episodi. Se si conosce bene un' arte o una tecnica, si è meglio in grado di escludere le casuali interferenze perturbanti dell' inconscio. Se non sapete dipingere e vi capita un inconveniente, dopo esservi dati tanto da fare e aver magari lavorato per tre ore, l' affetto sale in voi e l' inconscio si manifesta: all' improvviso la macchia evoca una fantasia che, a sua volta, vi trasmette un messaggio , e il dipinto che ne risulta è allora veramente opera dell' inconscio, una realizzazione spontanea nata proprio nel momento in cui avevate voglia di strappare tutto.,,
M. L. Von Franz, ''I miti di creazione'' ed. Bollati Boringhieri, pag. 28 ''Se uno sogna da solo, è solo un sogno.
Se molti sognano insieme, è l'inizio di una nuova realtà.'' F. Hundertwasser L´immagine è tratta da questo splendido articolo di Franco Livorsi .
''Spesso le mani sanno svelare un segreto attorno al quale l' intelletto si affanna inutilmente'' ‘‘Quindi ho sviluppato il pensiero simbolico e in due anni di pratica dell’ immaginazione attiva si è affastellata in me una tale quantità di idee che a fatica riuscivo a difendermene. Continuavano a presentarsi pensieri ricorrenti, allora ho fatto appello alle mie mani e ho iniziato ad intagliare il legno,, C. G. Jung (M. Ostroswski-Sachs, From Conversations with C. G. Jung, Juris, Zürich 1917, p. 18) ‘‘ gradualmente, attraverso il mio lavoro scientifico, potei dare alle mie fantasie una solida base. Carta e parole comunque non mi davano l’ impressione di essere abbastanza concrete, avevo bisogno di qualcosa di più, dovevo fare un professione di fede in pietra. Fu questo l’ inizio della torre: la casa che mi costruii a Bollingen.,, ‘’Si scatenò un flusso incessante di fantasie. Ero inerme di fronte ad un mondo estraneo dove tutto appariva difficile e incomprensibile, vivevo in uno stato di continua tensione, e spesso mi sentivo come se mi cadessero addosso pesanti macigni. Finché riuscivo a tradurre le emozioni in immagini, e cioè a trovare le immagini che in esse si nascondevano, mi sentivo interiormente calmo e rassicurato. Se mi fossi fermato alle emozioni, allora forse sarei stato distrutto dai contenuti dell’ inconscio,, (C.G. Jung, Ricordi, Sogni, Riflessioni) ‘' (C. G. Jung) Scolpiva anche a tarda età con un impegno superiore alle sue forze, sembrava animato da un demone. Trattava la materia con estrema attenzione. Quando lavorava alle sculture diceva : ‘‘questo è ‘’realizzare''!’’ ,, Gli uomini credono che per realizzare i sogni basti parlarne, si ubriacano con le immagini dei sogni,, (Gret Jung) Ade (dio degli inferi) rapisce Kore (fanciulla innocente).La porta nel suo regno e la presenta a tutti come sua moglie. Kore dapprima è disperata, poi triste, infine trova che Ade non sia poi così male e mangiando sette chicchi di melograno si assicura il titolo di regina dell' oltretomba part-time, con il nome di Persefone. ''Ma se giusti dar vuoi nomi alle cose, Quello oltraggio non fu, fu vero amore. Non è tranquilla inver, triste tuttora È Proserpina tua, s’ange e si duole; Ma regina però del mondo muto, Ma possente matrona e cara a Pluto.'' Ovidio, Metamorfosi Giocare con la casualità, accettare (e adattarsi!) all' imprevisto, oscillare coscientemente tra il ruolo di soggetto agente e quello di spettatore passivo. Abbandonare il controllo, osservare ciò che succede e poi tornare a condurre il gioco. Il dripping e la peinture-a-la-paille con gli inchiostri non sono delle tecniche pittoriche, sono delle esperienza di vita! :-)
L' acquerello è il mezzo espressivo che, servendosi dell' acqua come medium, finisce con l‘ acquisirne alcune importanti caratteristiche, avvicinandosi così, più di qualsiasi altro materiale espressivo, al linguaggio immaginale dell' inconscio e -per chi conosce l' esperienza sinestetica- all' astrazione immaginale dinamica del suono. L‘ acquerello è costituito da pigmenti macinati molto finemente miscelati a gomma arabica ed una volta diluito in acqua, il colore diventa fluido, trasparente, estremamente sensibile a vibrazioni, correnti d‘ aria e gravità quindi molto dinamico ed instabile, difficilmente prevedibile o controllabile: come se avesse una vita propria. Dipingendo con l' acquerello (e, più in generale, con tutti i materiali espressivi a base acquosa molto diliuti: inchiostri, gouache, tempera, acrilico...) ci rendiamo immediatamente conto di quanto su una superficie umida vigano regole diverse rispetto a quelle a cui siamo abituati con i media pittorici densi e le nostre certezze possono vacillare: qui un punto non è più un punto, e una linea non è più una linea. I segni si espandono e si muovono in modo imprevedibile e irreversibile ( a meno che interveniamo con carta assorbente, spugnette, lamette, insomma oggetti esterni alla pittura vera e propria); possiamo assistere ad improvvise e sorprendenti attrazioni e fusioni tra determinati colori o a veementi separazioni e repulsioni senza una particolare logica. Sperimentando il colore fluido noteremo come ogni pigmento possegga un suo specifico modo di reagire sui vari tipi di carta e in relazione agli altri pigmenti: può penetrare in profondità e lasciare tracce del tutto irreversibili o fermarsi in superficie, può coprire o risultare trasparente nonostante le stratificazioni, può contaminare o contaminarsi, esaltare, fondersi o soffocare del tutto un altro colore, può mutare significativamente una volta asciutto rivelando una straordinaria ed inattesa brillantezza o una deludente opacità. Nella pittura ad acquerello la carta riveste un ruolo fondamentale, sia dal punto di vista tecnico (che qui non approfondirò) sia da quello simbolico ovvero appartenente al regno del rio abajo rio (prendendo in prestito un' immagine di Clarissa Pinkola Estès siccome qui, alla fin fine, seppure a parole, è di immagini che stiamo parlando :-)). A livello simbolico la carta può essere considerata come lo spazio dell' altro (là dove con altro si intende un oggetto di relazione ideale, un ''diverso da me'') e quindi l' intervento pittorico può essere simbolicamente considerato come una modalità di azione nel mondo ovvero di relazione.
Dipingere con l' acquerello ci costringe a fare i conti con l' impossibilità di avere un potere diretto sugli eventi, l' impossibilità di avere un pieno potere di previsione e quindi di controllo sulle reazioni dell' altro in risposta ad una nostra azione (il segno, la traccia che lasciamo sul foglio). Ma ci regala anche la possibilità di scoprire il piacere di abbandonarci al corso degli eventi, adattandoci, accettando e accogliendo la reazione imprevista dell' altro, giocando, interagendo e improvvisando o, semplicemente, restando a guardare. La quantità, l' intensità e la varietà di colore che apponiamo sul foglio possono offrirci importanti spunti di riflessione, facendo attenzione a non scadere nell‘ interpretazione da manuale di cucina (M. L. Von Franz) Un' altra caratteristica peculiare della pittura ad acquerello è la serie di gesti preparatori a forte connotazione rituale che precedono la pittura vera e propria: la scelta della carta è di per sé molto coinvolgente a livello tattile, sonoro, olfattivo, visivo ed uditivo; richiede in oltre un certo investimento economico (là dove l' investimento di denaro si identifica con l' investimento di potenziale creativo con tutto il corredo di riflessioni che questo comporta). La preparazione del piano di lavoro, l' umidificazione e la tensione del foglio, la preparazione del colore sono tutti gesti pre-stabiliti, tradizionali (quindi collettivi) e molto significativi a livello immaginale che, come i modelli dei miti di creazione -ripetuti da molti popoli prima dell' inizio di ogni opera importante- contribuiscono a stabilire un ordine, predispongono all' accoglienza di qualcosa di nuovo, creano aspettativa e quindi responsabilità, impegno, concentrazione e massima presenza hic-et-nunc. Nelle immagini del post dettagli di lavori realizzati durante vari ateliers realizzati con le gouaches studio Caran D‘ Ache (sia in pastiglie che in tubetto) e con succhi di vegetali miscelati ad acqua e miele che oltre ad offrire l' interessante esperienza di una palette ridotta, coinvolgono maggiormente il senso dell' olfatto e , volendo, del gusto :-). Dipingere con i gessetti sul colore spray ancora fresco (usando guanti e mascherine!) è stata la scoperta artistica di oggi, nata dalla casualità e dall' impeto creativo dei miei piccoli ''compagni di pittura'' ♡
Siamo abituati a pensare alla pittura-a-dita (o digitopittura) come ad un' attività piacevolmente primitiva, immediata, poco strutturata quindi adatta soprattutto all' intrattenimento di bambini molto piccoli. In realtà anche per l' adulto sperimentare questa tecnica espressiva può rivelarsi un' esperienza molto significativa. Dipingere con le dita coinvolge il nostro livello primario di esperienza in quanto implica l‘ utilizzo diretto del corpo. Il rapporto corpo-supporto-traccia essendo più ravvicinato rispetto alla pittura tradizionale (in quanto non mediato da utensili protesici come pennelli o spatole), permette un‘ espressione rapida, immediata, poco razionale e coinvolgente, in una parola: autentica! Dipingere con le dita è una delle poche tecniche pittoriche che ci permette di sentire a livello tattile il materiale espressivo, la sua consistenza densa, la sua freddezza, la sua umidità. Questa tecnica implica necessariamente il macchiarsi e il macchiare, lo sporcarsi e lo sporcare (con tutte le implicazioni simboliche del caso). Sperimentando la digitopittura ci accorgeremo di avere poco controllo sul segno e sulla miscela dei colori, sia sulle dita che sul supporto. Faremo i conti con la nostra disponibilità a lasciare una traccia forte e diretta -per quanto reversibile- e sperimenteremo la necessità della presenza lucida e responsabile, dell‘ intervento tempestivo, dell‘ adattamento al mutamento continuo, nonché della capacità di abbandono tipici dell‘ improvvisazione. Mentre si dipinge con le dita, soprattutto le prime volte, è possibile che affiorino reminiscenze, sensazioni ed emozioni regressive per esempio legate al gioco infantile con la sabbia, con il fango, con il cibo (alcuni colleghi propongono miscele di acqua e farine, polvere di orzo e cacao miscelate ad olii, burro di arachidi, cioccolata spalmabile...). Durante la sperimentazione è possibile assistere all‘ emersione di fantasie di tipo magico (la materializzazione della traccia colorata sotto lo scorrere del dito) o associazioni immaginali di tipo corporeo-escretorio; è possibile che si creino delle dinamiche di piacere giocoso e liberatorio, o/e di resistenza (sotto forma di indifferenza, distacco, impazienza, disgusto, disagio, senso di ridicolo o di colpa ...) spesso riguardanti la cultura e l‘ educazione. Dipingere con le dita ci permette di intervenire sul foglio apponendo colori puri e brillanti, lisciando, accarezzando, spalmando, nutrendo, decorando oppure colpendo, graffiando, togliendo, creando abrasioni, buchi, ferite, soffocando con miscele di colore e saturazioni cromatiche molto evocative. ‘‘dicevamo appunto che è come un gioco con la creta, sancito dal punto di vista sociale, che permette di esternare impulsi aggressivi, soddisfa i desideri di distruzione senza essere distruttivo e offre la possibilità di sfidare tabù senza timore di rappresaglia.,, (da ‘‘Percorsi trasformativi in arteterapia,, Laura Grignoli 2008) Personalmente trovo che questa tecnica sia molto adatta al dialogo pittorico a quattro mani: permette infatti di improvvisare, di mettere e togliere , mantenere la propria identità segnica o fonderla con quella dell‘ altro, permette di mettersi in risonanza e in comunicazione con l‘ altro grazie alla vasta gamma di gesti che offre e alla possibilità di creare ritmi visivo-sonori (sfregamenti, picchiettamenti, graffi, ticchettii...), volendo, permette di lasciare delle tracce sul corpo dell' altro in modo innocuo ed immediatamente reversibile (le tempere a dita sono atossiche, idrosolubili e a lenta essicazione). Ho notato che utilizzando spesso questo materiale è facile sviluppare delle ‘‘startegie stilistiche‘‘ (automatismi, stereoripie ) preferisco quindi non proporlo troppo spesso. ‘‘I fogli di carta messi a loro disposizione e sui quali hanno cominciato giudiziosamente a ‘‘pitturare culturalmente‘‘ sono stati abbandonati abbastanza alla svelta da alcuni che hanno cominciato a scarabocchiarsi il viso …e quello degli altri. All‘ inizio timida, a causa dei divieti culturali, quell' aggressione corporea, attraverso la macchia, ‘‘degenera‘‘ progressivamente in un' allegra bagarre con regressione anale e sadico-anale, finendo talvolta il miscuglio dei colori per creare una materia il cui colore e la cui consistenza sono assai significativi. Certuni vi prendono un piacere evidente mentre altri fuggono inorriditi. Il senso di colpa retrospettivo provocato da simile trasgressione non impedisce a certi di confessare il grande piacere ed il profondo sentimento di liberazione che hanno provato, mentre i fuggitivi si sentono frustrati e con un senso di colpa per non avervi potuto partecipare. La constatazione di quel profondo desiderio rimosso ci ha portato ad istituzionalizzare quella trasgressione per liberarla dal senso di colpa.,, (da ‘‘Il corpo e l'inconscio in educazione e terapia,, André Lapierre,Bernard Aucouturier 1991) Lapis Philosophorum from Tale(s) magazine on Vimeo.
Orphanus sum, solus tamen ubique reperior, unus sum sed mihi contrarius, iuvenis et senex simul, nec patrem nec matrem novi, quia levandus sum e profundo ad instar piscis, seu delabor a coelo quasi calculus albus, nemoribus montibusque inerro, in penitissimo autem hominem delitesco, mortalis in unumquodque caput, non tamen tangor temporum mutatione.
Ich bin ein Waise, allein; dennoch werde ich überall gefunden - Ich bin Einer, aber mir selber entgegengesetzt. Ich bin Jüngling und Greis zugleich. Ich habe wede Vater noch Mutter gekannt, weil man mich wie einen Fisch aus der Tiefe herausnehmen muss. Oder weil ich wie ein weisser Stein vom Himmel falle. In Wäldern und Bergen streife ich umher, aber ich bin verborgen im innersten Menschen. Sterblich bin ich für jedermann, dennoch werde ich nicht berührt vom Wechsel der Zeiten. I am an orphan, alone yet encountered everywhere, single yet opposed to myself, young and old at the same time, neither father nor mother did I know, for I am to be raised from the depth in likeness of the Fish, or I descend from heaven like the White Stone, through groves and mountains do I wander, yet I hide in innermost man, am mortal within every single head, and still am not touched by the changing of the seasons. ‘‘Eripitur persona manet res,, ‘‘Si strappa la maschera rimane la realtà,, La maschera permette di nascondere o modificare il volto ed è in grado di operare una trasformazione interiore in chi la indossa. Essa è infatti in grado di occultare l‘ immagine identitaria attraverso la quale ci definiamo e ci riconosciamo e attraverso la quale gli altri ci riconoscono, permettendoci di accedere -seppur per un tempo limitato- ad un‘ immagine nuova, quindi ad un identità diversa. Da sempre la maschera rappresenta un mezzo per sintonizzarsi e partecipare attivamente e consapevolmente alla forza soprannaturale di dèi, demoni, antenati o spiriti archetipici, durante rituali religiosi, scontri bellici, feste pagane e spettacoli, al fine di utilizzare tale forza a benefico dell‘ individuo e/o della comunità. Indossare una maschera permette di neutralizzare la propria individualità e la propria riconoscibilità, nonché di mantenere la propria immagine sociale-morale integra durante la pratica di attività socialmente considerate inaccettabili (si pensi per esempio alla figura del boia incappucciato, agli adepti di certe associazioni segrete, ad attività illecite come furti ed aggressioni, a certe pratiche esibizionistiche di tipo sessuale) in questi casi la maschera funziona da ponte tra ciò che si desidera fare e ciò che gli altri ritengono accettabile o non-accettabile. Obbligare qualcuno ad indossare una maschera significa umiliarlo, obbligandolo a trascendere la propria immagine identitaria a favore di una ridicola e grottesca: si pensi alla Schandmaske (maschera della vergogna) e al cappello con le orecchie d‘ asino imposti come strumento di pubblica umiliazione a delinquenti e studenti poco meritevoli. Analogamente smascherare qualcuno significa rivelare pubblicamente la sua vera identità e la sua tendenza all‘ inganno e alla menzogna. Indossare una maschera, materiale o immateriale, implica necessariamente il desiderio più o meno consapevole e più o meno intenso di essere una persona diversa da quella che siamo. Alla maschera possiamo affidare il compito di proteggere, come uno scudo, la nostra vulnerabilità, oppure di amplificare esteriormente caratteristiche interiori poco sviluppate (pensiamo alle pelli di animali selvatici nelle divise dei Signifer romani). Di fatto la maschera fa da ponte tra noi e gli altri, tra l‘ immagine che abbiamo di noi e l‘ immagine che vorremmo gli altri abbiano di noi. "Noi siamo ciò che fingiamo di essere, quindi dobbiamo essere attenti a ciò che fingiamo di essere." (Kurt Vonnegut) una nota interessante: il sostantivo persona in latino indicava la maschera di legno portata dagli attori nell‘ antica Grecia la cui funzione era quella di amplificare il suono della voce (per-sonàr) oltre che di esagerare i tratti del volto in modo che il personaggio potesse essere facilmente percepito e riconosciuto, a distanza, dal pubblico. Fai clic qui per effettuare modifiche.
''Il regno di Dioniso (Bacco per i Romani) si estende a tutta la natura, soprattutto al suo liquido fertile e seminale: la linfa che scorre negli alberi, il sangue che pulsa nelle vene, il fuoco liquido dell‘ uva, le stagioni della natura, misteriose e incontrollabili con i loro corsi e ricorsi''. (Ph. Mayerson) ''(...) era connesso, inoltre, all’umidità e all’acqua. Rappresentava l’energia vitale della natura (dỳnamis) e chi lo venerava ne acquisiva il suo furore (enthousiasmòs o manìa), inteso non come follia, ma come benefico stato d’invasamento divino. Questa vitalità prorompente aveva, però, il suo rovescio: Dioniso era anche il dio della trasformazione, della metamorfosi, del ciclo morte/rinascita''. (Filippo Sciacca) L‘ archetipo Dioniso apparentemente suscita impulsi intensamente contraddittori, personalmente credo possa essere dovuto al fatto che i processi enantiodromici siano estremamente rapidi, quindi poco assimilati (tendenzialmente vissuti in superficie) e proprio in virtù della loro rapidità (se ci immaginiamo le dinamiche psichiche con un andamento torico) nelle loro polarità esterme si manifestano con grande veemenza a discapito, appunto, dei passaggi intermedi: estasi e terrore, vitalità infinita e distruzione violenta, euforia e depressione, estremo entusiasmo e totale disinteresse (in ambito psichiatrico, tanto per intenderci, parlerebbero di ciclotimía). ‘‘Dioniso era un dio adulto che moriva, un dio che trascorreva un certo tempo nell‘ oltretomba, un dio neonato,, J. S. Bolen Un uomo che abbia Dioniso come archetipo dominante, potrebbe rischiare di identificarsi troppo col fanciullo divino e trovare difficile l‘ adattamento al mondo e ai suoi costumi ordinari. L‘ archetipo del fanciullo divino rischia poi di trasformarsi, nella vita concreta, nell‘ archetipo pop dell' eterno adolescente (puer aeternus) caratterizzato dall' incapacità di prendersi delle responsabilità individuali e collettive, dalla presenza di un Io dilatato e poco concreto, dal risentimento per il mancato riconoscimento delle sue pseudo qualità-speciali nonché dall' inaffidabilità relazionale (sia in ambito sentimentale che professionale). ‘‘Se l‘ archetipo del fanciullo divino viene rimosso, il rischio sarà quello di trovarsi di fronte alla sensazione di condurre un' esistenza priva di significato, poco autentica,, (J. S. Bolen) Per crescere psicologicamente, l‘ uomo Dioniso dovrebbe lasciarsi alle spalle l‘ identificazione con il fanciullo divino e con l‘ eterno adolescente e diventare l‘ eroe del proprio mito. Ora, come sappiamo, eroi si diventa (anche) attraverso il viaggio iniziatico. Il viaggio iniziatico dovrebbe condurre il nostro Dioniso nelle profondità del mondo ctonio, nel regno dei morti, nel punto più oscuro dell' utero della Magna Mater dove domina il nero e dove le indefinite mostruosità inconsce minacciano l‘ integrità dell' Io. Dioniso dovrebbe affrontare attivamente i pericoli di quel mondo e riemergere con un Io intatto e rafforzato (secondo la mia umile esperienza, non di rado il processo di riemersione inizia tra marzo e aprile). Nel mito ufficiale, l' ultima impresa di Dioniso prima di salire sull' Olimpo fu proprio quella di tuffarsi nel regno di Ade attraverso l‘ accesso di uno stagno senza fondo della palude di Lerna, recuperare dal regno di Ade la madre Semele (morta quando lui era ancora un feto), di condurla dapprima sulla terra e poi sull‘ Olimpo rendendola immortale. La lettura in chiave psicologica di questa impresa può essere vista come la separazione della madre personale dalla Magna Mater, nonché il superamento della paura dell‘ inconscio e del polo divorante del femminile. Quando il nostro eroe riuscirà a liberare la madre personale ( e quindi la donna, compagna, amante (…)personale, nonché la propria Anima, dalla dimensione archetipica della Magna Mater, il suo Io adolescente diverrà un Io eroico, ovvero adulto. Il mito di Dioniso è caratterizzato da un lungo peregrinare (Egitto, India, Asia Minore, Ellesponto, Tracia, Grecia) ovunque andava insegnava la coltivazione della vite. Era un dio perseguitato e disprezzato in quanto capace di allontanare le donne dal telaio e dal focolare per condurle in zone selvagge (fisicamente e psichicamente) coinvolgendole in esperienze orgiastiche estatiche. Era, dea del matrimonio, era sua nemica mortale tanto che secondo una tradizione insinuò in lui la follia. Violenza e follia accompagnano il mito di Dioniso, tanto nel mito quanto nella vita psichica degli uomini egli se ne serve per punire chi lo respinge (vedi re Licurgo oppure le figlie del re Preto e del re Minia; vedi anche tutte le problematiche relative al diniego dell' ombra). Nel mito, Dioniso sarà purificato dalle sue azioni violente ed omicide da Rea/Cibele, dalla quale riceverà l' insegnamento e gli strumenti dei riti di iniziazione, diventando così il sacerdote della Grande Dea. Questo aspetto redento e mistico dell‘ archetipo di Dioniso è riscontrabile negli individui che posseggono doti sciamaniche (e quindi una psiche androgina) e medianiche (ovvero di mediazione tra i mondi). Il viaggio iniziatico di Dioniso nell‘ Ade, versione ‘‘anime‘‘: L‘ uomo dominato dall‘ archetipo di Dioniso può essere considerato dagli altri troppo artista, troppo femminile, troppo mistico, troppo contro-cultura, troppo pericoloso, troppo affascinante, troppo attraente.
‘‘L‘ uomo Dioniso sconvolge la vita ordinaria, rendendo la vita difficile ed invivibile anche a sé stesso.,,(J. S. Bolen). Lo straordinario coinvolgimento del corpo nella vita dell' uomo ad archetipo dionisiaco dominante, puó da un lato rappresentare un' esperienza estremamente positiva (pensiamo alla danza e all‘ amore), dall' altro presentare sintomi negativi di natura psicosomatica: per esempio ipocondria (l‘ attenzione e la percezione del proprio corpo sono molto forti), cecità, paralisi isterica. Anche lo sviluppo di dipendenze (droghe, alchool, sesso) possono essere dei problemi con i quali l‘ uomo Dionisio deve fare i conti. La vita famigliare con un uomo Dioniso può essere molto difficile, sia che si tratti di nostro padre, di nostro fratello, di nostro marito più semplice se si tratta di nostro figlio e presentiamo caratteristiche archetipiche complementari. Innanzitutto perché da buon ‘‘fanciullo divino‘‘ dall‘ ego inflato pretenderà costante attenzione ed adorazione ignorando completamente i bisogni altrui o considerandoli meno urgenti dei propri (va da sé che averlo come padre non sia proprio la cosa più auspicabile); la fedeltà (trasversalmente intesa), la costanza e l‘ affidabilità (anche intellettuale) non appartengono al mondo di Dioniso, con tutte le intuibili conseguenze a livello relazionale. La vita relazionale extra-famigliare con un uomo-Dioniso (averlo come amico o come amante) può essere invece un' esperienza molto stimolante, liberatoria, divertente e sensuale. L‘ uomo Dioniso è -paradossalmente- in grado di sviluppare amicizie anche molto profonde con uomini che presentino archetipi complementari (Ermes, Efesto, Apollo). Una persona potrà abbracciare questo archetipo senza rimuoverlo, senza impazzire, senza commettere violenze o sviluppare dipendenze, senza essere respinto dalle persone ‘‘‘‘normali‘‘‘‘ soltanto sviluppando un Io osservante che accetta qualsiasi pensiero, qualsiasi fantasia, qualsiasi passione, senza giudizio e vergogna e senza agirle. (J. S. Bolen). ''dare testimonianza della dimensione dionisiaca significa riconoscere e apprezzare quel luogo di dolore e di morte che è la vita, e sopportare l‘ intero percorso dalla morte alla vita e dal dolore all‘ estasi, ivi compresa la ferita con cui veniamo partoriti dal tedio incolore di un ottuso conformismo alle aspettative culturali e familiari,, Tom Moore, Saggi sul Puer Il nero è il colore più assoluto ed integrale; rimanda all‘ inesprimibilità dell' assoluto metafisico, al mistero, alla radice ignota di ogni potenza, al buio dei luoghi di germinazione e (ri)generazione (si pensi alle tenebre dei miti di creazione, alla fase alchemica della Nigredo, alla notte). È il colore dell' ombra dell' indistinto primordiale, del nulla. Il nero inghiotte, mescola ed indifferenzia, digerisce, trasforma.
In naturale contrapposizione col bianco, per la psicologia del profondo rappresenta la ‘‘completa assenza di di coscienza, affondare nell' oscurità, nel lutto, nel buio. In Europa ha di solito un significato negativo (…) L‘ uomo nero, la casa buia, il serpente oscuro: tutti elementi cupi che, per esempio nei sogni, possono esprimere l' assenza di speranza,, (E. Aeppli 1943) Alle divinità ctonie venivano di solito offerti animali nerissimi e, analogamente, in età moderna, al diavolo e ai demoni veniva offerto in sacrificio un gallo nero oppure un caprone dello stesso colore. L' ''armata selvaggia'' è costituita da cavalli neri, e il diavolo stesso è più spesso nero che rosso, i riti satanici che scherniscono Dio vengono notoriamente definite ‘‘messe nere,,. Lo spazzacamino (una delle tante declinazioni del mito popolare dell' uomo nero) a prima vista richiama una figura diabolica, ma nel suo più completo capovolgimento di senso, finisce anche per acquisire il valore simbolico di portafortuna. Il nero è stato anche inteso come negazione della vanità e dello sfarzo (abiti monacali e sacerdotali, abiti di lutto); il nero del lutto e della penitenza è contemporaneamente la promessa della futura resurrezione, nel corso della quale si trasforma prima in grigio, poi in bianco (luce, albedo); il nero è anche il colore di molte divinità terrifiche una su tutte Mahkala letteralmente ''il grande nero''. Nera è la dea Kali che incarna al contempo il mutamento radicale, la dissoluzione e la distruzione del creato, nonché la vitalità potente del principio femminile. Misterioso e assai diffuso in Europa era -ed è- il pellegrinaggio alle ‘‘Madonne nere,,, il loro culto, probabilmente legato alla fecondità, pare provenisse dall' Oriente e fosse legato agli aspetti d' ombra di Ecate (luna nera). Nall‘ immaginario popolare possiamo trovare frequenti immagini riferite al nero e ai suoi significanti intrinsechi appena descritti: buco nero, uomo nero, umore nero, oro nero, vedere nero, giorno nero, lavoro nero ... L'etimologia della parola blu si ricollega al francone blao che deriva a sua volta dal latino blavus (sbiadito).
Il blu rimanda all' immaterialità del cielo e quindi al principio maschile di Urano in tutte le sue manifestazioni; ma è anche associato al mare e alle sue profondità, quindi all' archetipo maschile di Nettuno-Poseidon. Man mano che ci si allontana dalla terra, addentrandosi tanto nelle profondità degli oceani, quanto nella profondità dell' universo (regni ultraterreni e infiniti) il blu tende a raggiungere il colore nero delle tenebre e dell‘ unione col tutto. L' alchimia inserisce il blu tra il nero ed il bianco, cioè fra la Nigredo e l’ Albedo, per indicare la condizione in cui si cerca la verità, ma non si è ancora superata l'opaca densità del nero. Tra i colori è quello che tradizionalmente simboleggia tutto ciò che è spirituale. In contrasto col rosso, il blu appare freddo e dispone l' animo dell' uomo alla meditazione. La psicologia del profondo tende ad associarlo ad un ''rilassamento psichico, ad una moderata, lieve e superiore configurazione della vita,,(Aeppli) Nel test dei colori di Lüscher, chi dà la preferenza al blu, esprime bisogno di quiete e serenità emotiva. Gerd Heinz-Mohr ce lo descrive così: ‘‘il blu è il colore più profondo e più immateriale, l‘ intermediario della verità, la trasparenza del vuoto presente nell‘ aria, nell' acqua, nel cristallo e nel diamante. Per questo motivo il blu è il colore del firmamento. Zeus e Jahwè poggiano i loro piedi sul blu,,. In molte culture si crede gli amuleti azzurri o blu abbiano funzione apotropaica (si pensi all‘ occhio di Allah, alla mano di Fatima, agli scarbei turchesi egiziani). Il mantello di Odino e quello della Vergina Maria sono blu; nell' antica mitologia indù, Vishnu e Krishna sono colorati di blu e Gesù pedagogo è vestito con un abito blu; il blu è associato, nell' antico Egitto, al dio dei venti Amon e alla dea della volta celeste Nut. Nell‘ immaginario popolare fiabesco possiamo trovare il blu declinato nelle figure del principe azzurro, della fata turchina, di Barbablu. “Ti è stato ricordato che il migliore vince e che devi desiderare di essere il migliore. Per vincere, occorre conformarsi, correre sulla pista che porta al trionfo. Tu hai finito con il credere che solo le lodi e i complimenti contano, e i buoni voti. Hai eseguito il disegno che speravi sarebbe stato apprezzato. Farlo non ti ha procurato alcun piacere, ma del resto ti è stato detto che non dovevi provarne, perché nessuno ne prova, perché solo permane l’angoscia del risultato. Non sempre ci sei riuscito. Questo ti ha fatto credere di non essere tra i migliori. Allora hai invidiato – un po’ – chi otteneva ottimi risultati. In questa corsa al successo, hai scordato la serenità. Sei diventato talmente dipendente da coloro che ti giudicano, da non riuscire più nemmeno ad immaginare un’azione senza un risultato misurabile. (...). Poiché si è fatto di te un consumatore, tu credi che occorra innovare, cambiare, sperimentare svariate esperienze. Ti è stata inculcata l’idea che “ripetere” significhi “noia” e che quindi occorra passare da una cosa all’altra, non soffermandosi mai su nessuna. Ti è stato insegnato a sfiorare tutte le cose e ti vergogneresti ad ignorarne una, ad aver perso ciò che gli altri invece hanno provato tra le mille proposte alla moda (…). Eri così anche tu quando sei approdato al closlieu. Decisamente a disagio, completamente insicuro, senza paletti. Non trovavi il sentiero da seguire. La libertà ti spaventava”.
Arno Stern (''felice come un bambino che dipinge '' Armando 2006) |
AUTORE:
Eleonora De Simoni
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Gennaio 2023
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